L'arca olearia 21/05/2021

Le linee guida del cambiamento della professione di frantoiano: chi sta fermo, muore

Le linee guida del cambiamento della professione di frantoiano: chi sta fermo, muore

Il mondo dell'olio di oliva, inserito in quello del cibo, affronterà una sfida complessa nel prossimo futuro, dettata dai governi e dai consumatori. Dal PNRR ai protocolli della GDO: il Covid ha accelerato tutti i processi


In pochi mesi si passerà dai ritmi lenti e flemmatici dei lockdown a quelli frenetici e caotici di un cambiamento di portata epocale, con un cambio di paradigma nella visione del mondo in generale, compreso quello agroalimentare.
I governi hanno ormai capito, dopo l'esperienza Covid, che è indispensabile un ritorno alla manifattura e che le società produttrici di soli servizi, come si immaginava l'occidente fino a ieri, sono pure chimere, esposte a ogni soffio di vento. Non si può rendere la Cina, ma anche l'India e tutto il sud est asiatico, la fabbrica del mondo senza rischiare di pagare un altissimo prezzo nel momento del bisogno.
In un simile contesto il mondo produttivo agroalimentare, e quello olivicolo in particolare, paiono spaesati e senza direttive. Eppure il cambiamento è alle porte. Chi ne approfitterà per studiare e aggiornarsi, partirà certamente avvantaggiato.
Abbiamo voluto così approfondire un po' il tema del futuro con due personaggi con diverse estrazioni e sensibilità che possono contribuire a dare risposte, laddove ci sono solo domande: Andrea Giomo, capo Food & Beverage Division di Euranet e Mario Pacelli, già docente di Diritto pubblico nell'Università di Roma La Sapienza e alto funzionario della Camera dei deputati.

- Andrea, post Covid i frantoiani italiani si troveranno ad affrontare una rivoluzione?
Il processo di cambiamento è iniziato ben prima dell'epidemia globale ma purtroppo non tutto il mondo olivicolo-oleario lo ha compreso. E' chiaro che nel futuro saranno le caratteristiche complementari a dare valore aggiunto: sostenibilità e impatto ambientale, economico, sociale e territoriale, l'origine, la storia nonché le caratteristiche nutrizionali e di benessere. Per ottenere questi risultati occorre cambiare approccio: digitalizzazione e sostenibilità, con tutti gli strumenti connessi, diventeranno essenziali.

- Prof. Pacelli, non si rischia così che i fondi del Recovery vadano ai soliti noti, per fare le stesse cose di sempre?
Escluderei che le rendite neo corporative possono ancora una volta avere partita vinta: questa volta a garanzia che ciò non avvenga ci sono i vincoli provenienti dall'Unione Europea a proposito della utilizzazione dei fondi. Il mio consiglio, per quanto possa valere quello di un giurista rivolto ad addetti ai lavori come sono gli artigiani nel settore oleario, è di puntare non solo sulla innovazione delle tecniche di produzione ma anche sullo sviluppo della ricerca scientifica applicata. Non vedo nel futuro l'olio ma gli oli, attraverso un mercato fatto di tante nicchie che facciano perno sulla qualità. Non sarà facile ma è l'unica strada percorribile per vincere la concorrenza dell'olio di importazione che non può non avere un suo mercato ma ciò non può e non deve avvenire distruggendo l'olio italiano che affonda le sue radici nella storia stessa del nostro paese del cui paesaggio agrario gli ulivi sono una costante da secoli, da millenni. Pochi sembrano aver compreso che sulla nostra agricoltura ci stiamo giocando una parte almeno della nostra identità nazionale.

- Andrea, digitalizzazione e sostenibilità sono i cardini del PNRR, ovvero il Recovery Fund. I frantoiani ne beneficeranno?
Non è solo questione di accesso ai fondi pubblici o di progettualità statali ed europee. Chi perderà il treno della digitalizzazione e della sostenibilità, purtroppo resterà fuori dai mercati, sia per questione di costi di produzione, che di prodotto non conforme alle richieste dei buyer, degli importatori, della GDO e del consumatore. Si deve partire dalla digitalizzazione dei processi per arrivare alla blockchain come strumento di tutela e comunicazione, ed il tutto, purtroppo, in tempi molto più rapidi di quelli che hanno portato il mondo frantoiano dalle presse verticali ai decanter!

