L'arca olearia
I padroni dell’olio extra vergine d’oliva mondiale: ecco cosa vogliono fare
Intervista esclusiva con Pierluigi Tosato, presidente e amministratore delegato di Deoleo, e Antonio Luque, presidente di Dcoop. Insieme controllano il 13% della produzione mondiale, per un fatturato da 1,8 miliardi di euro. Dall’olio deodorato, al panel test, al ruolo dell’Italia… un lungo confronto per capire il futuro del settore
14 dicembre 2018 | Alberto Grimelli
Se si vuole comprendere davvero cosa accadrà al settore dell’olio d’oliva mondiale non bisogna più guardare all’Italia ma in Spagna e, on un po’ di strabismo, guardare contemporaneamente a Madrid e Malaga, dove hanno sede rispettivamente Deoleo, multinazionale anglo iberica proprietaria dei marchi Carapelli e Bertolli, e Dcoop, cooperativa di secondo livello spagnola co-proprietaria del marchio Pompeian, leader di mercato negli Usa.
Insieme le due società fatturano 1,8 miliardi di euro e commercializzano quanto l’olio prodotto in Grecia e Italia quest’anno: 400 mila tonnellate.
Si tratta di due colossi che, con le spagnole Acesur e Misaga e la portoghese Sovena, sono capaci di influenzare pesantemente le politiche olivicolo-olearie.
E’ quindi necessario capire cosa ne pensano e dove vogliono portare il settore.
Con questa intervista doppia Pierluigi Tosato, presidente e amministratore delegato di Deoleo, e Antonio Luque, presidente di Dcoop, ci illustrano il loro pensiero, dallo scenario internazionale, alla competizione commerciale, fino alle regole del gioco.
L'ITALIA DELL'OLIO E' VIVA?
Per quanto riguarda l’Italia, è ancora un Paese dal quale si può imparare qualcosa su come si produce l’olio e come si comunica, oppure attualmente è soltanto il principale consumatore globale, con 550.000 tonnellate?
Tosato: Evidentemente, dobbiamo continuare ad imparare dall’Italia per quanto riguarda la comunicazione e la produzione dell’olio. Il nostro marchio Carapelli, ad esempio, è simbolo di eccellenza nella produzione degli oli con 125 anni di esperienza. Carapelli ha dei master blender che curano al massimo il processo di selezione delle olive e la relativa estrazione dell’olio, sempre alla ricerca della massima qualità. E per quanto riguarda la comunicazione, non dobbiamo dimenticare che il mercato mondiale continua ad identificare l’olio d’oliva con l’Italia.
D’altra parte, in quanto principale consumatore mondiale, bisogna offrire al mercato italiano la qualità che esso richiede.
Molti consumatori italiani percepiscono che non vi è qualità negli oli svenduti in promozione sotto costo, per questo noi puntiamo ad investire nella gamma premium Carapelli con le eccellenze del 100% italiano, Oro Verde e Nobile (unico olio certificato dalla filiera olivicola nazionale FOOI) in primis. Inoltre, dobbiamo pretendere che i controlli continuino ad essere svolti con attenzione e che si estenda la tracciabilità telematica a tutti i Paesi.
Luque: Tutti abbiamo imparato da tutti e dobbiamo collaborare tutti, questo è ciò che portiamo nel nostro spirito cooperativo. Ammiriamo il lavoro che l'Italia ha svolto nell'espansione dei consumi nel mondo. La Spagna ha fatto notevoli progressi in termini di qualità e competitività. Per il settore, nessuno è rimasto e tutti dobbiamo unire le forze in modo che più olio d'oliva sia conosciuto e consumato in un mondo che non ha confini.
In Italia c'è sempre molta tensione e sfiducia riguardo all'ingresso dell'olio tunisino nel nostro paese. Paura giustificata o emotività solo infondata?
Luque: La Tunisia e altri paesi hanno accordi preferenziali con l'Unione Europea per l'ingresso preferenziale del loro olio. Abbiamo chiesto che le importazioni di olio siano vietate, ma nessuno nel settore ci ha supportato, quindi comprendo che sono d'accordo con questo. Possiamo lavorare su come cambiarlo, ma per ora è una realtà con cui dobbiamo convivere e con cui tutti gli operatori possono giocare.
