L'arca olearia

I benefici dell'olio di oliva contro l'invecchiamento

I benefici dell'olio di oliva contro l'invecchiamento

Nell’anziano il danno ossidativo al DNA è precursore della carcinogenesi. I fenoli utilizzati possono prevenire il danno al DNA indotto. Queste concentrazioni potrebbero essere facilmente raggiunte nei tessuti con un'assunzione ordinaria di 50 grammi al giorno di olio extra vergine d'oliva

10 dicembre 2021 | Alessandro Vujovic

L'invecchiamento è un processo multifattoriale, tessuto-specifico, che coinvolge sinteticamente diverse alterazioni che includono:

- instabilità genomica (danni o rotture al DNA);

- logoramento dei telomeri (l’accorciamento dei telomeri dipendente dall'infiammazione e dallo stress ossidativo);

- alterazioni epigenetiche (alterazioni alla metilazione o alla acetilazione del DNA/istoni con, rispettivamente, silenziamento o l’espressività dei geni);

- perdita della proteostasi (proteine non ripiegate o mal ripiegate o aggregate come nel morbo di Alzheimer e Parkinson);

- disregolazione nel rilevamento dei nutrienti (alterazione dell’equilibrio AMPK/mTOR dove l’AMPK è un sensore dello stato energetico che promuove il catabolismo per ottenere energia mentre la mTOR agisce come promotore del dispendio energetico per la biosintesi delle macromolecole);

- disfunzione mitocondriale (i mitocondri sono esposti a sottoprodotti come i radicali anionici superossido o al perossido di idrogeno (acqua ossigenata) che sono potenziali fonti di danno ossidativo e possono portare a una ridotta produzione di energia);

- senescenza cellulare (legata all'accumulo e alla deposizione di peptidi amiloidi, alle alterazioni neuropatologiche correlate alla proteina tau che si traduce in grovigli neurofibrillari insolubili intracellulari); esaurimento delle cellule staminali (perdita dell’equilibrio tra osteoblastogenesi e adipogenesi nella differenziazione delle cellule del midollo osseo; le cellule staminali mesenchimali multipotenziali, con l'adipogenesi predominante sull'osteoclastogenesi, causano nell’anziano l’osteoporosi).

Secondo Lopez-Otin C. et al. (Cell 2013, 153, 1194–217) il materiale genetico tende ad accumulare alcuni danni durante l'invecchiamento perché è continuamente sfidato da minacce esogene ed endogene.

Difatti durante l'invecchiamento, molti agenti tra cui i farmaci, lo stress ossidativo, gli ormoni, alcuni metaboliti, ecc. possono influenzare la differenziazione delle cellule staminali e la comunicazione intracellulare, con conseguenti cambiamenti endocrini, neuroendocrini o neuronali.

Secondo Van Remmen H. et al. (Exp. Gerontol. 2001, 36, 957–68), in un contesto di invecchiamento, il danno ossidativo al DNA mitocondriale (mtDNA) è più importante del danno esercitato sui lipidi o sulle proteine a causa della capacità del mtDNA di essere trasmesso nella divisione delle cellule e dei mitocondri, fatto che amplifica le conseguenze fisiologiche del danno.

Solitamente, il mtDNA è stato considerato altamente suscettibile all'attacco ossidativo perché:

·        la catena respiratoria mitocondriale è la fonte di un flusso continuo di radicali dell'ossigeno;

·        non è protetto da istoni come il DNA nucleare; 

·        i mitocondri sono meno efficienti nel riparare i danni e gli errori di replicazione al mtDNA rispetto al DNA nucleare. Richter C. et al. (Proc. Natl. Acad. Sci. USA 1988, 85, 6465–67)

Inoltre, Meissner C. et al. (Exp. Gerontol. 2006, 41, 518–24) e poi Zapico S.C. et al. (J. Gerontol. Ser. A Biol. Sci. Med. Sci. 2015) hanno dimostrato che l'invecchiamento è associato a delezioni del mtDNA in modo tessuto-dipendente interessando principalmente i tessuti post-mitotici (tasso di duplicazione basso o nullo) come il cervello, i muscoli scheletrici ed il cuore.

