Mondo Enoico
Il segreto dei passiti sta tutto in un gene?
Sono numerosi i fattori che contribuiscono a creare un ottimo passito. Vi è certamente il vitigno, il terroir, le cure agronomiche e la tecnica enologica. Oggi ne sappiamo ancor di più
17 dicembre 2011 | Ernesto Vania
E' noto che alcuni vitigni esprimano maggiori potenzialità nei passiti. E' altrettanto noto che il terroir, il clima e la dinamica di maturazione hanno importante impatto.
Vi sono poi condizioni che sono facilmente controllabili dall'uomo, come le tecniche colturali in campo e quelle enologiche in cantina.
Per quanto riguarda le cure nel vigneto, le uve devono essere raccolte perfettamente sane. Acini danneggiati o peggio attaccati da muffe possono pregiudicare la qualità durante la delicata fase di appassimento in cui, con la perdita dell'acqua, si devono insediare le muffe nobili che contribuiscono ad arricchire il flavour e il bouquet primario del vino. Per ottenere questo risultato non occorre solo che l'uva sia sana e raccolta allo stadio di maturazione ottimale ma anche che vi sia omogeneità nel contenuto idrico e che vi siano i presupposti affinchè la disidratazione avvenga uniformemente per tutta l'uva posta sul graticcio.
In particolare questa condizione è quella più difficile da applicare. Sta infatti venendo meno quella manodopera selezionata, nei territori vocati ai passiti, che era in grado di operare una cernita dei grappoli direttamente in vigna, così dando la necessaria uniformità alla partita. Nelle piccole aziende è possibile effettuare la selezione post raccolta, anche se in questo modo parte della produzione viene persa, ma l'operazione è difficoltosa e può compromettere la qualità dei grappoli che devono essere maneggiati il meno possibile e con molta cura ed accortezza. Ne consegue la necessità di dotarsi di informazioni basilari, da trasferire ai vendemmiatori, per una grossolana ma necessaria pre-cernita direttamente in vigna. A questo scopo è necessario sapere che i grappoli posti in zone ombreggiate si disidratano molto più lentamente rispetto a quelli in aree assolate, raggiungendo il 40% del loro peso (condizione considerata ideale per la successiva vinificazione) con alcuni giorni di ritardo. Tale condizione pare inoltre, verifiche sono in corso, ricorrere più facilmente nel caso di vitigni vigorosi.
Se il segreto sta nell'appassimento dell'uva, non bisogna certo trascurare la cantina e le tecniche enologiche. Nel caso di vini passiti la fermentazione alcolica deve procedere molto lentamente. Non è raro che questa abbia una durata di 2-3 settimane, grazie a uno stretto controllo della temperatura. E' inoltre noto, sebbene non ancora sufficientemente spiegato, perchè alcuni lieviti contribuiscano maggiormente a fornire la caratteristica di dolcezza, assai apprezzata nei passiti, rispetto ad altri lieviti, seppure simili. La selezione, fino ad oggi, è stata operata in maniera empirica, sulla base di risultati enologici ma una ricerca dell'Università della Tuscia e di quella di Reggio Emilia può fornire ulteriori spunti. I lieviti contenenti la proteina Hsp12p, infatti, forniscono infatti un carattere dolce significativamente inferiore rispetto a lieviti selvaggi sprovvisti di tale proteina. Una caratteristica che sembra in particolare estrinsecarsi durante l'autolisi dei lieviti al contatto con le fecce. Tale informazione, che deve essere doverosamente approfondita, fornisce tuttavia utili spunti per una ricerca di selezione di lieviti che meglio possano adattarsi alla fermentazione alcolica per i vini passiti o comunque per quei vini in cui il carattere di dolcezza è elemento di valorizzazione, anche in considerazione del fatto che nemmeno l'apporto moderato di glicerolo ed etanolo porta a ottenere risultati confrontabili a quelli di un lievito sprovvisto della proteina Hsp12p.
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