Tosato: La produzione d’olio in Italia non è sufficiente per coprire il fabbisogno interno, e dunque risulta ovvio che si deve importare olio.
L’importante è che l’olio sia della qualità richiesta dal mercato, a prescindere dalla sua origine; l’olio della Tunisia è un olio conforme ed è soggetto agli standard del Comitato Oleicolo Internazionale (COI). Ciò a cui ci dobbiamo attenere è che l’etichetta riporti la provenienza per non trarre in inganno il consumatore.
Il commento: Insomma, mi pare evidente che, per entrambi i protagonisti della nostra intervista l’Italia, almeno nella sua dimensione produttiva e di potenza oliandola, sia solo il passato. Al più un buon mercato, apparentemente esigente, dove confrontarsi con le problematiche della qualità e della tracciabilità.
LA SPAGNA
La Spagna è il Paese leader in termini di produzione. Quest’anno produrrà la metà dell’olio d’oliva mondiale. E’ giusto che sia la Spagna a dettare le regole commerciali e di qualità?
Tosato: Il più grande produttore si trova sempre in una posizione più favorevole e segna un po’ l’andamento del settore. Deoleo è contrario a questa tendenza dettata dalla Spagna di abbassare i prezzi mettendo allo stesso livello il prezzo dell’olio d’oliva e quello di altri grassi, collocando volumi senza pensare al futuro del settore: è una visione a breve termine ed errata. Non possiamo competere sul prezzo con altri grassi infinitamente molto più economici, bisogna posizionare l’olio d’oliva in un altro status.
Luque: Più che corretto, direi che è logico che la Spagna abbia un ruolo più importante nel settore, sia per la commercializzazione che per considerazioni giuridico-legali. Ciò non significa che, naturalmente, ciò avvenga in cooperazione con altri paesi, perché ci sono problemi che riguardano tutti, come l'incertezza giuridica creata dal sistema del panel test o eventuali frodi. Questo fa male a tutti, lavoreremo per cercare di risolverlo e speriamo di avere il supporto di tutti gli operatori del settore.
Il commento: La Spagna è e deve essere il playmaker principale che detta la linea e l’agenda. Nessuno mette più in discussione questo assioma.
L'OLIO EXTRA VERGINE D'OLIVA
L’olio extra vergine è ritenuto un prodotto maturo che ormai ha già esaurito il suo spirito propulsore in termini di comunicazione e innovazione, oppure può ancora raccontare qualcosa di nuovo?
Luque: l'olio d'oliva in generale e l'extra vergine in particolare hanno sempre qualcosa da dire e così hanno fatto nel corso della storia. Quindi penso che dobbiamo lavorare per che ha più nella comunicazione, innovazione, nuove destinazioni e usi, nuovi consumatori, in modo tale che siamo in grado di dare uno sbocco agli aumenti della produzione. Siamo eredi di un'eredità millenaria, siamo produttori e vogliamo continuare ad esserlo.
Tosato: L’olio extravergine d’oliva non ha raggiunto il traguardo, ha ancora molta strada davanti a sé ed ha ancora margini di sviluppo in termini di innovazione e comunicazione. Ci sono ancora molte opportunità di miglioramento per rispondere alle richieste del consumatore. In Deoleo stiamo lavorando per sviluppare un olio extra vergine di altissima qualità, con oli di provenienza italiana, ma anche con oli di altre cultivar che esprimano profumi e sentori complessi, da palati gourmand”
Il commento: insomma, la ricetta è sempre quella, ideata dagli imbottigliatori italiani tanti anni fa: un blend a misura di consumatore e tanto storytelling a fare da contorno per vendere sempre di più.
LO SCENARIO INTERNAZIONALE
Il commercio oleario mondiale ha messo spesso gli uni contro gli altri, oltre che mettere in competizione gli olivicoltori con i frantoi dei diversi Paesi produttori. Quale è la politica del suo gruppo?
Tosato: Deoleo punta proprio al contrario, a lavorare insieme con tutti i componenti della filiera, per raggiungere benefici per l’intero comparto. Nel nostro caso, stiamo sviluppando accordi verticali con i produttori di diversi Paesi con la volontà di cercare la qualità più alta, ovunque essa sia.
