L'arca olearia
In un emendamento al collegato alla legge di stabilità 2014 la soluzione per le acque di vegetazione
Lo smaltimento delle acque reflue di frantoio rappresenta ancora un annoso problema del settore, mai completamente risolto, prima per problemi tecnici e tecnologici. Oggi il collo di bottiglia è la normativa, che va adeguata
16 gennaio 2015 | R. T.
Le acque di vegetazione rappresentano ancora un incubo per molti frantoi. La loro gestione e il loro smaltimento e/o uso agronomico implicano problemi operativi, burocratici e perfino penali.
Anche quando tutte le autorizzazioni fossero in regola, può bastare qualche giorno di pioggia per mettere in crisi un frantoio, per non parlare di quelle aree dove il bacino di terreni adatti allo spandimento è veramente esiguo.
Oggi esistono delle tecnologie e delle attrezzature, disponibili sul mercato, che permettono il trattamento delle acque reflue di frantoio, eliminando o comunque riducendo molto il carico inquinante dovuto soprattutto alla presenza di fenoli che aumentano considerevolmente COD e BOD (indici di fabbisogno di ossigeno biologico e chimico). Le acque così trattate potrebbero essere agevolmente smaltite nelle normali fognature, salvo il fatto che non esiste alcuna norma che imponga ai gestori dei servizi idrici di accettarle.
Accade così che scarichi industriali, potenzialmente molto più impattanti, possano essere smaltiti tramite il normale sistema fognario ma non le acque di vegetazione trattate.
Esistono, per fortuna, gestori di servizi idrici illuminati che, anche in virtù dell'attività stagionale e limitata nel tempo, accettano di ricevere le acque reflue trattate ma ciò avviene solo dopo un percorso abbastanza lungo e tortuoso.
Il legislatore sta quindi decidendo di porre un freno alla discrezionalità dei servizi idrici, obbligandoli a dichiarare quali parametri deve rispettare l'acqua di vegetazione trattata per poter essere smaltita in una normale fognatura.
Tutto questo è contemplato in un emendamento, attualmente in discussione alla Camera, al collegato alla legge di stabilità 2014. All'articolo 28 del testo si legge:
“All’articolo 101 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, dopo il comma 7 è inserito il seguente: “7-bis. Sono altresì assimilate alle acque reflue domestiche, ai fini dello scarico in pubblica fognatura, le acque reflue di vegetazione dei frantoi oleari. Al fine di assicurare la tutela del corpo idrico ricettore e il rispetto della disciplina degli scarichi delle acque reflue urbane, lo scarico di acque di vegetazione in pubblica fognatura può essere ammesso, ove i Sindaci dei Comuni dei comprensori non ravvisino criticità nel sistema di depurazione, per i frantoi che trattano olive provenienti esclusivamente dal territorio regionale e da aziende agricole i cui terreni insistono in aree scoscese o terrazzate ove i metodi di smaltimento tramite fertiirrigazione non siano agevolmente praticabili, previo idoneo trattamento che garantisce il rispetto delle norme tecniche, delle prescrizioni regolamentari e dei valori limite adottati dal gestore del servizio idrico integrato in base alle caratteristiche e all’effettiva capacità di trattamento dell’impianto di depurazione”.
Si tratta di un notevole passo avanti nella normativa di settore.
L'Associazione dei frantoiani italiani, nel corso di un'audizione del 12 gennaio scorso presso la Commissione Ambiente della Camera, ha fornito un ulteriore contributo ai lavori parlamentari, con l'obiettivo di far chiarezza e rendere più facile l'applicazione della nuova normativa.
L'Associazione, per bocca del presidente dei frantoiani liguri, Carlo Bo, ha osservato come occorra prestare attenzione a non creare disparità tra i frantoi aziendali, ovvero direttamente asserviti a un fondo, e quelli “di servizio”, ovvero non direttamente asserviti ma che svolgono attività molitoria conto terzi.
Particolarmente delicata sarebbe poi la limitazione al territorio regionale, prevista dal legislatore, che risulterebbe fortemente lesiva per i frantoi che operano sui confini regionali e che vedrebbero penalizzati gli agricoltori della regione limitrofa. Inoltre tale dizione penalizzerebbe i frantoi che lavorano prevalentemente conto terzi e che sopperiscono a cali produttivi stagionali con la l’acquisto e la lavorazione di cultivar nazionali.
Infine da riformulare, secondo l'Aifo, l'espressione “i cui terreni insistono in aree scoscese o terrazzate ove i metodi di smaltimento tramite fertiirrigazione non siano agevolmente praticabili”. Nel testo, infatti, è presente l'indicazione di fertirrigazione, impropria nel caso dello spandimento delle acque di vegetazione. Inoltre il termine “agevolmente” si presenterebbe a eccessive interpretazioni, così lasciando troppa discrezionalità nell'applicazione della norma. L'Aifo ha dunque proposto la seguente riformulaazione del passaggio: “è ammesso per i frantoi oleari operanti in territori dove l’orografia impedisce la pratica dell’utilizzo agronomico”, già normato dal successivo art. 112.
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