L'arca olearia

Controllare le infestanti sull'olivo. La pacciamatura funziona?

La lavorazione del suolo contribuisce all'erosione e alla perdita della sostanza organica. Gli erbicidi inquinano e riducono la biodiversità. Come controllare le infestanti nell'oliveto allora? I pro e i contro dell'utilizzo di teli di plastica e delle leguminose

18 maggio 2016 | R. T.

L'olivicoltura dovrà fare i conti con regole sempre più stringenti in campo di sostenibilità.

Le lavorazioni del suolo, si sa, devono essere limitate al minimo per ridurre l'erosione e la perdita di sostanza organica per mineralizzazione.

L'utilizzo di erbicidi, anch'esso, deve essere ridotto per il pericolo di inquinamento delle falde e per la perdita di biodiversità nella microflora e microfauna del terreno.

Le pacciamature con teli di plastica, specie nell'età giovanile dell'oliveto, si stanno diffondendo in tutto il mondo. Oltre a essere un sistema utile per qualche anno, dal costo contenuto una volta posizionato, consente una più precoce entrata in produzione dell'olivo e una migliore efficienza della risorsa idrica, fattori che possono essere messi in correlazione. Tuttavia ci si sta ponendo il problema del possibile inquinamento dovuto al posizionamento di tali teli plastici sul suolo. Inquinamento dovuto a residui, pezzi di telo che possono frantumarsi fino a diventare microplastiche che possono condizionare la fertilità del suolo. Non solo, è noto che la pacciamatura con teli di plastica ha la potenzialità di alterare la qualità del suolo, spostando la biocenosi edafica (ad esempio nei confronti di funghi micotossigeni), accelerare il metabolismo carbonio/azoto, accelerando la degradazione delle le scorte di materia organica del suolo, aumentare idrorepellenza del terreno e favorire il rilascio di gas a effetto serra. Non si tratta, quindi, di una pratica altamente sostenibile, specie in un'ottica di lungo periodo.

Esistono metodi di pacciamatura, però, più naturali, come lasciare i residui di una coltura di leguminose sul suolo. Sicuramente si tratta di un metodo naturale, senza rischi di inquinamento ma non senza impatti sulla coltura dell'olivo. I ricercatori portoghesi hanno verificato gli effetti, in particolare in rapporto alla disponibilità di azoto, dell'utilizzo di una coltura di leguminose sfalciata e lasciata come pacciamante nell'oliveto. La prova è stata condotta da ottobre 2009 a gennaio 2012. E' stato riscontrato, nell'autunno successivo allo sfalcio della coltura di leguminose, un picco di mineralizzazione dell'azoto, specie se raffrontato all'oliveto in cui la coprttura vegetale era quella spontanea. Nella successiva primavera, però, le differenze nelle quantità di azoto disponibile erano trascurabili.  L'effetto dell'utilizzo di una coltura di leguminose è quindi limitato nel tempo, di breve durata e senza che vi fosse una differenza significativa neanche per quanto rigurda il tenore di azoto nelle foglie d'olivo tra l'oliveto dove si è utilizzato la coltura di leguminose e quello con inerbimento spontaneo. Non possiamo quindi considerare che la pacciamatura con leguminose abbia il contemporaneo effetto fertilizzante, in particolare per l'azoto, e quello pacciamante.

Bibliografia

M. Ângelo Rodrigues, Carlos M. Correia, Ana Marília Claro, Isabel Q. Ferreira, José C. Barbosa, José M. Moutinho-Pereira, Eunice A. Bacelar, Anabela A. Fernandes-Silva, Margarida Arrobas, Soil nitrogen availability in olive orchards after mulching legume cover crop residues, Scientia Horticulturae, Volume 158, 4 July 2013, Pages 45-51, ISSN 0304-4238

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