Alcuni studi di Srivastava S. et al. (Hum. Mol. Genet. 2005, 14, 893–902) indicano che alcune delezioni multiple del mtDNA possono essere promosse da rotture del doppio filamento.

Diversi studi hanno cercato di testare l'effetto dell’EVOO nell’evitare il danno associato all'età sul DNA, sia in vivo che in vitro.

Quiles J.L. et al. (Exp. Gerontol. 2004, 39, 1189–98) hanno testato gli effetti dell'alimentazione nei ratti con diete contenenti diverse fonti di grassi, come l’EVOO e l’olio di girasole. Sono stati trovati livelli inferiori di rotture del DNA nei linfociti periferici di giovani animali alimentati con EVOO e tale danno era la metà di quanto riscontrato nel gruppo alimentato con olio di girasole. Le stesse misurazioni sono state effettuate su ratti anziani dimostrando che, nonostante l'aumento correlato all'invecchiamento dei livelli di rottura del mtDNA, questo danno era significativamente inferiore nei ratti alimentati con una dieta contenente EVOO.

Un altro studio è stato impostato, per analizzare la presenza di una particolare delezione nel fegato di ratti con una alimentazione contenente EVOO oppure olio di girasole [Quiles J.L., et al. J. Gerontol. 2006, 61A, 107–14]. Sono state studiati i geni di due regioni del genoma mitocondriale: uno dei quali raramente affetto da delezioni mentre il secondo gene è incluso nella cosiddetta delezione comune sia nell'uomo che nel ratto. È stato riscontrato un aumento delle delezioni del mtDNA di 10 volte superiore negli animali anziani alimentati con una dieta contenente olio di girasole rispetto a quelli alimentati con l’EVOO.

Queste osservazioni supportano che il tipo di grasso alimentare può modulare la frequenza della delezione del mtDNA nel fegato di ratto e che l'aumento correlato all'età potrebbe essere attenuato. Il minor aumento della frequenza di delezione del mtDNA durante l'invecchiamento è stato attribuito alla minore quantità di radicali liberi prodotti per la presenza dell’EVOO.

Fabiani R. J. et al. (Nutr. 2008, 138, 1411–16) hanno misurato l'effetto dei composti fenolici dell’EVOO sul danno prodotto al DNA indotto da perossido d’idrogeno su alcune cellule del sangue periferico umano e i loro risultati hanno mostrato che l'idrossitirosolo, come estratto fenolico dell’EVOO o proveniente dalle acque reflue di frantoio, hanno mostrato un'attività altamente protettiva contro il danno al DNA. Inoltre, anche altri composti purificati come un isomero dell’oleuropeina aglicone, l’oleuropeina, il tirosolo, l’acido caffeico e il verbascoside hanno un effetto protettivo sulle cellule, sebbene con minori risultati.

Questi risultati suggeriscono che i fenoli utilizzati a basse concentrazioni (1-10 mmol/L), indipendentemente dalla fonte, possono prevenire il danno al DNA indotto da perossido di idrogeno. Queste concentrazioni potrebbero essere facilmente raggiunte nei tessuti con un'assunzione ordinaria di 50 g/giorno di olio d'oliva, perché questi composti fenolici sono efficacemente assorbiti [Miro-Casas E. et al. Eur. J. Clin. Nutr. 2003, 57, 186–90]. Questo volume di EVOO giornaliero può essere minore per oli ad alto contenuto di biofenoli.

