Legislazione

TUTTI VOGLIONO SALIRE SUL TRENO DELL'OLIO. IN MOLTI RISCHIANO DI FARLO DERAGLIARE

Presentata il 22 maggio scorso una proposta di legge per rendere obbligatoria, in etichetta, l'indicazione della zona geografica di coltivazione delle olive. Ancora una volta chi legifera ignora lo stato delle cose creando dannose confusioni sul mercato.

09 giugno 2007 | Mena Aloia

Ho paura, un giorno, di non riuscire più a stupirmi di ciò che leggo, ascolto, vedo.
Ho paura che perdendo lo stupore perderò anche quella sana, lucida ed inevitabile indignazione che oggi provo ad ogni manifestazione di superficialità.
L’onorevole Giulia Cosenza, ecco un altro nome da annoverare fra quanti fanno della difesa del nostro sistema agroalimentare una missione politica.
Il 22 maggio scorso, l’onorevole Cosenza presenta alla Camera la sua prima, ed unica, proposta di legge come primo firmatario:
“Modifiche alla legge 3 agosto 1998, n. 313, in materia di etichettatura degli olii di oliva vergini ed extravergini”
La proposta di legge presentata, composta di 5 articoli, stabilisce l’obbligatorietà di indicare in etichetta la zona geografica di coltivazione delle olive e l’ ubicazione del frantoio dove l’olio è stato estratto.
Torniamo, dunque, a parlare di etichettatura dell’olio. E torniamo a farlo sottolineando fino a che punto la politica dimostra di essere lontana dalle esigenze dei consumatori e del mercato.
Devo ancora una volta ricordare che l’obbligatorietà di indicare l’origine delle materie prime utilizzate in ogni prodotto alimentare era stata introdotta con la legge 204 del 2004.
Legge immediatamente contestata dall’Unione Europea che ne chiede l’abrogazione. L’inevitabile iter abrogativo inizia il 7 marzo scorso con l’approvazione, da parte del Consiglio dei Ministri, del disegno di Legge Comunitaria 2007.
Importante ricordare e sottolineare che nel frattempo la 204 non ha prodotto alcun effetto perché non integrata da successivi decreti applicativi.
Pur volendo legittimamente contestare le posizioni di Bruxelles che considera l’indicazione dell’origine una difesa dei prodotti nazionali a scapito di quelli comunitari, dovremmo tutti ricordare che esistono delle regole che non possono essere ignorate, semmai cambiate, ma non ignorate.
La difesa, dunque, dell’origine dei nostri prodotti agroalimentari non può essere fatta tramite delle leggi nazionali in totale disaccordo con quanto prevede lo statuto della UE perché creerebbero solo inutili e dannose confusioni.
Tutti sembrano dimenticarsene, dal ministro De Castro che il 2 maggio scorso ha presentato la bozza di un decreto, firmato insieme a Pier Luigi Bersani, sull’indicazione obbligatoria, in etichetta, dell’origine dell’olio vergine ed extravergine, dimenticando evidentemente di aver lui stesso, insieme agli altri ministri dato il via, meno di due mesi prima, all’abrogazione dell’art. 1 - comma 3-bis-, dell’art. 1-bis e 1-ter della legge 204/2004 cioè gli articoli che introducevano l’obbligatorietà in etichetta dell’origine dei prodotti alimentari.
Da ultima arriva Giulia Catanzaro che fa un ulteriore passo indietro, torna al 1998 e chiede una modifica alla legge 313.
La sostanza, però, non cambia. Stessa formula e stesso contenuto.
E stessa inutile perdita di tempo.
Un altro politico che potrà unirsi al coro patriottico della Coldiretti e di Slow Food, un coro la cui voce non giungerà mai a Bruxelles fin tanto che queste battaglie continueranno ad essere fatte nelle piazze e non nelle sedi di competenza.
Possibile che si debba continuare a trattare questo tema così importante per il nostro made in italy in modo inadeguato e superficiale?
Possibile che all’onorevole Catanzaro componente, tra l’altro della XIII Commissione Agricoltura non sia venuto in mente di effettuare una banale e semplice ricerca sulla questione prima di proporre una legge che, al di la della condivisione o meno dei contenuti, è l’esatta copia del decreto presentato dal Ministro De Castro solo 20 giorni prima.
Quando la politica si renderà conto che il mercato ha bisogno di certezze e che simili giochi di dialettica non fanno altro che procurare confusione?
Intanto l’agricoltura continua a perdere valore aggiunto, ma questa è un’altra storia e non si può pretendere che il politico di turno abbia una visione d’insieme così ampia.

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