Luque: siamo produttori che vogliono essere proprietari del proprio destino. I nostri olivicoltori sono proprietari di una società cooperativa che non si dedica solo alla produzione, ma che sta avanzando nella catena del valore, verso la commercializzazione e il packaging. E oggi siamo un'azienda di riferimento mondiale nel settore: il più grande produttore mondiale con 225.000 tonnellate di olio e co-proprietario di Pompeian, un marchio leader negli Stati Uniti. E i nostri agricoltori sono molto orgogliosi di questo lavoro e continueremo a farlo.
Sembra che la California e l’Australia vogliano dettare le proprie regole commerciali sull’olio d’oliva, parzialmente in disaccordo con quelle del COI. Lei come valuta queste dinamiche?
Luque: Sarebbe auspicabile che tutto il commercio mondiale si adeguasse agli stessi standard. Ma qui c'è una questione di sostanza che le autorità non vogliono affrontare: si tratta dei problemi del settore come le frodi o la variabilità del metodo del panel test. Proprio quest'arma viene usata di più nelle "guerre commerciali" per impedire il commercio internazionale. E se i principali paesi non lavorano per risolverlo, cosa ci aspettiamo dai concorrenti? Il panel test può contribuire ad arricchire le informazioni per il consumatore per scegliere l'olio, ma se questo metodo soggettivo serve per la classificazione merceologica, avremo sempre questi problemi commerciali e di sfiducia dei consumatori. Così non si aiuta lo sviluppo del settore.
Tosato: Sono misure chiaramente protezionistiche per mettere in dubbio la qualità dell’olio importato. Quello che succede è che finiscono per generare una normativa propria meno rigida di quella del COI in termini di qualità e lasciano dunque lo spazio a pratiche poco ortodosse che vanno contro la qualità dell’olio EVO.
Negli ultimi cinque anni la produzione dell’olio d’oliva ha subito molte fluttuazioni, anche dei prezzi. E’ una conseguenza naturale della fisiologia agricola, ha a che vedere con il cambiamento climatico oppure dipendono da un evento particolare al quale si deve porre rimedio?
Tosato: logicamente la fisiologia agricola e il clima hanno un’influenza, ma stiamo osservando degli andamenti speculativi che non hanno niente a che vedere con il normale comportamento di un mercato soggetto all’offerta e alla domanda. Vi sono alcuni operatori che stanno falsando i prezzi del mercato a fini speculativi. Quindi sì, dobbiamo porre rimedio a queste pratiche.
Luque: il mercato delle olive è sempre stato molto volatile. È qualcosa con cui dobbiamo convivere. Tutti (produttori, confezionatori, consumatori, distribuzione ...) saremmo interessati a un mercato più stabile e redditizio per tutti, ma ci deve essere una maggiore combinazione di interessi e un'organizzazione migliore, qualcosa che richiederà tempo purtroppo.
Una previsione: come vede la produzione e il consumo dell’olio d’oliva nel mondo tra 30 anni? E’ possibile mantenere la tendenza di crescita degli ultimi 30 anni?
Luque: Sono ottimista Se siamo riusciti ad aumentare il consumo insieme alla produzione negli ultimi decenni, possiamo farlo in futuro. Non dimenticare che l'olio d'oliva rappresenta una minima parte del mercato mondiale dei grassi vegetali commestibili
Tosato: E’ possibile. L’olio d’oliva oggi rappresenta soltanto il 3-4% dei grassi consumati nel mondo, e quindi c’è lo spazio per crescere, ma sempre che si riesca a differenziare l’olio d’oliva dagli altri grassi, in quanto è più naturale per il suo metodo di ottenimento e per le sue proprietà. Tentare di vendere sulla base del prezzo vuol dire rendere il prodotto banale ed è una battaglia persa perché ci saranno sempre altri grassi infinitamente più economici.
Il commento: Uno scenario complesso che vede l’olio d’oliva confrontarsi con gli altri grassi, con regole non sempre scritte, o scritte bene, con usi e consuetudini stratificati negli anni o che vogliono sostituirsi alla cultura dominante. Anche nel mondo dell’olio si gioca a Risiko…
LE TRUFFE, LE FRODI, GLI SCANDALI
Deodorazione e oli deodorati, una frode da sradicare o una pratica da regolamentare? Gli etil esteri sono un parametro sufficiente per impedire l’arrivo di oli deodorati sulla tavola dei consumatori mondiali?