Ulteriori studi [Erol O. et al. Food Chem. Toxicol. 2012, 50, 3475–79] hanno confermato che, il pretrattamento delle cellule con gli estratti fenolici dell’EVOO, previene anche il danno al ntDNA indotto da perossido di idrogeno. Questa protezione al mtDNA potrebbe essere associata alle proprietà di scavenging (“spazzino” dei radicali dell’ossigeno – ROS-) svolta dall'EVOO rispetto ai radicali liberi, alle proprietà chelanti degli ioni metallici e/o alle difese antiossidanti endogene ed ai sistemi di riparazione del DNA.

Nell’anziano il danno ossidativo al DNA è, in maggior misura per lo stato immunitario, precursore della carcinogenesi; i biofenoli diminuiscono fino al 30% i danni al DNA (Salvini S. et al.Br. J. Nutr. 2006, 95, 742–51). Difatti il consumo di EVOO, ricco di fenoli, fa diminuire l’escrezione urinaria di 8-oxo-deossi-guanosina che è un marcatore dell’ossidazione del DNA (Cooke M.S. et al. Fed. Am. Soc. Exper. Biol. J. 2003, 17, 1195–214; Machowetz, A. et al. FASEB J. 2007, 21:45–52; Haghdoost S. Radical Research 2009, 39,2. 153-62).

Infine, i composti fenolici dell’EVOO potrebbero proteggere l’APEX1 (Endodesossiribonucleasi apurinica/apirimidinica 1), un gene deputato alla riparazione del DNA, mediante una inibizione del danno ossidativo al mtDNA [Erol O. et al. Food Chem. Toxicol. 2012, 50, 3475–79].

Bibliografia

Fernández del Río L. et al. Olive Oil and the Hallmarks of Aging. Molecules. 2016: 21(2); 163. https://doi.org/10.3390/molecules21020163

Potrebbero interessarti

L'arca olearia

L’influenza sulla fenologia dell’olivo della varietà, della località e dell’interazione genotipo-ambiente

La data di maturazione delle olive non è uniforme all'interno della chioma dell'albero: i rami esposti a nord e a ovest maturavano più tardi rispetto a quelli esposti a sud e a est. Il risveglio dalla dormienza è stato precoce nei rami esposti a sud e a est

02 luglio 2025 | 16:00

L'arca olearia

La maturazione delle olive post raccolta: conservarle a 4 °C se non si riesce a frangerle entro le 24 ore

La conservazione al freddo delle olive può ridurne efficacemente il tasso di respirazione, ritardare la maturazione post-raccolta e inibire le reazioni di ossidazione e la crescita microbica

02 luglio 2025 | 14:00

L'arca olearia

Il selenio per l’olivo è utile contro gli stress ambientali

Il selenio non ha provocato alterazioni nella produzione delle olive e nella qualità dell'olio d'oliva, ma ha dimostrato un'azione antiossidante e pro-ossidante dose-dipendente nell’olivo

01 luglio 2025 | 16:00

L'arca olearia

Ecoschema 3 per l'olivo: diminuiscono le domande di adesione

L’Ecoschema 3 prevede un contributo per ogni ettaro di Superficie Agricola Utilizzata coltivata a olivo, pari a 220,00 euro/ha. Ma troppa burocrazia e impegni agronomici stringenti fanno diminuire le domande del 17%

30 giugno 2025 | 16:00

L'arca olearia

La struttura della chioma dell’olivo e l’influenza sulla produttività

Architettura della chioma e caratteristiche di fruttificazione dell’olivo sono fondamentali per ottenere una buona produttività. Il problema dell’invecchiamento fisiologico precoce della chioma a causa dell'eccessivo ombreggiamento

30 giugno 2025 | 12:00

L'arca olearia

Le prospettive dei funghi entomopatogeni contro Xylella fastidiosa

L'Università di Cordoba sta esplorando l'uso di funghi entomopatogeni, in grado di infettare gli insetti, per ridurre il numero di vettori che possono trasmettere Xylella Fastidisa e persino alterare la sua capacità di trasmettere i batteri.

28 giugno 2025 | 10:00