Legislazione

ALCUNE RIFLESSIONI IN MATERIA DI INFORTUNI SUL LAVORO E SUL CONCETTO DI DEBITO DI SICUREZZA

L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa la misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro. Lo stabilisce il codice civile

06 ottobre 2007 | Antonella Casilli

La scorsa settimana abbiamo letto Mare verde di Diego Favale,
edito da “Il Filo”, romanzo in cui si racconta di alcuni lavoratori che in uno stabilimento industriale erano esposti ai vapori di cloruro di vinile, contraendo così malattie terribili quali il cancro al polmone e la cirrosi epatica. Questo, a dimostrazione che anche l’ambiente circostante, quindi le sostanze tossiche disperse nel suolo e nelle acque hanno minato il benessere di una collettività.

L’azienda, riflette il protagonista del romanzo, ha dispensato lavoro come una matrigna, ma anche morte e distruzione dell’ambiente, privilegiando il profitto a tutti i costi. Ebbene, in caso di evento infortunistico in un luogo di lavoro, infortunio o malattia professionale che sia (deterioramento della salute del lavoratore causato da agenti patogeni che dipendono dall’organizzazione o dall’ambiente di lavoro), il responsabile del suo accadimento viene punito differentemente a seconda che il soggetto colpito sia un lavoratore oppure una persona non legata all’imprenditore da rapporto di lavoro subordinato.

Nel caso sia una persona legata all’imprenditore – datore di lavoro da rapporto di lavoro subordinato la responsabilità è disciplinata dall’articolo
2087 del codice civile. Il quale recita che "l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa la misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro".

E’ ormai dunque conclamata, in questa materia, la mutabilità tra il termine
imprenditore con datore di lavoro. In tal senso si è espressa anche la
Suprema Corte che dal 1998 ha più volte ribadito che in ragione del rilievo costituzionale del diritto alla salute la norma di cui all’articolo 2087, che costituisce norma di chiusura del sistema antinfortunistico, pur contenendo testuali riferimenti all’imprenditore va ritenuta applicabile anche la ddl non imprenditore.

Nel caso di un estraneo al rapporto di lavoro la responsabilità del ddl è aquliana o, come suol dirsi, extracontrattuale e quindi disciplinata dall’articolo
2043 del codice civile. Questo perché solo nei confronti del proprio dipendente il ddl assume l’obbligo di curarne l’integrità fisica e la salute per il tempo che svolge attività lavorativa alle sue dipendenze.
Ecco, perché, dobbiamo parlare di debito di sicurezza.
Il concetto di prevenzione degli infortuni e igiene del lavoro è quindi quel complesso di regole tese a far si che la salute e l’integrità fisica dei lavoratori subordinati non abbia a subire lesioni durante l’attività lavorativa.

Gli obblighi di sicurezza trovano completamento nei presidi prevenzionali che si impongono al ddl e comunque secondo l’orientamento della Suprema Corte a chiunque, nell’ambito dell’azienda, assume posizione di preminenza rispetto agli altri lavoratori così da poter loro impartire ordini, istruzioni, direttive sul lavoro da eseguire.
Le inadempienze a questi dettagliati presidi di sicurezza costituiscono contravvenzioni punite con sanzioni penali.
Ed è proprio degli obblighi sanzionati penalmente che parleremo la prossima volta.

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