- Prof. Pacelli, come fare a indirizzare la politica nazionale verso le giuste direzioni e cosa possono fare le associazioni in questo senso?
Un consiglio che mi sento di dare è quello di spingere per istituire presso il Ministero dello Sviluppo Economico una Consulta dell'Agricoltura in cui siano rappresentati i produttori, i trasformatori ed i distributori dei prodotti agroalimentari. La Consulta dovrebbe poter raggiungere due finalità: creare un rapporto di collaborazione che finora è spesso mancato fra coloro che operano direttamente o in settori connessi all'agricoltura e suggerire alle autorità competenti le misure più idonee da mettere in atto per l’utilizzazione dei fondi destinati al settore agricolo. Un altro nodo da sciogliere è quello del comportamento commerciale della GDO che troppo spesso sembra proiettato al conseguimento di vantaggi economici a prescindere da quelli dei produttori dell’agroalimentare. I prodotti alimentari che sullo scaffale hanno un basso prezzo nascondono un rischio per la salute dei consumatori. C'è un vuoto normativo che occorre colmare e la Consulta potrebbe fornire indirizzi utili a tale scopo anche attraverso un aperto confronto tra Grande Distribuzione e associazioni dei produttori.

Ma i frantoiani sono consapevoli che, perdendo questo giro di giostra, rischiano di mettere a repentaglio il loro stesso futuro? Lo abbiamo chiesto a Gaetano Agostini dalle Marche e Rocco Pace dalla Basilicata.

- Gaetano, Rocco, i frantoiani sono individualisti eppure è il momento di unirsi. Come spiegare ai frantoiani che devono fare squadra?
Gaetano Agostini: non sono solo i frantoiani a dover ricercare l'unità ma tutte le anime della filiera olivicolo-olearia. Si va troppo ognuno per la propria strada e così si fa il gioco di altri paesi. In Spagna le grandi cooperative fanno valere le proprie volontà. In Italia lo spezzettamento favorisce politiche disomogenee, danneggiando tutti.
Rocco Pace: occorre mettere in campo più informazione, a tutti i livelli. Dobbiamo ammettere che su questo fronte non si è fatto rete. E' mancata l'informazione da e per i frantoiani, informandoli delle novità e dei trend di settore. E' mancata l'informazione di filiera, che potesse fare rete tra olivicoltori, frantoiani e territorio, permettendo di interagire in maniera meno conflittuale e più collaborativa. E' mancata infine la comunicazione al consumatore che fatica ancora a comprendere come tipicità e qualità possano essere legati a una bottiglia di olio extra vergine di oliva.

- Gaetano, oltre alla politica di settore, cosa deve essere l'associazione del futuro?
L'associazione dovrà fornire sempre più servizi, anche molto approfonditi, che permeino tutta l'attività dell'impresa frantoio. Non solo il Sian ma anche Haccp, certificazioni e ogni altro onere, burocratico e non, che si trova e troverà ad affrontare l'associato. Non escluderei neppure il supporto legale che sta diventando sempre più importante, specie nei rapporti commerciali internazionali e nella redazione di contratti e appalti. Dalla politica alla sua applicazione nella realtà imprenditoriale il passo deve essere breve per l'associazione. Non si può chiedere sostenibilità a livello istituzionale e poi lasciare l'associato solo nell'adempiere a un obbligo normativo o commerciale.

- Rocco, il sud è l'asse portante olivicolo del nostro Paese. Da frantoiano del sud, cosa pensi e cosa speri?
Parto da quello che si è fatto, dall'Igp Olio Lucano. Sono orgoglioso di poter dire, come frantoiano, di essere stato il primo molino oleario in Basilicata a presentare il progetto. Si parte da qui: dall'identità per guardare al futuro, attraverso l'innovazione. Hanno ragione Andrea Giomo e Mario Pacelli. E' un salto culturale che ci aspetta. Non è solo questione di macchine e di impianti ma soprattutto di forza, volontà e idee. Occorre una riflessione profonda su come portare i valori che incarnano i frantoiani nel XXI secolo, nell'era della sostenibilità e della digitalizzazione, sempre che portino la banda larga anche al Sud.

di Alberto Grimelli