L'arca olearia 09/02/2024

Il giusto packaging per l'olio extra vergine di oliva

Il giusto packaging per l'olio extra vergine di oliva

Manca un approccio coraggioso nella presentazione di bottiglia ed etichetta. Il packaging è il proprio biglietto da visita, non serve solo a farsi notare ma anche a trasmettere un messaggio sull'olio extra vergine di oliva e sul produttore


Osare di più, questo dovrebbe essere l’imperativo per i produttori di olio extra vergine di oliva nel momento in cui decidono il contenitore per il proprio prodotto. Troppe volte le scelte rimandano a una comunicazione che non rispecchia l’identità aziendale o a una grafica antiquata legata a una serie di luoghi comuni che sarebbe il caso di superare; in questo modo l’impressione che si vorrebbe suscitare è affidata a illustrazioni fuorvianti e non rappresentative, perché può capitare che tra le tante difficoltà quotidiane alla fine si tralasci un aspetto importante come quello della comunicazione decidendo sbrigativamente per il già visto.

Gli olivicoltori italiani, con prodotti unici nelle loro molteplici caratteristiche, ancora si mostrano esitanti da questo punto di vista eppure un approccio più coraggioso non nuocerebbe: non solo farsi notare ma mirare a qualcosa di più strategico previa analisi degli elementi identitari della propria azienda e speciali del proprio olio, i quali solo dopo lunghe riflessioni potranno essere trasferiti in un progetto di comunicazione da esprimere al pubblico. Invece per la maggior parte delle volte il package è considerato “innovativo” se si discosta un po’ dalla raffigurazione/rappresentazione più tipica e tradizionale, ricercando un esercizio stilistico teso solamente a emergere sullo scaffale e farsi ricordare. Funzione certamente importantissima ma nel momento in cui ci si affida a un grafico perché delegare tutto il fondamentale processo di creare l’immagine della propria azienda a questa figura indicando sicuramente degli elementi validi ma non sufficienti e saltando la parte propedeutica di analisi dei valori aziendali?

Non un’etichetta (o bottiglia) bella da guardare e utile alla memorizzazione del proprio olio ma una che parli ai consumatori trasmettendo loro cosa l’azienda ha davvero da offrire, in termini non solo di prodotto ma anche dei propri valori fondanti: sostenibilità se si è sempre stati attenti all’ambiente e alla circolarità, la sicurezza del prodotto se si è piccoli e quindi si conosce ogni singolo albero perché si fa tutto da soli, il benessere se si hanno valori risultanti da analisi che consentano il claim salutistico e così via.

Tali consapevolezze il produttore le ha sempre avute ma, nel turbinio di cose a cui deve pensare, è probabile che siano proprio le prime a finire nel dimenticatoio. Sempre più indispensabile però è prendersi del tempo per analizzare gli elementi che, dalla nascita, hanno portato all’aspetto attuale dell’azienda, quali valorizzare perché più sinceri, identitari e potenziale risposta ai bisogni del consumatore, quindi in grado di suscitare appeal, e quali lasciar andare perché sempre meno rispondenti al proprio sentire o superati. Analisi non facile, che passa lo studio del nome e del logo, la storia aziendale, i successi e i fallimenti, quello in cui si è creduto finora, il perché di alcune azioni e cosa si è voluto comunicare, a cosa hanno portato ecc… anche solo iniziare a tracciare la risposta a queste domande spesso comporta l’ultimo posto della to do list.

Il giusto packaging per l'olio extra vergine di oliva

Un esempio ancora una volta arriva dai vicini spagnoli che, compatibilmente con la loro normativa sulle etichette, hanno messo in vendita oli con bottiglie che non solo restano impresse, sfruttando a pieno il contenitore come veicolo comunicativo e promozionale, ma trasmettono anche un messaggio.

Dall’idea di natura e sostenibilità espresso da insetti come l’ape, segno della salute degli oliveti, e la farfalla che impollina i fiori notturni (Nobleza del Sur); l’infanzia vissuta in campagna, vicino a uno lago di anatre che ha dato il nome alla finca di famiglia e il cui ricordo ha condizionato la scelta di coltivare gli olivi (Cuac: con un nome e un packaging tanto particolare e estraneo all’olio, in realtà comunica un registro familiare in cui tutti possono immedesimarsi, che si “accendono” con la famosa paperella galleggiante). Ancora, il contenitore da farmacia che richiama il valore salutistico dell’olio extra vergine (SalzySalz) o un disegno, stilizzato ed elegante, di rami con foglie e olive che nella sua semplicità parla di natura, studio del dettaglio, attenzione per l’arte, anche quando presentato in altri colori “innaturali” (Verde Divino). Persino un’azienda che nelle proprie bottiglie rimanda semplicemente al passato romano della città riesce a farlo in un modo accattivante e originale (Campos de Biatia). Solo alcuni degli esempi che colpiscono l’occhio e invogliano, se non all’acquisto, ad approfondire quello che ha da dire l’azienda e questo step è già portare il potenziale consumatore più avanti nel processo di vendita

Divagando su un settore diverso ma affine, quello delle acque minerali, se nei decenni passati qualcuno si è preso la briga di affidare la progettazione di una bottiglia a designer come Giugiaro (S. Bernardo, 1994) o Pininfarina (Lauretana, 2000), evidentemente ha senso affidarsi a un package particolare che trasmetta purezza ed esclusività. Il fatto che siano bottiglie ancora utilizzate e rimaste nella storia del design, prima che del disegno industriale, ne fa capire l’importanza: il contenuto non passa in secondo piano ma viene anzi valorizzato dalla linea della bottiglia; guardando al mondo di alcolici e aperitivi avviene lo stesso, in certi casi con bottiglie d’arte a firma di noti architetti, per non parlare della più famosa bottiglia a firma di Depero, con la quale dal 1932 si identifica il Campari.

