L'arca olearia
Tutti alla ricerca del modello olivicolo perfetto
Prosegue l’analisi di quanto è emerso a Portici, nel corso di una due giorni dedicata all’olivo e all’olio. Anche questa volta vi sottoponiamo una breve rassegna ragionata su ciò che si prospetta per il futuro. E' davvero proponibile una svolta?
10 ottobre 2009 | Carlotta Baltini Roversi
Come già messo in luce sabato scorso (link esterno), il primo e il due di ottobre si è svolto a Portici, in provincia di Napoli, un confronto costruttivo fra tutti gli operatori della filiera olivicola-olearia.
I lavori del primo Convegno Nazionale dell'Olivo ed Olio si sono incentrati su una molteplicità di temi, e così, dopo aver presentato gli aspetti relativi al mercato e alla valorizzazione degli oli di oliva, presentiamo ora una breve sintesi di altri interventi, grazie anche alla disponibilità accordataci dal professor Claudio Di Vaio, dellâUniversità degli Studi di Napoli Federico II, che ci ha fornito gli abstracts, da cui abbiamo appunto ricavato per voi una libera e sintetica panoramica.
Non sono evidentemente riportati tutti i lavori, ma in questa seconda puntata ci soffermiamo sulla seconda sessione dei lavori.
Buona lettura.
MODELLI COLTURALI E LORO GESTIONE
Riportare la gran parte dei contributi presentati a Portici è unâoperazione molto complessa, che richiederebbe la necessità di riportare in volume tutte le relazioni. Dovendo stringere per giungere ai passaggi salienti, è sufficiente almeno fare il punto su alcune relazioni. Come quella per esempio di Angelo Godini, dellâUniversità degli Studi di Bari, che prevede, per una soluzione ai tanti problemi irrisolti, dellâolivicoltura italiana, la via del superintensivo.
Quasi si confessa: âUn viaggio compiuto in Catalogna, in Spagna, nel novembre 1999, divenne occasione per convincerci ad avviare in Puglia studi sul modello di olivicoltura superintensiva, con meccanizzazione di tutte le operazioni colturali, da messa a dimora, a potatura, irrigazione, concimazione, difesa, raccolta in continuo con macchina scavallatrice. Il modello si basa sullâallevamento ad asse centrale con densità di piantagione di circa 1.700 piante/ha e la sua efficienza dipende dalla disponibilità di varietà con portamento compatto, ramificazione abbondante e uniforme, accrescimento contenuto, rapida e consistente entrata in produzione, e che diano olio di buona qualità â.
Il professor Godini si è impegnato a lungo su questa strada, tanto che tra il 2001 e il 2006, nella sua Puglia ha contribuito a realizzare tre campi sperimentali secondo il modello del superintensivo. Eâ ovvio che abbracciando tale stradfa si riduca inevitabilmente il quadro varietale a disposizione. Con il superintensivo valgono cultivar come lâArbequina, lâArbosana e la Koroneiki.
Già , e il nostro vasto patrimonio varietale? Che fine è destinato a fare se si optasse per il superintensivo?
Godini è drastico nel bocciare il modello tradizionale: âLa coltivazione tradizionale dellâolivo per la produzione di extra vergine â sostiene âsi caratterizza per gli alti costi, che oggi arrivano anche a superare i prezzi di vendita dellâolio, almeno al netto dei sussidi UE, che sono a loro volta destinati a probabile scomparsa dal 2014 in poi. La maggiore voce di spesa è quella per la manodopera, sempre più rara e più cara. Poiché - aggiunge - i livelli produttivi degli alberi della coltura tradizionale non possono essere dilatati a piacere, i prezzi dâacquisto delle materie utili per lâesercizio dellâolivicoltura sfuggono al controllo dei produttori e i prezzi di vendita dellâolio non rientrano tra le attribuzioni concesse agli olivicoltori e alle loro organizzazioni, per tentare di tornare ad essere redditizia, allâolivicoltura non resta che una profonda innovazione che porti alla drastica riduzione dellâimpiego del lavoro umano, cosa praticamente impossibile da ottenere coi modelli tradizionaliâ.
Di olivicoltura toscana, invece, hanno trattato Daniele Sarri e Marco Vieri, del Dipartimento di Ingegneria Agraria e Forestale dellâUniversità di Firenze, i quali si sono soffermati sul progetto Mateo, ovvero: Modelli Tecnici ed Economici per la Riduzione dei Costi di Produzione nelle Realtà Olivicole della Toscana, di cui abbiamo già scritto. Tale progetto è stato promosso da Arsia Toscana.
Cosa emerge? Secondo Sarri e Vieri, i risultati di tale progetto âhanno permesso di individuare le soluzioni tecniche economicamente più sostenibili dal punto di vista economico, ed hanno fornito agli agricoltori proposte di progresso tecnico concretizzabili ed immediatamente attuabili. La paralisi strutturale del settore olivicolo â precisano â impone un rinnovamento consapevole che tenga conto della necessità di coniugare tradizione ed innovazione in un âmodello produttivo toscanoâ che non può prescindere dai valori della qualità , tipicità , legame con il territorio e la sua culturaâ.
Non ci sarebbe insomma alcuna via di scampo: âLâolivicoltura odierna, salvo limitati casi di successo, è strutturalmente assimilabile a quella attuata 50 anni faâ. E allora la chiave di volta per leggere con una luce diversa il futuro dellâolivicoltura toscana è âOlive crop mechanization, Landscape and Typical Mediterranean Product Manteinanceâ. Tutto chiaro?
