L'arca olearia 05/03/2021

Occorre salvaguardare il valore gastronomico dell'olio extra vergine d'oliva al ristorante

Occorre salvaguardare il valore gastronomico dell'olio extra vergine d'oliva al ristorante

A breve troveremo un cliente post-covid che entrerà al ristorante con una nuova visione del concetto di igiene. Accanto agli accorgimenti necessari al cambio tavolo, come sostituire la tovaglia usata o utilizzare tovaglie monouso e igienizzare le superfici del tavolo, sarà tollerabile, tanto per il cliente quanto per l’operatore di sala, maneggiare da un tavolo all’altro, e da un cliente e all’altro, la stessa bottiglia di olio?


Pubblicato nel 2020 sulla rivista International Journal of Gastronomy and Food Science, l’articolo dal titolo “Gastronomic cultural EVOOlution of the virgin olive oil consumption model at the restaurant” è scritto a sei mani da Maria Lisa Clodoveo, Filomena Corbo e Amalia Tsiami, e cristallizza la collaborazione tra l’Università di Bari e il London Geller College of Hospitality and Tourism.

Il titolo annuncia una evoluzione necessaria nei modelli di consumo dell’olio extra vergine di oliva al ristorante, premessa che parte dalla necessità di tributare il giusto valore al prodotto principe della dieta mediterranea.

Oggi, l’articolo si attualizza alla luce dei cambiamenti che il covid-19 ha determinato e determinerà nelle pratiche tra clienti e operatori della ristorazione.

L’assunto dell’articolo nasce dalla constatazione che l'esperienza gastronomica possa essere un fattore di motivazione per migliorare il marketing dell'olio extra vergine di oliva al ristorante e analizza il "nuovo" consumatore, ancora nell’epoca pre-covid, come una figura molto complessa ed esigente, che cerca nel consumo di prodotti alimentari non solo un mezzo per soddisfare il bisogno di nutrirsi, ma anche un veicolo di esperienze, emozioni, sentimenti, cultura, storia, paesaggio, ecc. I requisiti di qualità non riguardano solo le componenti chimico-fisiche e nutrizionali del prodotto, ma anche quelle edonistiche, ovvero quelle relative agli aspetti sensoriali, salutistici, di tipicità, di sostenibilità, ecc.

Nella realtà abbiamo lasciato alle nostre spalle un cliente pre-covid esigente in termini di informazioni sulle caratteristiche del prodotto e, a breve, troveremo un cliente post-covid che entrerà al ristorante con una nuova visione del concetto di igiene, che deve assumere un reciproco valore di diritto/dovere tra cliente e ristoratore. Tutto ciò che è manipolato, tanto dai dipendenti quanto dai clienti, è oggi un potenziale veicolo, e nuove abitudini si svilupperanno, a vicendevole garanzia di riduzione dei rischi di trasmissione di agenti potenzialmente patogeni.

Accanto agli accorgimenti necessari al cambio tavolo, come sostituire la tovaglia usata o utilizzare tovaglie monouso e igienizzare le superfici del tavolo, sarà tollerabile, tanto per il cliente quanto per l’operatore di sala, maneggiare da un tavolo all’altro, e da un cliente e all’altro, la stessa bottiglia di olio? O nei casi peggiori la stessa oliera?

L’articolo suggerisce, tra le innovazioni di servizio, di proporre al cliente una bottiglia di dimensioni ridotte, da aprire al momento, per gustare, intatto, il complesso di odori e sapori plasmato dalla natura e dall’uomo.

Questa indicazione sembra oggi profetica per le garanzie che una bottiglietta chiusa, da 100 ml, può offrire, se venduta in abbinamento alle pietanze prescelte:

1. la bottiglia chiusa è un sinonimo di TRASPARENZA nei rapporti tra ristoratore e cliente perché mantiene la promessa sensoriale riportata nella carta degli oli, effettivo strumento di vendita, e consente al cliente di non sentirsi né “ingannato” da un patto infranto, né inadeguato a comprendere il profilo sensoriale descritto, giustificandone il prezzo;

2. la bottiglia chiusa è una garanzia di SICUREZZA perché il cliente può essere certo del rapporto tra il contenuto della bottiglia ed etichetta, ed il sigillo, aperto al momento del servizio, combinato con l’uso esclusivo della bottiglia da parte del cliente, consentirà di risparmiare il costo del tappo anti-rabbocco;

3. la bottiglia chiusa è una garanzia di IGIENE perché è sigillata e non viene toccata da un numero imprecisato di altri clienti;

4. la bottiglia chiusa, infine, è uno strumento di tutela dell’IMMAGINE e una forma di PROMOZIONE del prodotto e del produttore perché consente di individuare le caratteristiche distintive dell’olio scelto, lo rende riconoscibile e fidelizza il cliente al di là dell’esperienza al ristorante.

Ciò che sembrava impossibile appena un anno fa, profeticamente anticipato da un articolo scientifico, potrebbe essere ad un passo dal trasformarsi in una realtà. Lo scienziato è infatti, per natura, in grado di anticipare, innovando, ciò che nel futuro diventa consueto. Nuove idee scientifiche hanno modificato, migliorato e talora sostituito vecchie concezioni. Accadrà con l’olio extra vergine d’oliva al ristorante? Ai posteri l’ardua sentenza!

di Maria Lisa Clodoveo

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Commenti 3

Francesco Bonfio
Francesco Bonfio
06 marzo 2021 ore 19:23

Signor Verderamo,
nessuna polemica. Manca il rispetto della normativa da parte dei ristoratori. Mancano i controlli i quali porterebbero a sanzioni. E manca anche una certa sensibilità da parte degli attori della filiera. Chissà che la pandemìa riesca ad ottenere il risultato dove la normativa ha fallito.

Gabriele Verderamo
Gabriele Verderamo
06 marzo 2021 ore 17:21

Signor Bonfio,
senza polemiche ma vedo ancor oggi 'oliere' farla da padrone nei ristoranti. Nonostante le mie proteste. Al massimo bottiglie senza tappo antirabbocco. Pochissime le bottiglie con il magico tappo ma, ovviamente, più volte aperte e manipolate. Fantastiche le bottiglie da 100 che debbono essere accomopagnate dalla lista degli olii e da prezzi relativi sui menu. Così come il vino. Speriamo.

Francesco Bonfio
Francesco Bonfio
06 marzo 2021 ore 07:43

Buongiorno.
A parte la svista sull'oliera, oggetto di cui è vietato l'utilizzo ormai da molti anni, sono molto d'accordo con l'intuizione di dare nuova vita al cosiddetto "centino".
Nato da un'idea di Giovanni Brachetti Montorselli del Consorzio della dop Chianti Classico e lanciato sia da quel Consorzio come da quello della dop Terre di Siena nei primissimi anni del secolo, in effetti non ebbe mai quel successo che si meritava, per vari motivi. La classica idea giusta nel momento sbagliato, ovvero gli attori della filiera e il consumatore non erano pronti a recepire l'innovazione. Di tutti gli aspetti positivi, la pandemìa oggi rivaluta massimamente l'igiene che nella bottiglina da 100ml trova la soluzione più felice.
Buon fine settimana.
Francesco Bonfio