Per quanto riguarda l’olio, non è però necessario percorrere sentieri troppo audaci o spendere una fortuna: la bottiglia è in questo caso standardizzata e, a parte rare eccezioni di bottiglie “obbligate” dall’appartenenza a un consorzio cui probabilmente però non viene conferita tutta la produzione, lo scopo del contenitore è proteggere il contenuto dalla luce, cosa che consente anche di usare l’intera superficie come veicolo di comunicazione.

È quindi arrivato il momento, per chi se la sente e sempre nel rispetto della normativa vigente, di sdoganare bottiglie nere ed etichette che rimandano a un messaggio tradizionale: una comunicazione che probabilmente non risuonerà nel consumatore perché, se fatta senza lo studio della propria realtà aziendale ma sbrigativamente e senza metterci la faccia è facile che risuoni falsa e di facciata. Non si sta invitando ad abbandonare l’identità aziendale con la quale finora si viene riconosciuti e apprezzati: se funziona, non va cambiata radicalmente ma è bene riprendere l’analisi aziendale precedente per aggiornare i valori con cui si opera nella comunità, se in evoluzione, e aggiornare la comunicazione di quei valori. Ricordarsi quindi di mostrare la propria vera anima nel primo incontro con il consumatore, ossia quando guarda la bottiglia con l’etichetta scelta, vettore dei valori aziendali. Anche in questo caso, l’imperativo anche se metaforico, è di non consegnare al consumatore un olio velato.

di Giosetta Ciuffa

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Commenti 6

Giuseppe Ciccolella
Giuseppe Ciccolella
17 febbraio 2024 ore 12:04

Ottimo articolo!
Finalmente si parla di pack innovativo anche in Italia.
Certo,da produttore non potrei permettermi di giudicare alcune bottiglie che comunicano solo l’antichità di un prodotto qual’è l’olio evo,ma condivido in pieno ciò che scrive!
Gli esempi riportati nell’articolo son tutti belli e virtuosi oltre che comunicatori di veri valori aziendali (conosco le aziende menzionate)
Fin quando non capiremo che l’olio evo è un prodotto bisognoso di vera innovazione,sia nella sua qualità che nel so pack,non riusciremo a fare passi avanti .Grazie dei preziosi consigli,ne terremo conto!

Giosetta Ciuffa
Giosetta Ciuffa
17 febbraio 2024 ore 18:12

Purtroppo è così: l'olio nell'immaginario collettivo è una delle bandiere del made in Italy, eppure resta sempre difficile muovere il primo di tanti passi in avanti, per non parlare del secondo... eppure innovare è necessario. Grazie per il commento!

Alessandro Vujovic
Alessandro Vujovic
11 febbraio 2024 ore 13:02

Mi ha incuriosito questo richiamo al passato romano della città di Baeza (Andalusia) chiamata Byathia (famosa per il "percorso del Rinascimento"). E' interessante anche il colore e la consistenza della bottiglia che ricordano la caratteristica ceramica Baezana. Complimenti per l'interessante articolo che ho letto con piacere.

Giosetta Ciuffa
Giosetta Ciuffa
13 febbraio 2024 ore 12:26

Grazie!

Danilo Scatizzi
Danilo Scatizzi
10 febbraio 2024 ore 16:55

Ottimo punto di vista.
Punto negativo : senza dubbio aumento del prezzo e quindi appetibile quasi solamente per chi potrà spendere,.

Giosetta Ciuffa
Giosetta Ciuffa
10 febbraio 2024 ore 19:32

Buonasera sig. Scatizzi, lieta che lei apprezzi quanto ho scritto. Capisco che il primo pensiero, vedendo tali bottiglie, potrebbe essere un ricasco inevitabile sul consumatore ma quelli che sembrano costi sono in realtà un investimento, tra l’altro già probabilmente in bilancio perché un’etichetta – con o senza effetto wow - va pensata, studiata e realizzata, anche solo per farsi notare sullo scaffale. E i produttori che avvertono questa urgenza fanno oli che spesso, una volta provati, si torna a comprare. Una grafica che rifletta identità e valori aziendali si ottiene anche con cifre modeste alla propria portata; gli esempi citati sono lo spunto per parlare di questo argomento al fine di osare di più, come avviene all’estero: chi sente di potere, sarebbe il caso provasse a cambiare mentalità oltre che etichetta, anche perché senza investire è difficile un salto in avanti. Naturalmente bisognerà “accompagnare” il consumatore ma quale produttore che vuole vendere non lo fa?