Tosato: Qualsiasi manipolazione dell’olio d’oliva è una frode e quindi deve essere eliminata alla radice. La deodorazione è una prassi che ci danneggia perché è concorrenza sleale… Purtroppo, non vi sono determinazioni analitiche per individuare questi oli. Oggi gli esteri non ci permettono di individuare la presenza di deodorato. Negli ultimi due anni gli esteri non sono più un problema da quando i frantoi hanno adottato buone pratiche per ridurre al minimo il loro contenuto, in concreto mediante il travaso dell’oli e/o il filtraggio degli oli freschi, diminuendo quindi le reazioni di fermentazione e di conseguenza gli esteri. Altre pratiche scorrette consistono nell’eliminare alte concentrazioni di etanolo sull’olio appena prodotto in modo da evitare l’incremento degli esteri etilici”.
Luque: Precisamente la deodorazione è presumibilmente una pratica che fa diventare gli olii lampanti extra vergini ai fini del panel test. È qualcosa che deve far tremare. Come produttori e venditori, siamo interessati a giocare con regole di gioco chiare e uguali per tutti, che ispirino fiducia nei consumatori. Nella misura delle nostre possibilità, lavoreremo per sradicare queste pratiche.
Un ingrediente che non manca mai nel mondo dell’olio d’oliva sono le indagini e gli scandali. E’ utile per dare una mossa al settore o è un danno?
Luque: insisto sul fatto che molti di questi scandali sono dati da problemi inerenti al settore e che le autorità non vogliono o hanno paura di risolvere. La maggior parte di questi problemi è data dall'insicurezza e dalla variabilità del metodo del panel test, qualcosa che copre altre possibili frodi nelle miscele di olio. Questi scandali non aiutano il settore e non servono a risolvere i problemi, perché continueranno fino a quando non saranno affrontati. Ma sì, penso che dovremmo continuare a indagare di più, come sulle frodi che vedono l’olio d’oliva mescolato con altri oli vegetali commestibili o per rilevare chiaramente l'olio deodorato.
Tosato: E’ un danno, tutto questo non aiuta assolutamente il settore. Ma bisogna tener anche conto che alcune volte delle denunce o degli scandali partono da fake news. Poco tempo fa negli Stati Uniti Deoleo ha vinto una causa per una denuncia basata su una notizia falsa. La Davis University ha passato anni a diffondere questo tipo di notizie sui social. Abbiamo il sospetto di chi potrebbe star dietro a questi scandali che finiscono per favorire taluni operatori.
Il commento: Insomma, le frodi vanno combattute, ma in silenzio, senza disturbare il manovratore. Gli scandali danneggiano gli affari e se i consumatori non sanno che le regole sono inadeguate a tutelarlo, forse è meglio così. Interesse pubblico contro interesse privato, una storia vecchia come il mondo.
IL COMMERCIO DELL'OLIO
L’olio EXTRA VERGINE a 3 euro è diventato una consuetudine sugli scafali dei supermercati di mezza Europa, con le abituali offerte promozionali, i prezzi abbassati e i 3x2. Sono dinamiche commerciali normali o vi è qualcosa di patologico?
Tosato: In effetti, è patologico che si stia utilizzando l’olio d’oliva, prodotto emblematico della dieta mediterranea, come prodotto per attirare i clienti da parte della distribuzione. Ma la colpa non è solo della distribuzione, è anche dell’industria che si presta a questo gioco banalizzando il prodotto e danneggiando di conseguenza tutto il settore. Occorre cambiare questa dinamica ed è proprio questo il nostro principale obiettivo in questo momento: Deoleo sta lavorando per la qualità, si sta avvicinando ai produttori per lavorare insieme per la massima qualità e per dei prezzi giusti al fine di recuperare il valore dell’olio d’oliva.
Noi in Deoleo crediamo anche in una agricoltura sostenibile che sappia salvaguardare le risorse naturali e sostenga le economie locali . Per questo abbiamo recentemente firmato accordi di filiera in Spagna, Grecia e Italia con Confagricoltura.
