Mondo Enoico

Far rivivere la quotidianità per rilanciare con successo i consumi di vino

Troppi gli errori commessi. Si è passati da un eccesso all’altro, dai 114 litri pro capite del 1970 ai 40 litri di oggi. A rimetterci è il vino e lo stesso consumatore. Eppure la tecnologia consente di avere un prodotto di qualità a un prezzo adeguato alle possibilità di spesa di molti consumatori. L’analisi di Pasquale Di Lena

26 febbraio 2011 | Pasquale Di Lena



Se non ricordo male, nel 1970 erano 114 i litri di vino pro capite consumati dagli italiani.
L’anno dopo prende inizio la discesa dei consumi, senza mai fermarsi fino ad oggi, quando il dato si attesta a 40 litri pro capite.

In pratica, nell’arco di quarant’anni, un calo pauroso del 65% strettamente rapportato ai mutamenti che hanno toccato in profondità la società italiana e, con essa, anche un prodotto come il vino che, nella seconda metà degli anni Ottanta, ha vissuto la sua rivoluzione o, se volete, il suo rinascimento.

Nel segno soprattutto della qualità e della comunicazione con l’Enoteca Italiana di Siena, che, grazie al Ministero dell’Agricoltura, ha svolto un ruolo da protagonista nel campo della promozione e valorizzazione dei grandi vini, sia in Italia che all’estero.

La diffusione della qualità e, con essa, della cultura espressa dal vino attraverso mille nuove iniziative va a incidere sul calo dei consumi per la semplice ragione che la qualità e la cultura sono per loro natura un invito alla sobrietà e ciò, soprattutto, per le peculiarità proprie del vino che, come si sa, è storia e cultura, paesaggio e ambiente, tradizione, al pari del territorio che rappresenta e identifica.

Un aspetto messo bene in evidenza dal motto “Bere bene per bere poco”, che ha accompagnato, agli inizi di questo secolo, la manifestazione “Vino e Giovani”, che ha saputo, con grande coraggio e meglio di ogni altra, parlare ai giovani per diventare una vera e propria campagna promozionale istituzionale utile a prevenire ogni abuso.

In questo senso il vino ha svolto fino in fondo il suo ruolo di bevanda a basso contenuto di alcol capace di dare emozioni e di aprire i giovani al dialogo superando ogni tentativo di andar oltre, esagerare e farsi del male.

Questo per dire, diversamente da come vogliono far credere notizie di stampa ricorrenti, molte volte guidate, che il vino non partecipa affatto alla diffusione dell’alcolismo che colpisce in modo preoccupante le nuove generazioni. No, non partecipa, e sbaglia chi mette tutte le bevande alcoliche sullo stesso piano e vuol far credere, innalzando il bicchiere di vino, che questa bevanda sia la colpa di questa piaga che colpisce i giovani, le donne come gli uomini, e anche i giovanissimi.

Basterebbe il dato che questa piaga si è allargata con l’aumento dei consumi di altre bevande a base di alcol, nel momento in cui il vino continuava a mostrare il calo dei consumi.

C’è un fatto, però, da tener presente ed è l’abbandono da parte dei produttori dell’offerta di un vino segnato da un giusto rapporto qualità/prezzo, nel momento in cui oggi è possibile dare, grazie alla diffusione delle tecnologie, un prodotto di qualità a un prezzo adeguato alle possibilità di spesa di molti consumatori. Un fatto che serve per far rivivere la quotidianità di un rapporto ad un consumatore che è stato improvvisamente trascurato.

Si poteva, con una maggiore e dovuta attenzione alla massa dei consumatori, recuperare una quota di consumo perso per negligenza o per eccesso di attenzione solo per i vini di qualità riservati, come si può ben capire, solo ad una ristretta cerchia di consumatori.

Si è passati, insomma, da un eccesso all’altro, cioè dai 114 litri pro capite del 1970 ai 40 litri di oggi, a spese del vino e dello stesso consumatore, nel momento in cui il consumo di un buon bicchiere di vino a tavola è non solo un corretto modo per accompagnare i piatti di un pranzo o di una cena, ma anche un sorso di salute così come afferma la scienza medica parlando di consumo moderato, impostato sulla continuità che prima si è indicato come quotidianità.

Ed è alla quotidianità che deve porre l’attenzione il mondo del vino se vuole riconquistare la massa dei consumatori e non solo un’elite. Il solo modo per bloccare un processo che rischia di diventare una voragine per il vino, sempre più difficile da recuperare una volta aperta.

Una preoccupazione che ho, da tempo, esternato e che ha trovato una sua conferma all’inizio della settimana quando sono tornato, dopo molti anni, a visitare di nuovo la Fiera di Rimini, per vedere il padiglione della birra strapieno di giovani e quello del vino quasi deserto, con gli espositori che parlavano tra di loro o si divertivano a intrecciare le dita.






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