L'arca olearia

I polifenoli delle acque di vegetazione delle olive, ottimi per sportivi e atleti

Solo l'1% dei fenoli delle olive finisce nell'olio, la gran parte finisce negli scarti della lavorazione a causa della loro prevalente natura idrofilica. Recuperare questi composti e utilizzarli senza lunghi e complessi sitemi di purificazione è la sfida che si trova ad affrontare il settore olivicolo-oleario. Le possibilità offerte dalle tecnologia aprono anche nuovi scenari di mercato, quasi impensabili

13 aprile 2018 | Annalisa Romani, Lorenzo Cecchi, Maria Bellumori, Marzia Innocenti, Nadia Mulinacci

Negli ultimi decenni, l’interesse della comunità scientifica verso i composti fenolici derivanti da Olea europaea L. è molto aumentato, principalmente grazie ai loro numerosi effetti benefici. Molte proprietà salutistiche sono state correlate a tali composti fenolici (anti-infiammatorie, anti-cancro, anti-angiogeniche, anti-aterogeniche) e, ad oggi, non sono stati evidenziati effetti avversi. Questo ha indotto l’EFSA (Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare) ad approvare un importante claim salutistico per gli Oli d’Oliva, che dà la possibilità di inserire in etichetta la dicitura “I polifenoli dell’olio di oliva contribuiscono alla protezione dei lipidi ematici dallo stress ossidativo”.

In precedenti lavori è stato dimostrato che le olive sono molto ricche di composti fenolici: ad esempio, olive di cultivar Frantoio arrivano a contenere fino ad 80 g/kg di oleuropeina. D’altra parte, solo una percentuale inferiore all’1% è estratta nell’olio, mentre la gran parte dei composti fenolici finisce negli scarti della lavorazione (acque di vegetazione e sansa) a causa della loro prevalente natura idrofilica.

La quantità e il contenuto fenolico delle acque di vegetazione (OMWW) dipende fortemente dal tipo di processo di estrazione applicato; il sistema di estrazione a tre fasi è ancora oggi il più utilizzato. La produzione mondiale di OMWW è stata stimata per circa 30 milioni di m3 all’anno e il loro carico organico determina un alto impatto ambientale: le OMWW sono fitotossiche e il loro smaltimento rappresenta ad oggi un problema economico per i frantoi.

I trattamenti proposti per ridurre il carico organico dalle OMWW non hanno portato a risultati completamente soddisfacenti; l’idea alternativa è quindi quella di pensare alle OMWW come possibile fonte di composti fenolici potenzialmente utilizzabili in ambito nutraceutico, per la formulazione di cibi e bevande e nei prodotti cosmetici. Il sistema ad oggi più utilizzato per cercare di recuperare i composti fenolici dalle OMWW sfrutta una serie di membrane che permettono di effettuare in sequenza una ultrafiltrazione (UF), una nanofiltrazione (NF) ed infine un’osmosi inversa (OI). L’efficienza e la riproducibilità di un sistema di membrane industriale per la filtrazione delle OMWW finalizzata al recupero dei composti fenolici è stata studiata per 3 anni (2013-2015). La figura 1 riporta una schematizzazione dell’impianto utilizzato (Azienda Agricola Fangiano, Nocera Terinese, Catanzaro, Italy), che prevede una pre-filtrazione in cartucce con pori di diametro decrescente e uno step di pre-chiarificazione (microfiltrazione, MF).

È’ stato studiato anche l’effetto della concentrazione a diverse temperature dei retentati ottenuti dopo i vari step della filtrazione, e la loro stabilità dopo diversi mesi di stoccaggio.
In figura 2 è mostrato un tipico profilo di un retentato di nanofiltrazione (RNF), che rappresenta la frazione più interessante dal punto di vista applicativo: la figura evidenzia come la frazione fenolica di tali retentati sia per lo più costituita dai fenoli semplici come tirosolo, idrossitirosolo e le loro forme glicosilate, mentre sono presenti solo tracce dei derivati secoiridoidici tipici dell’olio vergine di oliva.

