L'arca olearia

Un'olivoteca d'Italia per raccogliere e salvaguardare la biodiversità

L’intento del progetto è di costituire un’associazione per la ricerca e la gestione di un’azienda-teca in cui impiantare le varietà autoctone. L'ipotesi di Pasquale Di Lena è di creare una rete di collegamento tra i territori per una struttura promozionale permanente

06 dicembre 2008 | Pasquale Di Lena

Si chiamerà "Olivoteca d'Italia" l’azienda che raccoglierebbe la biodiversità dell'olivicoltura italiana, mettendo in luce le peculiarità degli oli nostrani sul mercato globale. L'idea è partita da Pasquale Di Lena, che nell'olivo e nell'olio ha da sempre creduto, sin da quando ha voluto fondare l'associazione delle "Città dell'olio". Da qui i suoi continui contatti con quanti possono di fatto appoggiare il progetto di un'olivoteca nel tentativo di raccogliere e salvaguardare la ricca biodiversità caratteristica del nostro Paese. Non ci resta che leggere il suo prezioso intervento sul tema. (L. C.)

Pasquale Di Lena

UN'OLIVOTECA PER L'ITALIA
Il nome l’ha suggerito il Presidente della Cia, dr.Giuseppe Politi, in occasione dell’incontro, qualche giorno fa nel suo ufficio di Roma, di presentazione di questa idea, maturata insieme all’altra idea di una Università dell’Olivo e dell’Olio, subito dopo la costituzione dell’Associazione delle Città dell’Olio a Larino, nel Molise.
L’intento del progetto è quello di costituire un’Associazione per la ricerca e la gestione di un’azienda (teca) dove raccogliere ed impiantare le 400 varietà autoctone, che, oggi, rappresentano l’oliveto d’Italia.

Si chiamerà “Olivoteca”, l’oliveto costituito dalle 400 varietà autoctone diffuse su tutto il territorio nazionale, un patrimonio immenso di biodiversità, che nessun altro paese al mondo può vantare, e, come tale, sarà un oliveto unico.

Un vero e proprio scrigno, che, nel momento in cui raccoglie, custodisce, organizza e presenta l’olivo, con tutte le sue diversità di aspetto, di linguaggio e di caratteri, non dimentica il frutto delle sue olive, l’olio, che nessun altro oliveto, appunto, può mai essere in grado di imitare.

Il nome, suggerito dal presidente della Cia, Politi, esprime magnificamente l’idea progettuale, presentata insieme a quella dell’Università dell’Olivo e dell’Olio del Mediterraneo, poco dopo la costituzione dell’Associazione delle Città dell’Olio, nel 1994, a Larino nel Molise, riguardante la conservazione e la valorizzazione di quella straordinaria ricchezza che è la biodiversità dell’olivicoltura italiana.

Un oliveto, quindi, all’insegna della biodiversità, che non si ferma solo a sottolineare un primato del nostro Paese, ma che vuole segnare le peculiarità dei nostri oli, soprattutto quelli che danno l’altro grande primato, gli oli Dop e Igp, sul mercato globale.

Una combinazione vincente, che bisogna saper sfruttare bene perché servirà ai nostri oli a vivere, sui mercati, da protagonisti la competizione, sempre più difficile, tra vecchi e nuovi Paesi produttori; tra olio di oliva e altri oli vegetali, all’interno dei consumi dei grassi dove la fetta più grande è riservata a quelli di origine animale.

Un olio unico, che racconta, con i suoi olivi, storie di millenni di anni di questo nostro Paese, da rendere messaggero, nel mondo, delle peculiarità della nostra olivicoltura e dei caratteri dei nostri oli, in particolare quelli monovarietali, che, presto, riusciranno a marcare le differenze, proprio perché sanno parlare dei territori di origine, preziosi per storia, cultura, ambiente, paesaggi e tradizioni.

Una teca particolare che, di volta in volta, si apre al visitatore per appagare le sue curiosità e le sue necessità nell’approfondimento delle conoscenza di un mondo complesso e affascinante, qual è quello dell’olivo e dell’olio, ancora oggi, espressione quasi esclusiva del bacino del Mediterraneo e delle sue antiche civiltà. Infatti, nonostante la presenza sul mercato globale di nuovi paesi produttori, in tutti i continenti, il Mediterraneo continua a rappresentare ancora il 90% dell’olivicoltura mondiale.

Con l’adesione di una grande organizzazione come la Cia e quella, dichiarata da tempo, dell’Associazione delle Città dell’Olio, dell’Assitol, della Regione Campania, della Provincia di Campobasso, nonché l’attenzione posta da altri enti ed istituzioni, il primo passo da fare è quello di dar vita ad una Associazione che deve promuovere e gestire l’Olivoteca, scegliendo, tra le aziende ed i terreni messi a disposizione dalle istituzioni, dove impiantare l’oliveto e far partire l’iniziativa.

Olivoteca, una azienda olivicola unica in quanto a impianto colturale, natura, ruolo e funzioni, arredata di frantoio e di laboratori per lo sviluppo dell’attività didattica e degli approfondimenti riguardanti l’olivo e l’olio, sotto tutti gli aspetti storico- culturali; paesaggistico- ambientali; produttivo-commerciali; tradizione e folclore, in modo particolare quelli riferiti alla cucina o, per meglio dire, alle cucine di ogni singola Regione.

Un’azienda dell’olivo e dell’olio, che mette a disposizione degli alunni delle scuole di ogni ordine e grado; delle Università e degli Istituti di ricerca; dei produttori, dei consumatori e dei turisti, questo patrimonio, tutto italiano, così importante ed esclusivo a livello mondiale.

L’Olivoteca, una volta realizzata, si apre al visitatore per appagare le sue curiosità e le sue necessità nell’approfondimento delle conoscenza di un mondo complesso e affascinante, qual è quello dell’olivo e dell’olio, che appartiene al nostro sud, alle nostre aree interne, alle nostre colline ed ai nostri laghi più belli.

Si apre, anche, alle realtà regionali per dare vita a strutture similari di livello regionale o interregionale, permettendo, così, di costruire una rete di Olivoteche, da collegare alla rete più complessiva di strutture promozionali permanenti, a carattere pubblico che, anche qui, nessun altro paese al mondo può mostrare.

Un’impresa non facile ma necessaria, per dare un futuro alla nostra olivicoltura ed ai nostri oli che hanno non solo qualità, ma peculiarità da offrire al mondo dei consumatori.

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