L'arca olearia 05/02/2021

Gli inviolabili nove principi della potatura dell'olivo: oltre i miti e il passaparola c'è la scienza

Gli inviolabili nove principi della potatura dell'olivo: oltre i miti e il passaparola c'è la scienza

L’evoluzione delle condizioni di base dell’oliveto stanno portando quindi ad impostare le piante con forme più libere rispetto a quelle tradizionali. Oltre le leggende delle forbici più veloci del West, occorre ripartire dalle basi agronomiche, come una valutazione attenta e ragionata dell'altezza della pianta


Ormai giunti a febbraio c’è chi, nelle aree più miti del paese, ha già cominciato a potare mentre nelle aree più fresche si affilano gli attrezzi. Si sa, in agricoltura siamo anche molto competitivi e strascichi di antico machismo da bronzi di Riace ci portano a vere e proprie gare da bar su chi pota le piante in minor tempo.

Non provate ad ammettere che impiegate 20 minuti per potare una pianta perché potreste essere messi alla gogna... 10 minuti … 5 minuti … 2 minuti … 1 minuto! Praticamente nemmeno il tempo di avvicinarvi alla chioma ed averla inquadrata che in una mossa tra Karate Kid ed Edward mani di forbice ne esce lavata, sfoltita, pettinata e con i colpi di sole come una vera diva anche a quattro metri di altezza, e, se non bastasse, chiaramente pronta a produrre come non ha mai fatto in millenni di storia.

Bene, spegniamo la tv perché il film d’azione è finito.

La ricerca in olivicoltura è, in generale un po’ carente, ma una delle pratiche colturali su cui la letteratura abbonda è certamente la potatura; letteratura che si è sviluppata in molti decenni e di conseguenza ha avuto il modo di essere costruita con delle profonde basi tra teoria e pratica e si è adattata alle grandi modificazioni che nel tempo ha subito l’olivicoltura stessa. Olivicoltura che oltre 50 anni fa era inserita in un sistema socio-economico che puntava alla sussistenza e alla consociazione colturale, mentre è diventata imprenditoriale a coltura specializzata, a volte con impianti completamente nuovi impostati secondo criteri moderni, in altri casi con il riadattamento di vecchi impianti talvolta malconci, con ampie analisi sia tecniche, sia di fisiologia vegetale, che operative ed economiche.

Non è superfluo ricordare che l’agronomia è una materia di studio che definisco “derivata” in quanto attinge da una serie di scienze quali la biologia e l’ecologia, che per loro natura non sono scienza esatta. Quindi si basa su considerazioni a cui poco si addicono definizioni di postulato e o assioma che invece per loro significato intrinseco vanno presi come tali e sono indimostrabili, si ammettono senza discussione, sono certezza, dogma, verità!

Nella realtà le situazioni operative, di impianti ed organizzative sono in numero praticamente infinito, quindi la letteratura sulla potatura, sulle conoscenze delle piante e delle attrezzature diventa il fondamento a servizio dell’esperienza dell’agronomo e del potatore che, in campo, devono saper tirare fuori sempre il meglio dall’oliveto, impostandolo secondo i principi, che cerco di riassumere di seguito:
- Rispettare la naturale inclinazione della varietà;
- Adattare la pianta per dimensione, forma e conformazione dei rami alle necessità operative di raccolta in relazione alla forma di allevamento, al sesto di impianto al tipo di attrezzatura utilizzata per potatura e raccolta;
- Ottimizzare l’illuminazione delle varie parti della pianta;
- Ottimizzare l’arieggiamento delle varie parti;
- Stimolare la pianta al rinnovamento dei rami su tutto il volume produttivo;
- Svolgere le operazioni con tempi, quindi costi, sostenibili;
- Perseguire l’omogeneità di produzione sulla superficie;
- Perseguire una costanza di produzione nel tempo;
- Organizzare il cantiere di raccolta con la massima attenzione alla sicurezza ed al comfort degli operatori.

L’integrazione di questi principi di base deve perseguire, in sinergia con la nutrizione, l’utilizzo di biostimolanti e la difesa, l’equilibrio vegeto-produttivo della pianta per avere una corretta formazione e rinnovamento dei rami produttivi, un’abbondante fioritura e un’adeguata allegagione, con la ridotta produzione di rami eccessivamente vigorosi.