Luque: anche se non ci piace, l’olio non può essere sganciato dalle logiche della Grande Distribuzione. L’olio come il latte e altri prodotti è un prodotto il cui prezzo è sensibile per il consumatore e viene utilizzato come gancio commerciale (ndr prodotto civetta). Siamo d'accordo che questo non dovrebbe essere, ma è la realtà con cui dobbiamo confrontarci e noi da soli non possiamo cambiarlo.
Le politiche commerciali particolarmente aggressive, con prezzi bassi, stanno contagiando anche altri Paesi, come il Giappone e gli Stati Uniti. Non stiamo rischiando in questo modo di rovinare l’immagine dell’olio come il re dei grassi e della dieta mediterranea?
Luque: la prima cosa che dobbiamo definire è che cos'è un prezzo basso, alto o conveniente per i consumatori. Anche nei paesi produttori, un prezzo elevato fa cadere il consumo. Noi, come coltivatori di olive, siamo interessati a vendere tutto l'olio prodotto al più alto prezzo possibile, tutto. Un'altra strategia di un imbottigliatore potrebbe essere quella di vendere poco olio ma con un alto margine ma rischia di rimanere un surplus di produzione. Ogni anno viene prodotto più olio nel mondo e dobbiamo lavorare per venderlo fuori, tutto, cercare nuovi mercati e aumentare il consumo nei paesi maturi. Non conosco nessun prodotto la cui vendita a un prezzo accessibile al consumatore rovina la sua immagine o fa diminuire le vendite. Secondo me, è una teoria assurda e interessata.
Tosato: In effetti, alcuni operatori stanno eseguendo queste pratiche commerciali di volumi e di prezzi bassi in questi Paesi che fino ad ora erano marginali e nei quali l’olio d’oliva non si era affermato come il re dei grassi. Queste politiche stanno distruggendo il valore e l’immagine dell’olio d’oliva.
Peresempio negli Stati Uniti, a seguito dell’ingresso di un determinato operatore economico, abbiamo assistito ad un sensibile abbassamento dei prezzi non solo sulla marca ma anche sulle marche private della distribuzione.
Di conseguenza, non solo il consumo dell’olio d’oliva non è aumentato ma addirittura da due anni sta diminuendo perché con queste pratiche alla fine il consumatore è confuso e diffidente nei confronti del prodotto. Se a lei offrissero una Ferrari al prezzo di una Cinquecento, non avrebbe dei dubbi sulla macchina offerta?
C’è posto per il ritorno dell’olio vergine d’oliva sugli scafali dei supermercati mondiali?
Tosato: assolutamente sì, ma con una strategia sensata, intelligente, che punti al valore dell’olio extra vergine in quanto prodotto naturale, salutare e con tutte le sue proprietà, ed in ogni caso bisogna puntare al miglioramento qualitativo delle produzioni olivicolo-olearie in modo da ottenere sempre più extra vergine e meno vergine e lampante.
Luque: se si riferisce all'evoluzione, allo sviluppo, penso di sì; c'è per tutti i tipi di olio d'oliva.
Un olio EVO a 100€/litro può essere sullo scafale accanto ad una bottiglia vostra? Questo non potrebbe portare a confondere e disorientare il consumatore?
Luque: I prezzi di vendita di ciascun prodotto sono fissati tra il produttore e il negozio. Certo che possono coesistere, ma non dimentichiamo che sarà sempre il consumatore a scegliere il prodotto. Un marchio con un'immagine del volto non può pretendere di stabilire il prezzo. Sono le regole di un mercato libero dove decide il consumatore. Se guardiamo un prodotto simile, il vino, esiste una varietà di prezzi e marchi che coesistono senza problemi e senza che il consumatore venga confuso.
Tosato: No. E’ quello che succede con il vino: sugli scafali convivono bottiglie con prezzi alti e altre meno costose. Il consumatore capisce che la bottiglia di 100€ è di altissima qualità e quella di 5€ è di qualità minore. E quello che intendiamo fare con l’olio extra vergine.
Il commento: Insomma l’olio è diventato una commodity. Cambiare questo status è una missione molto difficile, o impossibile. La competizione fa scendere i prezzi, con grande gioia della Grande Distribuzione che continua a utilizzare sempre di più, e ovunque nel mondo, l’olio come un prodotto civetta. Spazio per l’olio vergine? Come fare se la differenza prezzo tra l’olio d’oliva e l’extra vergine è ormai nulla?