Agostino Tombesi , Daniela Farinelli, Mauro Ruffolo e Michela Siena dellâUniversità degli studi di Perugia, nonché Giulio Scatolini di Aprol Perugia, hanno presentato invece uno studio relativo al triennio di raccolta meccanica per promuovere lâolivicoltura in Umbria. Per loro diventa fondamentale âgestire meglio le chiome, per ridurre il volume e per stimolare una produzione regolare. Le macchine più efficienti per la raccolta possono essere impiegate in molte situazioni e migliorano le loro prestazioni con lâadattamento delle piantagioni e la scelta dei periodi ottimali di raccoltaâ.
Il gruppo di lavoro costituito da Nasini, Proietti, Balduccini, Del Buono e Gigliotti, dellâUniversità degli Studi di Perugia, ha invece trattato il tema del compostaggio dei sottoprodotti della filiera olivicola-olearia e degli effetti della fertilizzazione degli oliveti con i compost ottenuti.
Lâobiettivo dello studio, condotto in seno alla Facoltà di Agraria, è stato quello di definire un sistema di compostaggio di rifiuti organici provenienti dalla filiera olivicola-olearia (residui di potatura e sanse) e validare così la qualità del compost ottenuto e le sue potenzialità di impiego come ammendante per oliveti. Ne è emerso che tale opportunità costituisce effettivamente âuna valida alternativa alla sempre più difficoltosa estrazione dellâolio di sansa e allo smaltimento delle sanse come rifiuto industriale. La fase attiva del processo di compostaggio (matrice costituita da sansa derivante da un sistema di estrazione a 3 fasi e da ramaglie di potatura trinciate, 50:50 in volume) è stata condotta in scala pilota in un âcomposterâ appositamente progettatoâ; mentre la successiva fase di maturazione è stata attuata in cumulo, al
coperto. I risultati ottenuti? âDenotano la buona attitudine al compostaggio delle sanse dei frantoi oleari miscelati con i residui di potaturaâ.
Eâ stato altrettanto interessante lo studio presentato da Proietti, Nasini, Famiani e Balduccini, dellâUniversità degli Studi di Perugia. Si sono concentrati sugli effetti della concimazione fogliare azotata sullâattività dellâolivo e sulla qualità dellâolio, concludendo che âlâelevata disponibilità di azoto nelle foglie durante la fase di inoliazione non influenza negativamente la qualità dellâolio e che, in alberi in condizioni di buona dotazione di azoto, la concimazione fogliare con urea da luglio in avanti non induce effetti di rilievo sullâattività vegetoproduttiva dellâalberoâ.
Un altro tema forte, relativamente alla sessione sui modelli colturali, è stato quello trattato da Narciso Andreoni, del Dipartimento di Chimica e Biotecnologie Agrarie dellâUniversità degli studi di Pisa, circa il recupero di composti fenolici da materiale di potatura dellâolivo.
âLa potatura dellâolivo - ha tenuto a precisare Andreoni â rappresenta una costosa e inevitabile pratica agronomica della filiera di produzione dellâolio di oliva. Il materiale vegetale che ne deriva è spesso triturato e disperso sul suolo, oppure è bruciato sul posto, sebbene ciò sia vietato in diversi comuni, con conseguente perdita di preziosi componenti che vi sono contenuti. Tuttavia, se tale materiale potesse avere delle utilizzazioni, la sua raccolta e lavorazione potrebbero rappresentare una risorsaâ.
Eâ un argomento che tante volte si è tentato di lanciare a più riprese tra le aziende olivicole, ma che evidentemente non è stato compreso a sufficienza proprio per i suoi numerosi vantaggi che comporta.
âUn impiego che appare promettente â ha opportunamente riferito Andreoni â è lâestrazione di varie classi di prodotti e, in particolare, dei composti fenolici, alcuni dei quali sono tipici dellâolivo e presentano interessanti proprietà biologiche e chimicheâ.
Nel suo lavoro son stati confrontati due metodi di estrazione dei composti fenolici da foglie di olivo effettuati in laboratorio su piccoli i campioni, ma studiati per una loro potenziale applicazione in piccoli impianti di lavorazione, con l'uso rispettivamente di un solvente organico o di soluzioni acquose, in cui sono stati separati composti fenolici (oleuropeina, flavonoidi) ed altri componenti come le clorofille ed è
stata valutata la possibilità di ulteriori utilizzazioni del materiale estratto.
âPer ottenere dei vantaggi in questo tipo di lavorazione â ha precisato Andreoni â è necessario che il materiale di potatura dell'olivo, privo di composti tossici provenienti da trattamenti antiparassitari, venga adeguatamente trattato per inattivare gli enzimi
endogeni, che possono alterare i composti fenolici, e preparato per la lavorazione.
Dall'esame delle prove fatte â ha spiegato Andreoni â si può dedurre che le operazione relative alla raccolta, alla stabilizzazione e alla preparazione del materiale potrebbero essere effettuate presso le aziende agricole, mentre la lavorazione successiva potrebbe essere fatta solo da personale addestrato presso strutture fornite di adeguati impianti per l'uso ed il recupero di solventi e di reagenti e per la separazione e conservazione dei prodotti estratti. In questo modo â ha concluso Narciso Andreoni â il recupero di composti fenolici dal materiale proveniente dalla potatura dell'olivo potrebbe essere vantaggiosa sia da un punto di vista agronomico e ambientale, sia da quello più strettamente economicoâ.
(2. continua)
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