L'arca olearia
L’Italia dell’olio tradisce se stessa. Non crede più nel proprio futuro
Si perde l’ennesima occasione. Un nostro stimatissimo ricercatore, Francesco Visioli, passa alla concorrenza spagnola. All’Imdea, l’Istituto madrileno di studi avanzati dell’Università Autonoma di Madrid. Da noi si crede poco nell’attività scientifica applicata all’agroalimentare. Ne pagheremo le conseguenze, ma nessuno interviene
25 settembre 2010 | Luigi Caricato
La notizia è di quelle che graffiano: il professor Francesco Visioli, stimatissimo nellâambiente degli oli di oliva per i suoi studi sulle attività biologiche dei componenti fenolici, lascia lâuniversità per approdare alla Fondazione governativa spagnola Imdea, e impegnarsi nella ricerca e creazione di cibi funzionali, nonché nella valorizzazione delle produzioni agroalimentari locali.
Ancora una volta il nostro Paese ha perso, senza evidentemente capirne lâimportanza, una grossa opportunità , non riconoscendo quanto siano decisivi figure come Visioli, così ricche di talento.
Dopo aver lavorato nellâambito delle neuroscienze alla Louisiana State University, Visioli era rtornato in Italia, al Dipartimento di Scienze farmacologiche dellâUniversità di Milano; quindi ha lavorato anche al Linus Pauling Institute della Oregon State University; per approdare infine in Francia, dove ha ricoperto lâincarico di professore ordinario di Fisiopatologia presso l'Università Pierre et Marie Curie di Parigi. Bene, il suo curriculum è di quelli da fare invidia, ma lâItalia non va tanto per il sottile, interessata comâè a sistemare figli, nipoti, amanti e quando occorre amici e amici degli amici. Fin qui la dura legge degli atenei, ma lâaspetto più grave è che anche le imprese, nonché le organizzazioni di categoria, trascurano colpevolmente le migliori risorse di cui dispongono; e così la Fondazione governativa spagnola Imdea ha saputo incuriosire il professor Visioli portandolo a sé, dando così lâopportunità di fare ricerca e di produrre risultati utili.
Professor Visioli, allora è così: tu tradisci lâItalia dellâolio, senza neanche avvisarci, passando direttamente alla concorrenza?
Ehm, in effetti dopo averci riflettuto qualche secondo ho deciso di accettare lâofferta. Un poâ per un mio âproblemaâ di nomadismo, un poâ percheâ mi sono fatto contagiare dallâentusiasmo del governo madrileno.
Ti rendi conto di ciò che stai facendo? Ora lavorerai per un Paese che si sta rivelando molto agguerrito e dinamico, e che sugli oli di oliva sta ormai surclassando da tempo lâItaliaâ¦
A me piace lavorare. Se trovo opportunità , ambiente stimolante, progettualità non riesco a trattenermi. Poi guarda che ormai il mondo è piatto, la scienza è per definizione globale nel senso che è di tutti. Tutti ne devono beneficiare e dovrebbe essere possibile lavorare senza distinzioni di campanile.
Una persona con un minimo di intelligenza però si chiede come sia possibile che in Italia non si siano accorti della tua grande professionalità . Eppure i tuoi studi sugli antiossidanti naturali, quelli contenuti negli oli di oliva, sono rimasti nella memoria di tutti. In particolare la scoperta delle attività biologiche dei biofenoliâ¦
Adesso non esageriamo. Non sono mica lâunico, ci sono molti validi ricercatori, in Italia e nel mondo, che lavorano duro, fanno sacrifici e contribuiscono a migliorare le nostre conoscenze nel campo dellâalimentazione. Certo, quello è stato un periodo dâoro: in un certo senso se si parla di olio dâoliva e salute è grazie a quegli studi.
Mi sa tanto che a tradire il Paese più che il professor Francesco Visioli siano stati in realtà i tuoi connazionali. Un poâ distratti e assenti, mi pare. Posso capire le università , troppo attente a sistemare familiari e amici, ma lâimprenditoria no!