LE REGOLE DEL GIOCO
I limiti degli attuali parametri chimici per l’olio extra vergine sono idonei o dovrebbero essere rivisti, diminuendoli o aumentandoli?
Tosato: Noi siamo a favore della creazione di una maggiore differenziazione tra gli oli extravergine e il resto delle categorie, per cui abbassare alcuni parametri chimici aiuterebbe a comunicare al consumatore questa differenza. Una possibilità sarebbe quella di abbassare l’acidità massima (0,5 oppure 0,4%) permessa per questa categoria. Bisogna tener conto che all’interno del frutto sano l’olio ha un’acidità molto bassa, prossima allo zero.
Luque: bisogna fare uno studio attento delle diverse varietà di olive, delle diverse zone, del comportamento dopo i processi industriali fisico-chimici, dell'evoluzione degli oli ... per impostare parametri che autentichino le categorie degli oli e siano utili per tutti . Come ho detto, comprendiamo che i parametri analitici devono essere molto più rigorosi per evitare frodi a causa dell'incorporazione di altri oli vegetali.
Il panel test per la classifica commerciale degli oli d’oliva, lei è favorevole o contrario? Il panel test deve essere accompagnato da analisi chimiche, come quelle dei composti volatili?
Luque: Non siamo contrari alla degustazione. La degustazione deve servire a valorizzare il prodotto, qualcosa di simile al vino. Sarebbe difficile vendere un vino a 5 € e un altro a 500 € se un panel ufficiale di degustazione dicesse che entrambi sono vini extra. Se vogliamo valutare il prodotto, i parametri analitici devono essere molto più rigorosi. Inoltre, l'autenticità del prodotto deve essere controllata dalle procedure di tracciabilità e dal panel test per generare valore aggiunto, come nel vino. Gli assaggiatori sono persone molto specializzate che con il loro lavoro possono informare e permettere di avere oli extra vergini con importanti differenze, dando valore a marchi, origini, varietà, ecc ...
D'altra parte, diversi studi ufficiali confermano la variabilità del 30% nei risultati dei panel di degustazione ufficiali, la maggior parte degli scandali sono legati a questo metodo, viene usata come barriera commerciale in alcuni paesi ... tutto questo suggerisce che questo metodo genera problemi all'intero settore. Pertanto, dobbiamo lavorare per migliorarlo in modo affidabile e tenere conto di altri parametri ... ma la situazione attuale è insostenibile e copre anche altre possibili frodi.
Tosato: Deoleo è sempre favorevole a tutti i controlli per garantire la qualità dell’olio d’oliva, ma sì, crediamo che il panel test dovrebbe essere accompagnato da altre analisi, come quelle dei composti volatili, al fine di rendere questi controlli di qualità sempre più obiettivi.
Il commento: Visioni diverse, in questo caso. Molto diverse. Sensibilità diverse, tranne che sul panel test. Da solo non va… bisogna che venga affiancato da altro, per sostituirlo nel giro di qualche anno?
MARIA GABUSI
15 dicembre 2018 ore 09:32Interessanti i refusi dove viene chiamato per ben due volte "petrolio";-)
Chiaro che il "sistema Panel" non piaccia a chi vuole avere carta bianca nel commercializzare olio con parametri chimici in regola ma con difetti organolettici che non trovano riscontro nelle analisi che vengono richieste. Sono d'accordo che il metodo Coi sia perfettibile, ma auspicando di toglierlo si butta via il bambino con l'acqua sporca. (ma forse qui in effetti non si parla del bambino, ma di commercializzare solo l'acqua sporca) Mi ha piacevolmente stupita in alcune dichiarazioni Tosato, rimane il dubbio se questo "nuovo corso" sia frutto di una necessità di ripulirsi dagli ultimi scandali o un reale tentativo di intraprendere una strada virtuosa ma economicamente parlando rischiosa. Se i consumatori inizieranno a vedere e comprare l'olio evo di alta qualità sugli scaffali al giusto prezzo (per i produttori) sarà una rivoluzione culturale che aiuterà tutto il comparto.