L'arca olearia

RIFLESSIONI E PENSIERI SULLA RIVOLUZIONE GLOBALE NELLE TECNICHE DI COLTIVAZIONE DELL’OLIVO. NASCONO COSI’ NUOVE REALTA’ DESTINATE AD AUMENTARE PER FAR FRONTE AL FABBISOGNO DELL’INDUSTRIA

In una lettura presso l’Accedemia dei Georgofili, il professor Filiberto Loreti esamina il futuro e i destini dell’olivicoltura mondiale, a partire da nuovi modelli agronomico gestionali che furoreggiano nel mondo ma che stentano ad attecchire in Italia. Una presentazione dettagliata con informazioni ricche di dati tecnici e scientifici

24 marzo 2007 | Francesca Gonnelli

Lamentarsi dell’andamento dell’agricoltura italiana è ormai un argomento scontato, cercare e trovare il colpevole non risolve il problema, parlare con dati alla mano è raro, immaginare di dover ammettere che il sistema adottato è perdente per lo sviluppo futuro può sembrare una sconfitta. Statuizioni ovvie ma che possono non rivelarsi tali quando si parla del mondo dell’olivicoltura nostrale.

Riflessioni che emergono a seguito della panoramica presentata durante un importante occasione di riflessione a carattere tecnico-scientifico che si è svolta presso la sede accademica della prestigiosa Sala dei Georgofili, a Firenze tenuta dal Prof. Filiberto Loreti del Dipartimento di Coltivazione e Difesa delle Specie Legnose dell’Università di Pisa.

Una presentazione dettagliata con informazioni ricche di dati tecnici e scientifici per un pubblico di addetti ai lavori e, pertanto,utile a far riflettere i tecnici ed i produttori di oggi e di domani.
Un confronto credo più che mai necessario a risvegliare il tepore instabile dell’agricoltura italiana che, adagiata sugli allori del passato, non guarda con spirito propositivo l’attuale andamento dell’agricoltura europea, spagnola in particolare.

In quest’ultimo Paese, infatti, lo studio dei sistemi intensivi iniziarono a Cordova su varie tipologie di cultivar come Albequina, Arbosana e Koroneiki tenendo conto delle loro specificità e caratteristiche quali, per la prima, si nota una precoce entrata in produzione ed un buon rendimento se pur compensata da una bassa stabilità dell’olio e una suscettibilità alla rogna a differenza della seconda resistente all’occhio di pavone e con una buona tolleranza al freddo. Infine la cultivar Koroneiki caratterizzata da un alto contenuto in acido oleico, resistente alla rogna ma con un vigore eccessivo. Studio che è iniziato partendo da 700 piante per ha fino a raggiungere la messa in dimora di 2580 ha permesso di far registrare un aumento costante in produttività, ad eccezione del 4° anno (2004-2005) dove si è registrata una battuta di arresto a causa di una gelata.

Sarà necessario attendere i prossimi anni per poter disporre, quindi, di risultati sempre più validi ed attendibili. Per tali tipologie di impianti, oltre alla scelta varietale che è determinante in base alle sue caratteristiche, è stato sottolineato come un’attenzione particolare deve essere posta su determinati aspetti quale il rispetto delle corrette distanze tra le file in modo da evitare ombreggiamenti che possono rendere improduttiva la parte basale della pianta, provvedendo quindi a garantire una distanza di 6 m.
Inoltre, per l’aspetto della potatura, con gli impianti superintensivi, risulta possibile ridurla a 1-2 passaggi al fine di eliminare i rami laterali vigorosi che, con angolo di inserzione stretto, esercitano una competizione con gli altri rami comportando uno squilibrio per la pianta stessa nonché determinando un raddoppio dell’asse.
Una volta raggiunta l’altezza di 2,20-2,50 metri si procederà alla spuntatura dell’asse per arrivare al 7-8° anno alla potatura di tipo meccanica (topping e edging ovvero regolazione dell’altezza e spessore della chioma).
La potatura laterale quindi, risulta indispensabile in quanto permette l’intercettazione della luce ed inoltre facilita il passaggio della macchina. Questo però non elimina la necessità di una potatura di tipo manuale che si ritiene sempre indispensabile fin dalla base; aspetto che chiaramente incide sui costi di produzione e del quale si deve tener conto.
Per quanto riguarda l’aspetto di longevità e produttività, sono stati sottolineati i dubbi ancora esistenti dovuti al fatto che tale sperimentazione è ancora troppo recente per fornire dati attendibili e che pertanto sarà necessario attendere altri 8-10 anni di vita produttiva per trarne le dovute considerazioni. Ad oggi è stato possibile notare che le cultivar interessate (Arbequina, Irta i-18, Arbosana I-43, Koroneiki i-38) iniziano a fruttificare al 2-3 anno di vita per entrare in produzione al 5-6 anno con una media di 90-120 qli/ha. Il prof. Loreti ha giustamente evidenziato come parlare di vita produttiva non significa di conseguenza confermarne anche la vita economica attesa poiché al momento tale aspetto non è prevedibile.

Le prove effettuate sia a Cordova che a Tarragona hanno dato alla luce risultati differenti: poste su terreni e microclimi differenti la produzione non si è verificata in maniera uguale evidenziando una produzione più elevata a Cordova su tutte le cultivar, ad eccezione della varietà Arbosana che è risultata maggiormente produttiva a Tarragona.