Non câè un polveroso straccio di imprenditore che abbia avuto una vaga idea di quanto sia importante investire in ricerca. Pensano in genere a fare business, ma non immaginano neppure lontanamente che il mercato tende a premiare soprattutto chi si innova, chi ha idee. Ma chiudiamo qui il discorso, non alimentiamo polemiche che gli interessati nemmeno arriveranno a capire tanto sono scollegati con la realtà .
Chi ti ha assunto per lâesattezza? E che cosa farai ora?
Lavoro per una Fondazione del governo madrileno (qui lâistruzione, oltre che la Sanità , è delegata alle Regioni) che si chiama Imdea, Istituto Madrileno di Studi Avanzati. Siamo nel campus dellâUniversità Autonoma di Madrid. In particolare io dirigo un laboratorio dellâImdea-Alimentacion. Ci occupiamo di alimenti funzionali, nutrigenomica, tutto quello che concerne gli effetti dei componenti degli alimenti sulla salute umana. Eâ una realtà nuovissima su cui il governo sta investendo risorse. Sto iniziando da zero (come avevo fatto in Francia e prima ancora in Italia, deve essere un mio vizio) e vediamo come va. Dovrò anche far partire un master in nutrizione, ma ci vorrà tempo.
La Spagna mi sembra che sia attraversata da un grande impulso operativo, al contrario dellâItalia. Eâ anche la tua sensazione?
Eâ questo che mi ha convinto. Almeno in apparenza hanno un forte impulso propulsivo e insistono sul fatto che proprio in periodi di crisi si deve investire in ricerca e sviluppo. Mi sembrano entusiasti e proiettati al futuro â cosa che in Italia e in Francia, come ben sai, ci siamo scordati da un pezzo. Inoltre, sono coesi e non frammentati e persi in guerre tra poveri come molte realtà italiane.
In sintesi, è per questo che mi hanno assunto: per dare valore aggiunto alla ricerca spagnola, ai loro prodotti agroalimentari e per creare nuove opportunità di lavoro per i giovani.
La Spagna effettivamente ci crede. A Jaen hanno inaugurato un centro di ricerca dâeccellenza per gli oli di oliva. Pensi che in Italia, dopo questa fase di inarrestabile arretramento ci possa essere ancora un moto dâorgoglio che ci faccia guardare al futuro con uno sguardo diverso?
Non credo e spero di sbagliarmi perché vorrei che il mio Paese comparisse sui giornali stranieri per la qualità della sua ricerca e dei suoi prodotti alimentari, invece che per le beghe politiche.
Soddisfatto della scelta fatta? Eâ stata una scelta facile?
Scelta facile no. Altra città (la sesta), altro Paese (il quarto), altra lingua, altro trasloco, altri mobili da comprare, altri certificati. Però ti dico, un poâ è un istinto che cerco inutilmente di soffocare, un poâ le condizioni di lavoro sembrano ottime e mi è tornato lâentusiasmo.
Cosa ti ha convinto in particolare a lasciare lâuniversità ?
Mah, non sono mai stato legato a doppio filo allâuniversità . Non soffro di quei complessi dâinferiorità di alcuni colleghi che amano sentire i titoli accademici davanti al loro nome. Faccio il mio lavoro â che amo molto â dove trovo le condizioni migliori.
Posso capire lâuniversità italiana. Ma lasciare lâuniversità francese, perché? Anche in Francia il sistema lascia a desiderare?
So che la tua rivista è letta in tutto il mondo e non vorrei toccare nervi scoperti. Ma nonostante i proclami e le posizioni in classifica (a ben pensarci lavoravo in una delle più prestigiose università europee) anche i cugini francesi hanno gli stessi problemi di nepotismi, favoritismi eccetera. La differenza con noi italiani è che non lo ammettono.
Per concludere un giudizio sullâItalia. Una risposta secca: ce la farà a voltare pagina?
Non durante la mia vita lavorativa.
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