L’evoluzione delle condizioni di base dell’oliveto stanno portando quindi ad impostare (e di conseguenza potare) le piante con forme più libere rispetto a quelle tradizionali, ma in modo altrettanto efficiente sono state adattate le forme di allevamento classiche come il vaso policonico. Infatti, anche nelle regioni del centro Italia, dove era uso alleggerire molto la vegetazione perché l’olivo doveva produrre il necessario per il podere o poco più, e non doveva creare ombra alla coltura consociata, le potature si stanno indirizzando all’aumento della vegetazione produttiva.

Domande frequenti vengono poste ad esempio su quale sia l’altezza “giusta” della pianta. Chiaramente non esiste una dimensione unica, ma quella ottimale è il frutto di una combinazione di considerazioni che devono portare ad avere l’altezza maggiore possibile, con il massimo volume produttivo utile consentito dall’attrezzatura per la raccolta.

Per fare un esempio pratico, se con gli agevolatori arrivo a 4 metri di altezza, è inutile avere altezze molto superiori (produco ciò che non posso raccogliere), è un danno avere altezze inferiori (perdo produzione potenziale). Altri aspetti da valutare sulla dimensione della pianta sono la distanza/illuminazione/interferenze con le piante vicine e il passaggio delle macchine. Maggiore è la densità delle piante per unità di superficie, maggiori saranno i vincoli che vengono posti all’altezza ed alla larghezza delle piante, minore è la densità maggiori saranno i rischi di avere una ridotta produzione per ettaro.

A titolo esemplificativo in figura 1 sono riportati una serie di confronti molto schematizzati. La pianta 1 ci aiuta a comprendere come la sua altezza deve essere proporzionale al metodo di raccolta usato in questo caso con agevolatore (note A, B, C), se si parlasse di scuotitore al tronco dovrei avere una maggiore lunghezza del tronco per consentire la presa della pinza, ma l’altezza della pianta potrebbe essere aumentata. Nel caso della pianta 1 avere una pianta troppo bassa (situazione C) comporterebbe la perdita di produzione in modo proporzionale. Avere una riduzione del 20% dell’altezza massima utile imposta dall’attrezzatura comporterebbe una perdita di produzione potenziale di 0,8 t su una produzione di olive di 4 t/Ha che comportano costi di produzione unitari più elevati, in quanto la parte di costi di gestione dell’oliveto ad ettaro verrebbero suddivisi su una produzione di olive inferiore. Nel caso A si avrebbe una produzione impossibile da raccogliere.

Le considerazioni sopra riportate relative all’uso dello scuotitore con ombrello intercettatore troverebbero eventualmente un forte condizionamento nel sesto d’impianto/esposizione, come si può notare nella schematizzazione della pianta 2 per aumentare l’altezza della pianta, e rendere il sistema di raccolta con scuotitore più efficiente (ricordiamo che questo ha un vincolo di costo a pianta per posizionamento e presa, e non a peso di olive presenti sulla pianta, quindi maggiore è la quantità minore il costo unitario) dobbiamo valutare se la distanza tra le file, l’orientamento delle file e la varietà lo consentono garantendo una corretta illuminazione ed un ottimale arieggiamento, spazzi di manovra della macchina e di apertura dell’ombrello.

Avere però nella situazione della pianta 1, raccolta con agevolatore, una distanza D tra le file eccessivamente ampia (che consentirebbe una maggiore altezza della pianta, ma non raccoglibile) comporterebbe una produzione ad ettaro minore di quella potenziale.

In conclusione, è fondamentale ricordare che nelle produzioni agricole è sempre pericoloso stravolgere il sistema pianta/suolo/ambiente, ma è necessario farlo evolvere adattandosi e adattando le piante alle nuove esigenze: devo evitare di causare annate di mancata o bassa produzione. E’ importantissimo confrontare sempre dati rilevati in modo standardizzato e su sistemi gestiti alla pari, considerandone tutti gli aspetti; ad esempio, è opportuno considerare il tempo medio di potatura di una pianta ottenuto dividendo la giornata lavorativa per il numero di piante potate, perché la rilevazione cronometrica del singolo intervento di taglio e sistemazione non considera spostamenti, tempi accessori e la possibilità dell’operatore di svolgere quel lavoro ripetutamente per giornate intere consecutive.

Oppure confrontare la produttività in olive di una pianta gestita agronomicamente bene in un’annata di diffusa elevata produzione con la produttività di piante non gestite, è chiaramente una valutazione non corretta, e fuorviante. Da tutti i punti di di vista, quindi potatura ma non solo, non abbiamo necessità di nuovi sistemi di gestione olivicola poco testati, ma di un’attenta e continua gestione agronomica complessiva del nostro oliveto che sfrutti tutte le conoscenze prodotte dalla ricerca e dalla pratica in campo negli anni.

di Angelo Bo