Per la quantificazione dei singoli composti fenolici presenti nei retentati, ed in particolare le forme libere e glicosilate di tirosolo e idrossitirosolo e il verbascoside, è stata utilizzata una curva di calibrazione costruita con tirosolo come standard, ed opportuni fattori di conversione.

I dati ottenuti hanno mostrato che l’idrossitirosolo è il composto fenolico più abbondante in tutti i retentati, sia nei campioni freschi che in quelli concentrati, e che la sua concentrazione aumenta passando dai retentati di ultrafiltrazione a quelli di nanofiltrazione e raggiunge i valori massimi nel retentato di osmosi inversa in tutte le tre campagne olearie. In particolare, il contenuto di idrossitirosolo nel retentato di osmosi inversa 2015 raggiunge valori fino all’84% del contenuto fenolico totale, arrivando a concentrazioni di 4.11 g/L.

Figura 1

 

Figura 2

Per quanto riguarda i campioni concentrati applicando diverse temperature, i dati mostrano che i contenuti di idrossitirosolo nei retentati di ultra- e nanofiltrazione aumentano più di quanto sarebbe lecito aspettarsi in base al solo fattore di concentrazione applicato. Questo fatto è spiegato con l’idrolisi dei glicosil derivati di tirosolo e idrossitirosolo e dei secoiridoidi (molecole che portano tirosolo e idrossitirosolo nella loro struttura). Il fatto che lo stesso risultato non si osservi per il retentato di osmosi inversa è probabilmente dovuta all’assenza dei precursori sopra citati in tali retentati, dovuta alle loro dimensioni che non gli consentono di passare in tale retentato.

Il tirosolo è presente nei retentati in concentrazioni di circa 1/3 – 1/5 rispetto all’idrossitirosolo; in particolare, si osserva che tale molecola non aumenta dal retentato di ultrafiltrazione a quello di nanofiltrazione, ma solo in quello di osmosi inversa, confermando la buona riproducibilità dell’impianto di filtrazione.

Anche per il contenuto totale di composti fenolici tale riproducibilità è confermata: infatti, si ha un aumento costante passando dal retentato di ultrafiltrazione a quello di nanofiltrazione fino a quello di osmosi inversa, con valori fino a 4,88 g/kg nel 2015. Lo stesso trend è confermato anche nei campioni concentrati.

Dal punto di vista applicativo, risulta interessante capire quale sia la stabilità nel tempo dei retentati ottenuti. A tal fine è stato valutato il loro comportamento dopo 6-24 mesi di stoccaggio al buio, in bottiglie di plastica chiuse, a 18-28°C. I contenuti di tirosolo, idrossitirosolo sono rimasti costanti nel tempo, e quelli di verbascoside e composti fenolici totali sono diminuiti ma solo di poco. Tale stabilità nel tempo sembra indicare la possibilità di stoccare i retentati ottenuti dalla filtrazione delle OMWW in maniera semplice e poco costosa.

I retentati sono inoltre caratterizzati da contenuti trascurabili di grassi e proteine, basso contenuto di sodio e alto contenuto di potassio, e questo li rende possibili ingredienti nella formulazione di integratori alimentari per atleti, che generalmente necessitano di antiossidanti (per contrastare i radicali liberi prodotti durante l’attività sportiva) e di potassio (vista la grande perdita di sali minerali durante lo sforzo fisico).

Bibliografia

Per maggiori dettagli è possibile scaricare l’articolo scientifico completo:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29105769

Cecchi, Migliorini, Cherubini, Innocenti, Mulinacci. Whole lyophilized olive as sources of unexpectedly high amounts of secoiridoids: the case of three Tuscan cultivars. JAFC. 2015, 63, 1175-1185
Cecchi, Migliorini, Zanoni, Breschi, Mulinacci. An effective HPLC-based approach for the evaluation of the content of total phenolic compounds transferred from olives to virgin olive oil during the olive milling process”. JSFA. 2018. DOI, 10.1002/jsfa.8841

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Antonino Maggio

14 aprile 2018 ore 06:33

Complimenti per il lavoro di ricerca e speriamo a presto di individuare un metodo celere ed economico che possa essere applicato a livello industriale.