L'arca olearia

L’OLIVICOLTURA ITALIANA SI PRESENTA

Non esiste in realtà una olivicoltura nazionale, ma i tanti territori esprimono la propria identità attraverso scelte colturali e commerciali diverse, condizionati certamente da situazioni climatiche e podologiche assai difformi

29 novembre 2003 | R. T.

La disomogeneità dell’olivicoltura nazionale emerge già da un primo dato, se è vero che il 68% delle aziende selezionate per il rilievo è posizionato in collina, tale valore sale al 91% per il Centro-Nord e scende al 58% nel Sud. In Liguria, Marche ed Umbria si può ragionevolmente affermare che, dai dati statistici, non esiste una olivicoltura di pianura che invece è ben radicata in Puglia (81%) e in Sardegna (50%).
Il 58% dei terreni olivetani liguri è terrazzato e valori significativi si hanno anche nel Garda, in Toscana e in Campania, mentre, nel Sud, solo la Sicilia presenta un dato non irrilevante (6%).



Il 32% delle aziende olivicole italiane possiede un impianto d’irrigazione, tuttavia anche in questo caso è necessario distinguere fra Sud e Centro Nord. Nelle regioni del meridione dove è più elevato il fabbisogno d’acqua tale dato sale, la diffusione di impianto di irrigazione in Puglia è pari al 63%, in Sardegna 43% e in Sicilia 40%. Tra le realtà invece insensibili si segnala il Molise dove il 99% delle aziende non possiede un impianto irriguo.

Se in media la frequenza della potatura è uniforme in tutta Italia e regolare nell’81% dei casi, eccezione fanno la Calabria che esegue una potatura saltuaria in quasi la metà del campione, ma anche in Basilicata (32%) e Sardegna (30%) il dato non è trascurabile.

Nelle operazioni di raccolta il livello di meccanizzazione è superiore ne Sud rispetto al Centro-Nord. La raccolta manuale è diffusa prevalentemente al Centro-Nord (63%) ma ha anche sostenitori nel Sud. Toscana e Sicilia sono le regioni dove la meccanizzazione in raccolta è meno utilizzata, infatti ben il 70% delle aziende ricorre alla raccolta manuale. Gli scuotitori sono maggiormente utilizzati in Calabria e Sardegna, mentre gli agevolatori in Abruzzo e Molise.

Gli investimenti programmati dalle aziende
L’acquisto di macchine per la potatura e raccolta è il principale investimento previsto dalle aziende intervistate nei prossimi tre anni.
La volontà di ristrutturazione degli oliveti interessa circa il 25% delle aziende liguri, toscane ed umbre, interessate anche la Campania, il Molise e la Sardegna.
Modesto il dato delle aziende che intendono investire sostanzialmente in olivicoltura attraverso nuovi impianti, solo il 10% hanno mostrato quest’intenzione. Maggiore interesse è stato dimostrato dagli abruzzesi (17%), laziali e marchigiani e dai produttori del nord (15%).
Ai sistemi d’irrigazione sono interessate maggiormente le aziende pugliesi, marchigiane e liguri.
Gli impianti di confezionamento attirano gli investimenti delle aziende lucane, sarde, siciliane, laziali e toscane.
Modesto il dato nazionale riguardante l’acquisto di un nuovo frantoio (6%), molto interessati invece i produttori lucani (13%).



Commercializzazione
Si conferma il dato dell’alto autoconsumo di olio, infatti il 20% della produzione viene destinato alla famiglia, parenti ed amici (Centro-Nord 32%, Sud 15%).
La restante parte viene commercializzata direttamente al consumatore finale (privato, ristorante…) per il 52% nel Centro Nord e per il 32% nel Sud. Al grossista il Centro-Nord conferisce il 16% della propria produzione, mentre il Sud ben il 52%.

Se ne deduce che il Sud vende ancora la maggioranza della sua produzione sfusa (76%) mentre nel Centro-Nord tale dato scende al 46%.

Tra le aziende che dichiarano produzioni certificate nel Centro-Nord si segnala la netta preferenza delle denominazioni d’origine (Dop e Igp) mentre nel Sud si predilige il biologico (50%), significativa anche la presenza di una quota pari al 23% di aziende italiane che certificano lotta integrata.


Fonte: newsletter Ismea, speciale previsioni di olio di oliva

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