Legislazione
Addio al rame in agricoltura rimandato: da 6 kg/ettaro anno a 4 kg/ettaro/anno
Rinnovata l'autorizzazione all'utlizzo di prodotti rameici per sette anni, anche se con quantitativi massimi distribuibili dimezzati. Il limite sarà però flessibile e viene calcolato come media settennale. Le nuove disposizioni entreranno in vigore il primo febbraio 2019
30 novembre 2018 | T N
Accolta la proposta della Commissione Paff (Plants, Animals, Food and Feed) di concedere l’utilizzo di 4 kg di rame all’anno per ettaro, calcolati però sulla media di sette anni.
Il limite passa dai 6 kg/ettaro/anno a 28 kg in 7 anni (4 kg/ettaro/anno) consentendo un meccanismo di flessibilità a seconda dell’andamento stagionale per cui un agricoltore può ridurre un anno la dose ad ettaro ed aumentarla in quello successivo purché nei 7 anni non superi il quantitativo massimo dei 28 kg.
Le nuove disposizioni entreranno in vigore il primo febbraio 2019.
Si scongiura così il rischio di veder cancellati i prodotti rameici, come da proposta Efsa del 2016 e si dà modo alle aziende agricole e alle ditte di presidi fitosanitari di trovare nuovi principi attivi ugualmente efficaci, da utilizzare anche in regime biologico.
Sul piede di guerra per la revisione dei limiti Coldiretti che sottolinea che "il rame, al pari dello zolfo, ha il più basso rapporto costo/ettaro nel controllo delle principali patologie. Le restrizioni adottate al suo utilizzo come mezzo fitosanitario rischiano di provocare un aumento dei costi produttivi delle aziende agricole, già fortemente penalizzate dalla concorrenza delle derrate alimentari provenienti dai paesi in via di sviluppo. Come altro effetto collaterale, il consumatore finale potrebbe assistere ad un consistente aumento dei costi di frutta e verdura, con probabili ripercussioni nel consumo di questi importantissimi alimenti. È importante sottolineare come la produzione dei prodotti formulati rameici avvenga da parte di piccole-medie aziende situate sul territorio europeo, che utilizzano principalmente rame riciclato, rispettando i parametri della green economy. L’impronta carbonica di un chilogrammo di un prodotto fitosanitario a base di rame è fino a 10 volte inferiore rispetto allo stesso quantitativo di un prodotto a base di molecole di sintesi utilizzato per il controllo della stessa patologia."
Una posizione che vede convergere anche Agrimnsieme. “Si tratta di una decisione estremamente dannosa per le colture mediterranee, come la vite e l’ortofrutta, per le quali l’uso dei composti rameici è centrale in funzione della lotta alle patologie fungine e batteriche - sottolinea il coordinamento che riunisce Cia-Agricoltori Italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, ad avviso del quale “quello utilizzato dall’Unione Europea è un approccio miope, che non tiene conto delle possibili ricadute di tale riduzione, soprattutto nel delicatissimo mondo della difesa fitosanitaria delle produzioni convenzionali, e soprattutto biologiche e integrate. Tutta l’agricoltura, e soprattutto quella che si sforza di produrre secondo criteri che guardano a un minore impatto ambientale, sembra così venire penalizzati dall’Unione Europea, senza peraltro poter disporre di valide alternative”, prosegue Agrinsieme, secondo cui “è necessario potenziare la ricerca scientifica per riuscire a trovare sostituti dei prodotti rameici a basso impatto ambientale e per selezionare varietà resistenti alle fitopatie più diffuse”.
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