L'arca olearia 02/11/2018

Più contenziosi con la nuova etichettatura sull'olio d'oliva

Più contenziosi con la nuova etichettatura sull'olio d'oliva

Assoggettarsi alle nuove imposizioni legislative, più specificatamente il Reg. 1096 del 22 maggio 2018, con il rischio di battaglie giudiziarie dall'esito incerto, oppure lasciar perdere le indicazioni chimico-organolettiche in etichetta? L'analisi costi-benefici passa dal consumatore


Ciclicamente il legislatore europeo ci offre interessanti spunti per quanto riguarda gli aspetti analitici degli oli di oliva con l’auspicio che possano portare chiarezza per la risoluzione di alcune problematiche aperte .

Parliamo del Reg. 1096 del 22 maggio 2018 che ha modificato quello analogo del 2012 per quanto riguarda alcune indicazioni facoltative degli oli extravergini inseribili in etichetta.

La novità che più ci interessa prevede che i valori di alcuni indici di qualità indicati in etichetta corrispondano a quanto previsto alla data minima di conservazione del prodotto piuttosto che alla data di imbottigliamento .

Ovviamente il motore delle riflessioni si è rimesso in cammino!

La prima è di carattere giuridico. Quando si prescrivono certi comportamenti o limiti vale la regola generale secondo cui “è possibile imporre solo ciò che si è in grado di controllare”.

Il sistema olio di oliva è molto complesso, metaforicamente esso racchiude tranne pochi capitoli un intero testo di chimica organica.

Queste centinaia di molecole dotate dei principali gruppi i funzionali reattivi sono tra di loro in equilibrio dinamico per cui tendono a trasformarsi o a produrre nuove molecole.

Di alcune di esse conosciamo i meccanismi di formazione e trasformazione e le condizioni di attivazione.

Per quanto riguarda la conservazione, ossia lo studio in situazioni statiche, la letteratura scientifica sicuramente non manca ma raramente è stata finalizzata a ipotesi di modelli predittivi.

Vi sono inoltre le condizioni dinamiche di trasporto. Qui gli studi per ovvie ragioni sono meno numerosi per poter giungere a considerazioni deduttive di una certa affidabilità .

Nel complesso quindi questi studi non hanno permesso di formulare modelli matematici predittivi su cui calcolare l’evoluzione dei parametri chimici allo scadere di un determinato periodo per cui bisognerà ricorrere per lo più all’esperienza in un’ottica comunque di prudenza.

Cosa succederà infatti nei casi in cui il valore etichettato venga superato pur rimanendo nei limiti legali previsti?

Siamo sicuri che questa norma non aggiunga contenziosi nuovi a quelli che già ci sono ?

Che vantaggi pratici comporterà?

Alcuni imbottigliatori privilegeranno per esempio l’utilizzo di vetro scuro senza eccedere nei tempi di shelf life.

Altrettando plausibile risulterà però attendersi controversie dall’esito incerto.

Perché dunque rischiare? Una risposta può venire dall’esame del punto successivo.

Parliamo di etichettatura.

Si continua ad insistere nel comunicare al cliente informazioni criptate sulla qualità dell’olio di difficile comprensione.

L’etichetta è la carta di identità del prodotto!. E’ fatta per essere letta e non per essere vista!. Non è una locandina quanto piuttosto un manifesto! ! La sua principale caratteristica è infatti la leggibilità ossia la comprensione ad essere capita da tutti.

Gli indici di qualità degli oli di oliva curiosamente esprimono un concetto di qualità per così dire rovesciata.

L’acidità evoca piogge acide killer dell’ambiente se non addirittura quella fastidiosissima di stomaco. I perossidi si associano a fenomeni di ossidazione e corrosione, la ruggine per esempio . Gli indici spettrofotometrici dai simboli incomprensibili richiamano alla mente le sigle dei sommergibili visti in tanti film di scenari di guerra fredda.

Dulcis in fundo : che significherà mai l’espressione che quell’olio ha una brutta cera?

Sicuramente in ciò c’è dell’ironia e un po’ di verità .

Il linguaggio dell’olio non agevola la comunicazione!

Il cliente non è un chimico ma è sempre più educato all’alimentazione. Dà notevole importanza all’aspetto edonistico dell’alimento. Se trova il prodotto che gli piace e che fa bene chiude il cerchio e lo compra!

Per gli oli un ruolo importante rivestono le caratteristiche organolettiche di fruttato, amaro e piccante ma queste spesso non trovano adeguata collocazione in etichetta.

Dei polifenoli, ormai claim salutistici acclarati e rara espressione di una qualità diretta, ancora nessuna traccia.

Vale allora la pena impegnarsi su valori che è difficile garantire ma che hanno scarso impatto sulla scelta finale del prodotto?

Il gioco forse non vale la candela!

di Matteo Storelli

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