L'arca olearia

Si affacciano nuove tecnologie per la filtrazione dell’olio d’oliva

Tale pratica si sta diffondendo in tutte le aziende, anche quelle più piccole. E’ inutile conservare l’extra vergine sotto azoto se non si effettua prima la pulizia dalle morchie. Strategie per una lunga shelf life

13 giugno 2009 | Alberto Grimelli

La conservazione dell’olio di oliva in azienda sta divenendo una preoccupazione sempre più presente nelle aziende olivicole e olearie italiane.

Che sia in attesa di vendere alle migliori condizioni oppure per garantire una data di scadenza a lungo termine, è necessario prevedere la permanenza dell’extra vergine nei tini aziendali o in bottiglia per diversi mesi.

Di fronte si ha un consumatore sempre più acculturato, con legittime pretese sulla qualità delle produzioni.

La filtrazione diventa così una pratica indispensabile che può essere eseguita a distanza di ore o di giorni dal momento della produzione.
Differenti le scuole di pensiero. C’è chi sostiene che porre olio sporco nei tini rappresenti un inutile spreco di tempo e di energie, chi sostiene al contrario che è decisamente più efficiente eseguire la filtrazione a distanza di qualche giorno, quando parte delle morchie sono già andate a depositarsi.
Tutto, in realtà dipende, dal grado di impurità contenute nell’olio al momento dell’uscita dal separatore. Se infatti l’extra vergine è particolarmente sporco i filtri a cartone si intaseranno molto velocemente, dando ragione ai fautori della filtrazione ritardata.

Scuole di pensiero che si confrontano costantemente solo perché, di fatto, l’unico sistema di filtrazione efficace, impiegabile a livello di piccola media azienda, è quello a cartone.
Una tecnologia che ha il pregio di essere facile, accessibile, poco costosa ma rea anche di trattenere non meno del 20% dei biofenoli contenuti nell’olio.

Già da qualche anno, ovvero da quando la scienza ha rilevato l’importanza nutrizionale e organolettica di questi composti biologicamente attivi, la ricerca si è impegnata per trovare soluzioni alternative.

Oggi ve ne possiamo presentare due, molto diverse per concezione, egualmente efficaci, stando ai dati sperimentali, e disponibili in commercio.

La filtrazione con gas inerte è una tecnologia di cui Teatro Naturale ha parlato già alcuni mesi or sono. Sviluppata e protetta da brevetto da parte del gruppo di lavoro di Lorenzo Cerretani del Dipartimento di Scienze degli alimenti dell’Università di Bologna, prevede il gorgogliamento di un gas inerte (azoto o argon) all’interno di un tino appositamente concepito allo scopo.
Ottimi i riscontri ottenuti anche su quantità ridotte, dai 50 ai 300 litri/ora. Il risultato non è solo una filtrazione dell’olio senza che vi sia alcuna perdita in biofenoli ma anche una protezione dall’ossidazione in quanto buona parte dell’ossigeno disciolto nell’olio viene sostituito da gas inerti, così riducendo il potere ossidante e garantendo una più lunga conservazione del prodotto.
Il costo d’esercizio è calcolato in 3-4 euro ogni 100 litri d’olio filtrato se si utilizza azoto, 6-8 euro ogni 100 litri se invece si preferisce l’argon.

La filtrazione a sacco è già invece ben nota ed apprezzata nel settore vitivinicolo..
Il problema di tale tecnologia è che i filtri utilizzati nel comparto vino non si potevano trasferire tout court all’olio d’oliva ed è occorso un lavoro di ricerca inteso per trovarne di specifici.
Le prove sono state condotte da un team di ricerca del Cnr-Ivalsa coordinato da Claudio Cantini e Graziano Sani che ha sperimentato l’efficacia di questo filtro tanto su oli appena usciti dal separatore (grado di torpidità ntu > 1000) quanto su quelli lasciati sedimentare per qualche giorno.(500-600 ntu). Il risultato, utilizzando un filtro a sacco. È stato di portare l’olio a essere perfettamente limpido, con grado di torpidità di 50 ntu, che si può abbassare a 25-30 nel caso si effettui una doppia filtrazione.
Da sottolineare che anche questa tecnologia è rispettosa del contenuto di biofenoli e che il materiale utilizzato per la produzione dei filtri, il polipropilene, è ben conosciuto per la sua inerzia chimica.

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