L'arca olearia

SPECIALE EXTRA VERGINI A DOP. GLI OLI DEL "MONTE ETNA" ESPRIMONO L'IDENTITA' DI UN'AREA PICCOLA MA IMPORTANTE, POSTA ATTORNO AL CELEBRE VULCANO

Secondo il presidente del Comitato Promotore Dop “Monte Etna”, Giosuè Catania, le Dop ancora oggi non soddisfano pienamente le aspettative degli operatori, in quanto gli incrementi di prezzo ottenibili non confortano l’attesa redditività. Esiste però una soluzione: pensare a un piano promozionale unico, regionale, attraverso la divulgazione del marchio a ombrello

16 giugno 2007 | Luigi Caricato

Riprendiamo l’inchiesta sulle Dop d’Italia, quelle assegnate agli oli extra vergini di oliva. La dodicesima puntata coinvolge il Consorzio Dop "Monte Etna", il cui presidente del Comitato Promotore è Giosuè Catania.

Non mi stancherò di ribadire che si attende un riscontro da parte dei nostri lettori, con impressioni e testimonianze che aiutino a inquadrare bene il fenomeno delle produzioni olearie a denominazione di origine protetta.

Le domande cui ha dato risposta Giosuè Catania sono le medesime cui hanno risposto gli altri rappresentanti dei consorzi o dei comitati promotori, così da avere un quadro unitario del profilo generale sullo stato della nostra olivicoltura.
(Dodicesima puntata, continua)

INTERVISTA A GIOSUE' CATANIA

Giosuè Catania

La sensazione generale è che le denominazioni di origine per gli oli extra vergini di oliva italiani non stiano ancora decollando, contrariamente alle aspettative di qualche anno fa. Percepisce anche lei questo stato di incertezza e di difficoltà?
Le Denominazioni di origine sono frutto di una differenziazione delle produzioni tipiche, ovvero di una valorizzazione della qualità derivante dal legame col territorio, pertanto, le aspettative sugli effetti delle Denominazioni devono essere viste in prospettiva di un “valore aggiunto” che ci permette di conquistare nuovi mercati e canali commerciali, nonché di mantenere quelli preesistenti.
Le Denominazioni di origine, quindi, devono essere considerate come la tutela di un legame inscindibile tra prodotto di origine certa e territorio, tale da porsi al consumatore sensibile e attento come elemento di garanzia e di salubrità.
E non è solo una sensazione, ma una certezza il fatto che le Dop non si stiano affermando al consumo come dovrebbero. In alcuni casi si ritorna all’extra vergine grazie al fatto che il prodotto viene acquistato da un consumatore che si sente garantito da chi ti vende l’olio e della certezza dei processi produttivi e di trasformazione. So da chi compro e riscontro la qualità, quindi mi fido.
Ed in questo campo, l’attenzione si sposta su quali politiche necessitano per sostenere l’affermazione di un prodotto di qualità nella fascia medio/alta del consumo.

C’è un reale valore aggiunto per gli oli certificati Dop o Igp, oppure non cambia nulla di concreto sul piano commerciale? Anche in questo caso, si ha la sensazione che i produttori siano costretti a sopportare maggiori costi, legati alla necessità di certificazione, senza per questo guadagnare quel qualcosa in più cui legittimamente sono state riposte tante buone speranze e attese... E’ così?
In parte è esattamente così. Le Denominazioni di origine creano certamente valore aggiunto agli oli certificati, il successo numerico delle Dop in Italia è indice delle considerevoli aspettative che le imprese olivicole ripongono nell’utilizzo di questo marchio di qualità.
Tuttavia l’effettivo impiego delle Dop, ancora oggi, non soddisfa pienamente le aspettative degli operatori, in quanto gli incrementi di prezzo ottenibili non confortano l’attesa “redditività” derivante dall’impiego del marchio Dop.
Tutto ciò, in parte scaturisce dal fatto che la maggior parte delle imprese che decidono di utilizzare la Denominazione di origine sono di piccola-media dimensione, sui quali incide molto il costo della certificazione, nonostante si rivolgano ad un mercato locale, ristorazione o acquirenti esteri disponibili a spendere di più per la qualità.
Diversamente, potrebbe essere per le imprese e/o società coop. che operano su canali commerciali più ampi, la presenza di una Denominazione di origine geografica protetta sarebbe uno strumento più promettente ed efficace ed inoltre i costi di certificazione inciderebbero in maniera meno rilevante.

La Dop che lei rappresenta in qualità di presidente del Consorzio, in che modo intende muoversi, e di conseguenza proporsi, sul fronte della commercializzazione e della conoscenza del prodotto?
Penso ad un piano Promozionale unico Regionale per le Dop di Sicilia. Nell’ambito di tale promozione si dovrà collocare la specificità del Monte Etna attraverso la divulgazione del Marchio ad ombrello. Tutto ciò può favorire la commercializzazione delle singole imprese aiutandole ad affermarsi in un loro mercato di qualità, non disdegnando in un futuro che mi auguro non troppo lontano di pensare ad iniziative commerciali rappresentate da quantitativi di prodotto considerevoli e da un marchio unico. Ciò dovrebbe rappresentare una risposta di qualità per la concentrazione della offerta, quindi un valore aggiunto ulteriore, che non ostacola affatto le quote di mercato delle singole imprese o filiere corte. Qui ci sta tutta la funzione delle O.P. o dei Consorzi di Commercializzazione.

