L'arca olearia

IL CONTO ALLA ROVESCIA HA INIZIO UNA VOLTA CHE L’OLIVA E’ STACCATA DALLA PIANTA

Tre banalissime analisi. Se fatte subito dopo l’estrazione dell’olio, ci permettono indirettamente e in maniera oggettiva di capire come si è operato nelle singole fase della filiera e quindi cosa bisogna migliorare

17 marzo 2007 | Vincenzo Zerilli

In generale e solito sentire dire che la qualità di un prodotto nasce in campo, questo è sicuramente vero, infatti è condizione sine qua non, solo avendo un ottima materia prima di partenza è possibile ottenere un prodotto finale di un certo pregio. Ma è anche vero che pur avendo un ottimo prodotto di partenza è anche facile ottenere un pessimo prodotto finale, questo succede perché dalla raccolta del prodotto in poi entrano in gioco una serie di fattori che possono incidere, anche in maniera determinante, sul prodotto finale.
Riguardo alla filiera olivo dal momento della raccolta e fino all’estrazione dell’olio, è importante monitorare con attenzione le singole fasi, che si possono raggruppare in due: la fase di raccolta-conservazione delle olive, e la fase di trasformazione. Pur avendo diligentemente seguito con attenzione queste singole fasi, è consigliabile, subito dopo l’estrazione dell’olio, effettuare delle banalissime analisi per verificare in maniera oggettiva lo stato della sostanza grassa e quindi la qualità dell’olio estratto.
Il numero di analisi da poter effettuare su un olio sono numerose ed hanno finalità differenti; tra tutte merita evidenziare quelle che ci permettono meglio di accertare la qualità dell’olio e che sono tre: acidità, numero di perossidi e l’analisi spettrofotometrica nell’ultravioletto. Questi tre tipi di analisi permettono anche di capire meglio quale fase della filiera c’è da migliorare.
L’olio dal momento della fuoriuscita dal vacuolo della cellula oleifera va incontro a fenomeni di lipolisi sia di tipo enzimatico, sia di tipo chimico, che portano come conseguenza all’aumento dell’acidità libera, che esprime la percentuale di acido grasso libero (% Ac. Oleico); tali acidi si possono riscontrare soltanto dopo l’estrazione dell’olio dal frutto, poiché all’interno del frutto sono neutri, cioè legati alla glicerina. Elevati valori di acidità libera sono da imputare alla fase di raccolta-conservazione, cioè la fase in cui si creano lesioni sulle drupe a seguito del sistema di raccolta o di stoccaggio delle olive. Sono da evitare sistemi di raccolta che creano lesioni cellulari evidenti alle drupe, evitare l’ammasso dei frutti in grossi contenitori o in sacchi, ed evitare tempi lunghi tra la raccolta e la lavorazione. Quindi sono da privilegiare rispettivamente, la raccolta manuale direttamente dall’albero, la conservazione delle olive in piccole cassette forate (max 25 Kg) e la lavorazione delle olive entro le 24-36 ore dopo la raccolta.
Il numero di perossidi esprime la quantità di ossigeno legato agli acidi grassi dell’olio come prodotti primari di ossidazione (formazione di idroperossidi). Attraverso questa analisi si esprime la potenzialità dell’olio ad irrancidirsi. Per l’esame dei perossidi valgono le stesse considerazioni fatte per l’acidità, quindi la fase da tenere sotto controllo è la fase di raccolta-conservazione. C’è comunque da sottolineare che alcuni sistemi di trasformazione che espongono la pasta eccessivamente all’aria, oppure lunghi tempi di gramolazione, tendono anche se di poco a far salire entrambi i valori e in particolare il numero di perossidi.
L’analisi spettrofotometrica nell’ultravioletto, espressa mediante i coefficienti “K”, rappresenta l’assorbimento da parte dell’olio della luce ultravioletta, questi valori sono K232, K270 e ΔK. Questo tipo di analisi si basa sul concetto che processi ossidativi in corso determinati, sia da irrancidimento (per invecchiamento o cattiva conservazione), sia dalla lavorazione industriale, tanto a caldo quanto a freddo, portano alla formazione di gruppi carbonilici, carbossilici, epossidici e perossidici,; quanto più sono detti composti, maggiore è il valori di assorbimento e quindi maggiori sono i valori dei coefficienti “K”, di conseguenza valori “K” elevati sono un indice negativo della qualità di un olio. In particolare, la misurazione a 232 nm permette di determinare il livello dei prodotti primari di ossidazione, mentre a 270 nm di determinare il livello dei prodotti secondari di ossidazione (composti carbonilici).
A volte, può infatti succedere che in alcuni frantoi, in maniera disattenta, vi siano punti di eccessivo surriscaldamento (ad esempio un cuscinetto mal funzionante), che di conseguenza facilitano la formazione di composti primari o secondari di ossidazione. Di conseguenza questo tipo di analisi si rivolge alla fase di lavorazione-trasformazione e di conservazione successivamente.
È bene sottolineare che affinché dette analisi possano esserci di aiuti a capire cosa avviene nella filiera di raccolta-conservazione-trasformazione, vanno fatte subito dopo l’estrazione dell’olio, altrimenti essendo l’olio un sistema biologico evolutivo (cioè che cambia nel tempo), dette analisi ci daranno si delle informazioni, ma riferite allo stato di conservazione dell’olio, dicendoci poco o nulla su cosa è avvenuto nella filiera.
Riepilogando, l’analisi dell’acidità e del numero di perossidi si rivolge più alla fase di raccolta (tipo e sistemi di raccolta adottati), conservazione e stoccaggio delle olive, mentre l’analisi spettrofotometrica, pone l’attenzione alla fase di trasformazione delle olive.