L'arca olearia
PRIORITÀ DI RICERCA PER L’OLIVICOLTURA
Il punto sullo stato della ricerca olivicola in Italia. Dobbiamo ancora comprendere i meccanismi fisiologici della qualità dell'oliva per ottimizzare le scelte sia in campo che in frantoio.
06 settembre 2003 | Riccardo Gucci
L’olivicoltura italiana non è omogenea. Esistono numerose realtà con caratteristiche molto diverse per cui è più corretto parlare di olivicolture piuttosto che di olivicoltura. Talvolta si distingue tra olivicoltura da reddito, cioè quella che dovrebbe assicurare guadagni sufficienti da mantenere vitale l’azienda nel medio termine, e olivicoltura paesaggistica, ove l’olivo ha un ruolo multifunzionale. In effetti, una divisione netta è arbitraria nella maggior parte dei casi perché entrambe le realtà spesso coesistono. Individuare le linee di ricerca prioritarie non può non tener conto delle caratteristiche strutturali del comparto e della diversità dei casi aziendali.
Costi di produzione, raccolta e potatura
Nonostante la difficoltà a generalizzare é innegabile che uno dei punti di maggior sofferenza delle aziende olivicole è rappresentato dagli elevati costi di produzione. I costi di produzione in Italia sono maggiori che in altri paesi olivicoli sia per l’elevato costo della manodopera che per le ridotte dimensioni aziendali e le caratteristiche naturali del territorio. Di conseguenza, la nostra produzione non è competitiva con quella di altri paesi. Tuttavia, in molti casi è possibile abbattere i costi razionalizzando le operazioni di potatura e raccolta, che sono le principali voci di spesa nella gestione dell’oliveto. La riduzione dell’intensità e della frequenza degli interventi di potatura e l’adozione di forme di allevamento a chioma libera consentono dei risparmi anche notevoli e sono già trasferibili a livello aziendale.
Risultati lusinghieri si possono ottenere anche mediante la razionalizzazione dell’organizzazione dei cantieri di raccolta. La raccolta meccanica con scuotitori del tronco migliora la redditività dell’oliveto ma non costituisce la soluzione ottimale, essendo un metodo discontinuo. Nel prossimo futuro si assisterà ad un aumento del grado di meccanizzazione attraverso l’ulteriore diffusione sia di scuotitori che di pettini agevolatori, ma l’obiettivo rimane la messa a punto di sistemi di raccolta in continuo. La soluzione non è ancora stata trovata. Le recenti tipologie di oliveti superintensivi raccolti con macchine scavallatrici sono ancora a livello sperimentale. Il problema principale non è nella costruzione di prototipi quanto nella mancanza di varietà e cloni di olivo a portamento compatto e ridotta vigoria. Altre macchine per la raccolta in continuo sviluppate in California e in Australia non sono adatte alle condizioni degli impianti olivicoli italiani principalmente per motivi di ingombro e di costo di acquisto.
Miglioramento genetico
Il miglioramento genetico delle varietà esistenti e la messa a punto di nuovi genotipi in grado di soddisfare le esigenze di meccanizzazione, di produzione e di qualità dell’olio per i nuovi impianti è un altro importante imperativo di ricerca. Sviluppare nuove varietà richiede tempi lunghi, ma recentemente nuovi cloni e varietà sono stati proposti anche a livello commerciale. L’identificazione delle varietà mediante tecniche di biologia molecolare ha già consentito di chiarire alcune sinonimie o la distanza genetica tra alcuni genotipi. Molto rimane però da fare per saggiare l’ampio parco varietale italiano. Conoscenza certa del materiale genetico significa anche un notevole passo in avanti nella tracciabilità del prodotto. Alcuni laboratori stanno già lavorando sui meccanismi di attivazione dei geni indotti da condizioni di stress ambientali o di natura parassitaria. Tale ricerca di base è di fondamentale importanza, sebbene ancora agli inizi. Ci vorranno anni o decenni affinché queste conoscenze di biologia molecolare possano essere utilizzate a livello applicativo in olivicoltura.
Presente e futuro…
Per quanto si riescano a ridurre i costi di produzione e aumentare la produttività degli oliveti italiani, difficilmente sarà possibile competere con paesi a più basso costo della manodopera o dotati di impianti moderni su vaste superfici. La sfida per l’olivicoltura italiana e l’olio italiano sarà sulla qualità . Il concetto di qualità è molto diverso rispetto a quello di qualche anno fa, in quanto oggi si basa principalmente sulla valutazione delle caratteristiche organolettiche e delle proprietà antiossidanti dell’olio. La qualità coinvolge tutti i segmenti della filiera ed inizia con la scelta del territorio, della varietà e della tecnica colturale. Oggi sappiamo qualcosa sull’effetto della cultivar (ma solo di poche rispetto all’ampio numero di varietà italiane), del clima (temperatura e disponibilità idrica) e del processo di estrazione (tempi, temperatura, tipo di frangitore), ma molto poco su quello del suolo e della tecnica colturale. Nulla conosciamo di come queste variabili interagiscano tra loro e dell’effetto di tali interazioni sulla qualità . L’approccio finora seguito nei pochi studi disponibili è stato di selezionare un numero limitato di variabili (ad esempio, varietà e processo di estrazione) e misurare gli effetti sui parametri qualitativi. A questo tipo di risultati bisognerà affiancare dei lavori di ricerca di base che affrontino il problema di come i processi di sintesi, metabolismo, trasporto e accumulo nell’oliva dei composti responsabili della qualità dell’olio (carboidrati, grassi e componenti minori) siano legati al clima, al genotipo e al suolo. Il compito non è semplice e richiederà progetti multi-disciplinari e anni di lavoro. Tuttavia, senza una comprensione dei meccanismi fisiologici alla base della qualità dell’oliva sarà molto arduo riuscire ad ottimizzare le scelte sia in campo che in frantoio.
La comunicazione
Infine, per quanto riguarda la comunicazione finora si è puntato soprattutto sugli aspetti tradizionali e talvolta storici sia dell’olio e dell’olivicoltura. Eppure la filiera olivicolo-olearia utilizza già molta tecnologia e appare rinnovata in molti dei suoi segmenti. Basti pensare all’irrigazione, alla raccolta, ai prodotti e tecniche di concimazione e di difesa, per non parlare degli impianti di trasformazione. Obiettivo della comunicazione dovrebbe essere di far percepire ai consumatori l’olio come prodotto ad alta tecnologia e di maggiore qualità rispetto al prodotto del passato anche recente. A livello aziendale le prerogative e le peculiarità dell’olio di qualità devono essere progettate in modo innovativo, senza preoccuparsi troppo dei vincoli imposti dalla “tradizione”.