Legislazione

Ora è il Consiglio di Stato ad aprire agli Ogm

L’apertura al transgenico in Italia è sempre stata frenata dalla mancanza di linee guida a livello regionale per garantire la coesistenza tra produzioni bio, tradizionali e Ogm. Una giustificazione che il Mipaaf non potrà più utilizzare

30 gennaio 2010 | Ernesto Vania

Occorrerà trovare altre scuse il Mipaaf per vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati in Italia ora che il Consiglio di Stato, con sentenza n. 183 del 19 gennaio 2010, ha dato ragione a un agricoltore che, volendo coltivare mais transgenico, si è visto opporre un rifiuto di fatto dal Mipaaf.

Il Ministero, nella circostanza, era stato molto diplomatico e non aveva espresso un vero e proprio diniego ma una semplice comunicazione di “non poter procedere all’istruttoria della richiesta di autorizzazione nelle more dell’adozione, da parte delle regioni, delle norme idonee a garantire la coesistenza tra colture convenzionali, biologiche e transgeniche (piani regionali)”.
Senza i piani regionali tutto era insabbiato e rimandato a data da destinarsi.

Una risposta che ha fatto scuola al Mipaaf che, fino ad oggi, ha giocato allo scaricabarile con la Conferenza delle Regioni, rea di non aver ancora emanato delle linee guida sulla coesistenza.

Settimana scorsa il passo da parte della Conferenza sembrava compiuto tanto che il 28 gennaio era prevista la ratifica del documento ma è tutto saltato, come abbiamo riportato (link esterno).

Un altro stop tecnico che consentiva di impedire la coltivazione di ogm in Italia senza tuttavia che alcuna normativa in merito fosse emessa, ovvero senza che l’Unione europea potesse aprire alcun procedimento contro il nostro Paese.
La classica soluzione all’italiana.

Il Consiglio di Stato ha tuttavia scombinato le carte.
Sì, perché dando ragione a Silvano Dalla Libera, maiscoltore friulano e vice presidente di Futuragra, una associazione di agricoltori favorevoli alle biotecnologie, toglie un’arma importante al Ministero che ora dovrà assumersi le proprie responsabilità politiche.

La sentenza del Consiglio di Stato non è infatti un via libera alla coltivazione di colture transgeniche, per ora nella Ue solo il discusso Mon810, ma obbliga il Ministero a trovare altri escamotage onde bloccare l’iter di approvazione alla coltivazione, e non sarà così semplice.

Il Consiglio di Stato ha infatti anche preventivamente bocciato il ricorso a generiche formule basate sul principio di precauzione.
Se il Ministero vorrà insomma negare l’autorizzazione al maiscoltore friulano, come ad altri, dovrà trovare riscontri, nella letteratura scientifica di rischi, specifici per il Mon810, relativi “alla salute umana o altri beni o diritti fondamentali”.
Dovrà anche fare in fretta in quanto la Corte ha stabilito un limite di novanta giorni per provvedere all’istanza di autorizzazione presentata.

La decisione, ora, passa alla politica perché se il Ministero può appellarsi alla clausola di salvaguardia, ovvero al principio di precauzione, adducendo vario materiale bibliografico è anche vero che la battaglia, dal punto di vista prettamente scientifico, è impari, avendo già l’Efsa (Ente per la sicurezza alimentare europea) dichiarato che non esistono fatti nuovi tali da giustificare un divieto alla coltivazione di questo mais.

Francia e Germania hanno adottato comunque tale linea politica, la Spagna vi ha rinunciato, al pari della Romania. Cosa farà l’Italia?

Una prima risposta giunge dal Ministro Zaia il quale afferma che “la sentenza scritta dal Consiglio di Stato, certamente seguendo il dettato delle leggi e dei codici, contravviene in modo palese alla volontà della stragrande maggioranza dei cittadini e delle Regioni italiane. Primi fra questi, quegli agricoltori, ancora una volta la stragrande maggioranza, che non vogliono Ogm nei loro campi, consapevoli, innanzitutto, che è il valore identitario delle loro produzioni ad essere messo a repentaglio, la fertilità del loro futuro”.

L'iter per ottenere l'autorizzazione a coltivare transgenico si presenta quindi ancora in salita in quanto il Ministero ha ricordato che il procedimento in questione è connesso ad un iter normato dal decreto legislativo 212/2001, che stabilisce il previo parere di una Commissione tecnica la quale, non avendo a disposizione le prescrizioni tecniche sulle modalità di coltivazione delle colture Ogm ancora in corso di definizione, difficilmente esprimerà un parere favorevole. E’ previsto inoltre un successivo provvedimento amministrativo a firma del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di quello della Salute e di quello dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare.