Legislazione

La Commissione Ue propone un nuovo modello di etichetta alimentare

Per molti ma non per tutti. Alcuni prodotti alimentari hanno normative specifiche nell'ambito della Politica agricola comune che determinano come e quando possono essere etichettati

02 febbraio 2008 | T N

Dalla Commissione europea arriva la proposta di un nuovo modello di etichetta alimentare. Informazioni più chiare in nome di una maggiore limpidezza per il consumatore.
E' l'obiettivo della proposta di regolamento avanzata il 30 gennaio dal commissario europeo alla Sanità Markos Kyprianou.
L'intento è quello modernizzare e uniformare le regole per far sì che i consumatori dispongano, in modo leggibile e comprensibile, delle informazioni essenziali per fare scelte consapevoli. Calorie, grassi, zuccheri e i sali presenti nei alimenti dovranno ritrovarsi in modo chiaro e leggibile sull'etichetta frontale di ogni confezione alimentare venduta in Europa. Non è tutto. Anche nei menu dei ristoranti, nelle mense e sui prodotti sfusi dovrà essere indicato l'eventuale presenza di allergeni. La Commissione Ue vuole applicare le nuove etichette anche ai cosiddetti “alcoholpops”, le miscele al gusto di frutta a base di bevande alcoliche molto diffuse tra i giovani, mentre non si applicheranno a vino, birre e alcolici.
Bruxelles punta quindi ad informazioni nutrizionali essenziali obbligatorie, scritte in modo chiaro e leggibile tanto che fissa la dimensione dei caratteri, che devono essere almeno di 3 mm. Sull'etichetta dovrà ad esempio anche essere menzionata la dose giornaliera raccomandata per tutelare e sensibilizzare al problema dell'obesità.

La proposta di regolamento Ue sull'etichettatura degli alimenti, varata dalla Commissione europea oggi a Bruxelles, doveva rappresentare un'apertura, molto attesa, rispetto al decreto italiano sull'etichettatura d'origine dell'olio d'oliva. Le nuove norme proposte riconoscono che l'indicazione d'origine di un alimento può essere imposta da uno Stato membro quando vi sia il rischio, in caso contrario, di ingannare il consumatore, o quando vi sia un riconosciuto legame fra la provenienza e la qualità del prodotto, e se lo richiede una forte maggioranza dei consumatori a livello nazionale. Queste condizioni, tuttavia, non sarebbero sufficienti a giustificare il decreto italiano, perché l'olio d'oliva è regolato da una legislazione specifica dell'Ue, e le nuove norme sull'etichettatura "non pregiudicano" quanto è già previsto dalle normative verticali.

Durante la sua conferenza stampa odierna, ai cronisti italiani che chiedevano di chiarire questo punto, Kyprianou ha risposto in modo ambiguo. "Un eventuale obbligo di indicazione dell'origine - ha detto il commissario - deve essere riferito a una particolare qualità del prodotto o giustificato dalla necessità di evitare un'informazione fuorviante per il consumatore. Ma per alcuni prodotti alimentari ci sono normative specifiche nell'ambito della Politica agricola comune che determinano come e quando i prodotti possono essere etichettati. Io non voglio - ha proseguito Kyprianou - che il consumatore sia ingannato; se è chiaro che viene fuorviato perché non c'è indicazione d'origine del prodotto, allora questa può essere resa obbligatoria. Se invece - ha obiettato - certe indicazioni in etichetta sono solo uno strumento di marketing, a meno che non ci sia anche una specifica qualità legata all'origine, io - ha concluso il commissario - non ci vedo nessun beneficio per il consumatore".

In altre parole, l'indicazione d'origine obbligatoria è possibile "in generale", se ben giustificata, ma non per l'olio d'oliva, né per altri alimenti, come la carne di pollo, su cui c'è un'altra controversia aperta fra Bruxelles e l'Italia, che sono regolati da normative specifiche.

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