Come giudica i disciplinari di produzione delle Dop dell’olio in Italia? Sono fatti bene, o sono suscettibili di miglioramento?
La costruzione di un Disciplinare di produzione è, sul lato dei costi, un elemento chiave, infatti un’eccessiva specificazione di aspetti poco rilevanti nella determinazione della qualità può comportare una lievitazione dei costi diretti (es. costo delle analisi di laboratorio) che indiretti (es. non conformità) e pertanto se ne potrebbe pregiudicare la convenienza all’utilizzo della Denominazione di origine.
Pertanto, un Disciplinare di produzione essenziale, ma nel contempo chiaro e completo può rendere meno gravoso l’utilizzo della denominazione, in particolare per i piccoli produttori.
In linea di massima, i Disciplinari di produzione italiani sono fatti bene in quanto frutto di un’efficiente organizzazione collettiva, ma, certamente sono suscettibili di miglioramento a causa della continua evoluzione della normativa che per dir la verità, dovrebbe invece dare maggiore certezza operativa.
Inoltre andrebbero meglio evidenziati i profili sensoriali ed organolettici per definire in modo marcato le differenze tra le Dop.

E il disciplinare di produzione della sua Dop, in particolare?
Il Disciplinare di produzione dell’olio extra vergine Dop Monte Etna ritengo che si adatti con sufficiente fedeltà alla realtà produttiva della nostra zona di produzione; anch’esso è suscettibile di miglioramento, tant'è che abbiamo già operato una prima modifica, in merito ad alcuni parametri chimici identificativi e abbiamo proposto una seconda modifica per quanto riguarda l’allargamento della zona di produzione, l’adozione delle norme tecniche regionali della difesa fitosanitaria, l’adozione della menzione aggiuntiva “prodotto della montagna” per l’olio extra vergine di oliva prodotto nell’area di montagna posta a quote latitudinale superiori a 700 metri slm.

Un suggerimento ai suoi colleghi presidenti dei rispettivi consorzi di tutela?
In poche parole, penso che manchi una reale azione sinergica sul piano Nazionale e per quanto ci riguarda sul piano Regionale.
La concertazione sui programmi da attuare e sulle strategie operative dovrebbe assegnare un ruolo importante ai Consorzi di tutela finalizzato ad esaltarne “ la rappresentanza” e divenire interlocutore privilegiato nei rapporti con il Ministero, le Regioni e gli Enti preposti.
In sostanza non a ridosso delle normative per criticarle o per attuarle con difficoltà, ma discuterle alla base prima della emanazione per rappresentare i bisogni delle imprese e del prodotto certificato. Quali piani di Comunicazione, quali azioni per la tutela, quali iniziative contro le frodi, quali politiche per la tipicità ecc.

In conclusione, ci dia il quadro generale del territorio e della forza produttiva in cui opera la sua Dop...
La nostra è una Dop relativamente piccola ma importante, se ci riferiamo a quel fenomeno promozionale rappresentato dal Vulcano Etna.
Siamo in procinto di presentare una proposta di allargamento dei confini geografici, incastonando un anello territoriale attorno al Vulcano.
Attualmente la superficie olivata delimitata è di circa 9.500 ettari con un numero di piante pari ad 1.200.000 piante condotte da circa 13.000 aziende olivicole.
Gli ettari certificati sono circa 112 per un numero di piante pari a 18.870 circa
Il numero dei produttori coinvolti nella certificazione del prodotto è di circa 30 con 7 Imbottigliatori e 7 Trasformatori.
L’olio certificato è pari a q.li 50/60

Mignola di Nocellara Etnea

LO SPECIALE DOP
Le precedenti puntate dell'inchiesta sugli oli extra vergini di oliva hanno riguardato:

1 - la Dop "Tergeste", il 4 novembre 2006:
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2 - la Dop "Chianti Classico", l'11 novembre 2006:
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3 - la Dop "Terre di Siena", il 18 novembre 2006:
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4 - la Dop "Dauno", il 25 novembre 2006:
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5 - la Dop "Laghi Lombardi", il 2 dicembre 2006:
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6 - la Dop "Garda" il 9 dicembre 2006:
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7 - la Dop "Riviera Ligure" il 16 dicembre 2006:
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8 - la Dop "Brisighella" il 24 febbraio 2007:
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9 - la Dop "Monti Iblei" il 3 marzo 2007:
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10 - la Dop "Seggiano" il 21 aprile 2007:
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11 - la Dop "Val di Mazara" il 5 maggio 2007:
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