Risultati interessanti sono pervenuti anche dalle sperimentazioni effettuate in Puglia dove non si sono ottenute, su medesime cultivar, gli stessi risultati: Fs 17 ha mostrato una produzione più elevata sebbene più vigorosa, Urano ha mostrato una vigoria inferiore alle altre cultivar risultando un buon portainnesto. Le cultivar nostrane quali frantoio, cipressino e coratina sono risultate inidonee e, pertanto, da scartare a causa dei fattori di vigoria e produttività.
Quanto alle malattie che più facilmente si insediano sono state riscontrate, nell’ordine, occhio di pavone, rogna, specialmente sui rami della raccolta, lebbra (che può essere sconfitta con buon trattamento a 6-7 volte a base di rame) e verticilliosi che invece comporta l’estirpazione e conseguente bruciatura.

E arriviamo agli aspetti della raccolta e della qualità dell’olio:
Negli impianti superintensivi si procede con una raccolta integralmente meccanizzata con macchine escavatrici dotate di battitori laterali, con l’uso delle quali le drupe cadono per vibrazione per essere convogliate in contenitori laterali e ribaltate, consentendo un risultato con una media di 2.30-3 ore/ha con una perdita di raccolto pari al 4-5% a causa dei rami penduli difficilmente raggiungibili dalle aste vibranti. Il cantiere prevede n. 2 operai con la possibilità di lavoro in notturno e per 4 mesi ottenendo un prodotto pulito con un costo di produzione pari a 120,00 euro ad ha. Lo svantaggio facilmente riscontrabile è rappresentato dalle lacerazioni prodotte ai rami dell’olivo.
L’aspetto della qualità dell’olio è senza dubbio legato alle varietà utilizzate e pertanto, per tale tipologia di impianto, come abbiamo visto, riducibili a 3 varietà. Un fattore che quindi incide e determina il risultato finale ma che deve far riflettere tutti coloro che, a vario titolo, lavorano e si occupano del mondo dell’olivicoltura. E’ possibile rinunciare al nostro patrimonio varietale per orientarsi solo verso 2-3 cultivar? Di conseguenza, quale messaggio trasmetteranno gli oli DOP al consumatore finale? I disciplinari di produzione richiedono e prevedono molte varietà di olivi, in alcuni casi si parla di “varietà autoctone” del luogo di origine come trasmissione di un valore aggiunto e sapore ineguagliabile..
Non a caso in Catalogna l’olio ottenuto da olive Arbosana e Arbequina è regolarmente tagliato con olio ottenuto dalle realtà olivicole italiane per ottenere determinate sensazioni olfattive e gustative come dimostrato da analisi chimiche e sensoriali, che ne garantiscono sensazioni armoniche e strutturate.

Nell’ultima Campagna olearia, l’Arbequina coltivata a Scarlino (Grosseto) rispetto a quella in Spagna ha evidenziato che le qualità ottenuta in termini di acido oleico è superiore a quella ottenuta in territorio spagnolo, come anche il contenuto in tocoferoli. All’assaggio gli oli ottenuti da Arbequina offrono sensazioni di carciofo e floreale ma risultano privi dei caratteri piccante ed amaro che caratterizzano la qualità dei nostri oli. Effetti attribuibili sia agli aspetti genetici che al tipo di coltivazioni agronomiche utilizzate quali l’utilizzo di impianti superintensivi e l’irrigazione.
L’aspetto genetico è, invece, oggetto di studi appositi presso l’Università di Cordova che ha adottato un apposito Programma al quale ricercatori e genetisti si stanno dedicando dal 1990-91 per evidenziare come la scelta dei genitori può influire sulla durata più o meno lunga del periodo giovanile, con un apposita attenzione alla resistenza all’occhio di pavone e all’aspetto di vigorosità.
Fra le cultivar oggetto di studio (Albequina, Piqual e Frantoio) sono stati isolati 122 semenzali di cui 23 ancora oggetto di osservazione. Da segnalare quella già isolata quale è la chiquitita che, insieme alla cultivar Urano, sono le tipologie più utilizzate in Spagna e sulle quali si sta puntando grazie ad una evidente minor vigoria. In particolare, per l’oggetto di studio di cui sopra, la chiquitita ha dimostrato una precoce entrata in produzione pari al 40% in meno rispetto ai tempi della cultivar Arbequina.

Riflessioni che portano tranquillamente ad affermare ed a prendere atto come gli impianti superintensivi sono una realtà destinata ad aumentare. E mentre nel Paese Italia la legislazione sembra rimanere salda a falsi capisaldi, i Paesi del Mediteraneo provvedono ad ammodernizzare gli impianti su tale modello garantendosi, così, il posizionamento di oli a prezzo più basso sul mercato.
Come giustamente sottolineato dal Presidente Scaramuzzi questa agricoltura irrigua e superintensiva sposterà una buona parte dell’agricoltura e sarà vista solo come un alimento nell’ottica dell’industria, non a caso si parla di agro-alimentare , in un settore dove la tecnologia sta superando le tecniche agronomiche. Ecco che, sulla scia delle dichiarazioni del Commissario UE Fischer Boel, gli agricoltori di oggi e del futuro dovranno agire, rimboccarsi le maniche senza attendere un contributo europeo perché l’agricoltura, senza troppi giri di parole, non può più essere sostenuta.

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