L'arca olearia
Il gioco delle tre carte col Piano olivicolo nazionale
I progetti degli anni passati, al massimo, sono rimasti su carta. Materia da campagna elettorale, finanziata con qualche spicciolo. La crisi dell'olio di oliva di quest'anno ha riacceso il dibattito. 90 milioni in tre anni sono pochi ma buoni. Ma arriveranno davvero?
10 aprile 2015 | Alberto Grimelli
Una mozione prima, una risoluzione oggi.
Era il luglio 2014 quando Colomba Mongiello presentò la mozione “Iniziative urgenti per avviare un piano per il rilancio, il rafforzamento e lo sviluppo dell'olivicoltura nazionale (piano olivicolo nazionale)” agli atti della Camera dei Deputati come 1-00556.
La mozione, firmata da 70 deputati, fu ritenuta dal governo superata quando il Ministro Maurizio Martina decise di convocare un tavolo urgente del settore, con tutti gli operatori, per la fine di gennaio 2015, annunciando misure per il settore.
Il risultato di quella riunione, come successivamente dichiarato dal Vice Ministro Olivero in risposta a un'interrogazione parlamentare, è stato lo stanziamento per il comparto olivicolo, di concerto con le Regioni, di 70 milioni di euro all’anno dei fondi europei dedicati al sostegno accoppiato in sede di attuazione nazionale della nuova politica agricola comune fino al 2020.
Tali fondi, tuttavia, dovranno rispondere alle rigide regole europee e non potranno essere destinati alla misura più urgente per il comparto olivicolo nazionale: la razionalizzazione degli oliveti esistenti, il loro ammodernamento e la messa a dimora di nuovi olivi per incrementare la produzione di olio di oliva italiano.
Misure che potrebbero essere finanziate attraverso i Piani di Sviluppo Rurale regionali, lasciando però a ciascuna istituzione locale criteri e linee di indirizzo strategico, col rischio di perdere la visione complessiva del settore.
Tutte considerazioni alla base della nuova iniziativa parlamentare, sempre a prima firma di Colomba Mongiello, che, attraverso una risoluzione (7-00625) in discussione alla Commissione agricoltura della Camera vorrebbe impegnare il governo “ad intraprendere le opportune iniziative, possibilmente anche a carattere d'urgenza, affinché si attui un piano per il rilancio, il rafforzamento e lo sviluppo dell'olivicoltura nazionale (piano olivicolo nazionale), allo scopo seguendo un procedimento normativo, amministrativo ed operativo, analogo a quello attuato ai sensi della legge 2 dicembre 1998, n. 423, come meglio indicato in premessa, valutando in tale ambito, la possibilità di individuare ed autorizzare una congrua somma di spesa, se del caso da associare all'istituzione di un fondo di rotazione per gli investimenti, il cui importo sia non inferiore a 90 milioni di euro da ripartire nell'arco di un triennio.”
Utilizzando quindi le stesse modalità e gli stessi mezzi attuati ai tempi della crisi agrumicola, si vorrebbero favorire gli investimenti nell'olivicoltura italiana.
Ipotizzando di destinare tutta la somma richiesta al governo a nuovi oliveti, attraverso un finanziamento a fondo perduto di 3000 euro per ettaro, pari a circa il 30% dei costi per l'impianto, si potrebbero mettere a coltura circa 30 mila ettari, incrementando realisticamente la produzione italiana di 30-40 mila tonnellate all'anno.
Nel corso dell'audizione parlamentare delle organizzazioni dei produttori sono anche stati suggerite iniziative legislative senza oneri per lo stato per aumentare la produzione nazionale. Aifo ha, per esempio, chiesto che il provvedimento Terre Vive, di concessione e/o vendita dei terreni demaniali a giovani agricoltori, venga esteso anche a consorzi o cooperative di imprenditori olivicoli-oleari che si impegnino a impiantare e mantenere nuovi oliveti.
Ma quali speranze vi sono che un nuovo Piano olivicolo nazionale veda la luce? Lo abbiamo chiesto all'onorevole Colomba Mongiello.
“Dopo le vicende sul grano e pomodoro – ha dichiarato la vicepresidente della Commissione anticontraffazione – abbandonare anche l'olivo significherebbe affermare al mondo, nell'anno dell'Expo, che la Dieta Mediterranea non è più cosa italiana, visto che verrebbe fatta con prodotti che vengono dall'estero.”
Visto i precedenti, olivicoltori e frantoiani si fidano poco di un nuovo Piano olivicolo nazionale che potrebbe rimanere ancora su carta e senza soldi. A tal proposito, i 70 milioni di euro della Pac già promessi dal Mipaaf vanno conteggiati in quelli contemplati dalla sua risoluzione?
“Serve una terapia shock per l'olivicoltura nazionale. O si trovano i fondi per far ripartire il settore oppure si decide, consapevolmente, di abbandonare la coltivazione dell'olivo.”
Quindi i 90 milioni di euro?
“Quanto richiesto dalla risoluzione si aggiunge ai fondi nazionali e comunitari della Pac e dei Psr. Il testo è molto chiaro. Si tratta di fondi straordinari per fronteggiare una situazione straordinaria. Lo stesso strumento legislativo offerto al governo per intervenire è quello di crisi e di emergenza.”
La speranza è che, se mai il nuovo Piano olivicolo nazionale vedrà la luce, avrà come chiaro e unico obiettivo l'aumento della produzione nazionale di olio extra vergine di qualità da varietà italiane, con fondi adeguati. Quello che certamente oggi olivicoltori e frantoiani non meritano è essere presi in giro col gioco delle tre carte, attraverso magheggi e spostamenti di soldi da un fondo di spesa all'altro.
Al settore olivicolo servono forze fresche, non prestigiatori.
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