L'arca olearia
Prezzi troppo bassi, non raccolgo le olive. Ma ne va anche della produzione dell'anno successivo
In alcune annate la corretta conduzione agronomica può non bastare e si arriva in raccolta con basse produzioni di olive per pianta. In questi casi la domanda è sempre la stessa: sarà veramente il caso di raccogliere o è più conveniente lasciare le olive sull’albero? Ecco alcune considerazioni per arrivare ad una risposta corretta
15 novembre 2013 | Giovanni Caruso
Come ogni anno, giunti in fase di raccolta, la speranza, o la ragionevole attesa, degli olivicoltori è di avere un’abbondante produzione di olive sane che consenta di ottenere una buona quantità di olio di alta qualità. Che si tratti appunto di speranza, ed è il caso di quegli olivicoltori che, per motivi culturali o per superficialità, credono che l’olivo non abbia bisogno di cure perché “alla fine l’olivo qualcosa produce sempre”, o che si tratti di ragionevole attesa, e mi riferisco ai produttori che seguono l’oliveto durante tutto il suo ciclo stagionale con le opportune pratiche colturali, può capitare che in alcune annate si arrivi alla raccolta con basse produzioni per pianta. È il caso di quelle annate caratterizzate da eventi climatici particolarmente sfavorevoli e/o dall’elevata aggressività di alcuni fitofagi dell’olivo, in particolare Bactrocera oleae. Di fronte ad una situazione del genere la domanda che spesso l’olivicoltore si pone è: “sarà veramente il caso di raccogliere o, vista la bassa produzione, è più conveniente lasciare le olive sull’albero?”.
Se ci si limita alla sola valutazione economica per l’anno in corso è probabile che, sulla base della reale carica produttiva dell’albero, del costo di raccolta e del prezzo di vendita dell’olio, alla fine si opterà per non raccogliere. Ma se si considerano anche altri fattori, quali l’equilibrio vegeto-produttivo dell’albero e le condizioni predisponenti a futuri attacchi di mosca olearia, e quindi anche i fattori economici di breve-medio periodo, allora è probabile che si darà il via alle operazioni di raccolta.
Per capire come la mancata raccolta delle olive può influire sull’equilibrio vegeto-produttivo dell’albero è necessario conoscere i principali meccanismi che portano alla differenziazione delle gemme verso la produzione di fiori/frutti o di nuovi germogli. L’infiorescenza che troviamo in primavera sull’albero è il risultato di un processo di differenziazione che nei dodici mesi precedenti, attraverso una serie di segnali ormonali e nutrizionali, porta una giovane gemma indifferenziata a diventare una gemma a frutto. Il processo di differenziazione comprende tre fasi: l’induzione, che avviene nel periodo estivo, l’iniziazione, in autunno, e la differenziazione che si ha dalla fine dell’inverno alla primavera successiva. La presenza di frutti sull’albero oltre il periodo autunnale, nel caso di raccolta tardiva, o fino alla primavera successiva, nel caso di mancata raccolta, comporta una minore differenziazione di gemme a frutto nella stagione di crescita successiva (Figura 1). Queste alterazioni nel processo di differenziazione indotte dalla presenza dei frutti sull’albero possono innescare fenomeni di alternanza di produzione con ripercussioni sulla costanza produttiva dell’oliveto e, quindi, sulla possibilità di fare una pianificazione economica pluriennale. Un esempio di raccolta tardiva, paragonabile quasi ad una “non raccolta” dal punto di vista della differenziazione delle gemme a frutto, è quello della cultivar Itrana in provincia di Latina che viene raccolta, per la produzione di olive da tavola (olive nere di Gaeta), tra febbraio e marzo. In questo caso, l’epoca di raccolta molto tardiva, unita in alcuni casi ad una gestione agronomica non ottimale, porta ad una accentuata alternanza di produzione, con conseguenti forti oscillazioni della disponibilità del prodotto, e quindi dei prezzi, da un anno all’altro.
Un altro aspetto negativo della mancata raccolta delle olive è legato al fatto che la permanenza dei frutti nell’oliveto si traduce, in particolar modo nelle annate caratterizzate da alti livelli d’infestazione di mosca, nella mancata eliminazione di quella sarà una parte della popolazione iniziale di B. oleae nell’anno successivo. È il caso, ad esempio, degli oliveti abbandonati che costituiscono un fattore di rischio per gli oliveti coltivati nelle vicinanze in quanto, proprio per la presenza prolungata di olive sugli alberi, rappresentano il luogo privilegiato per lo svernamento, la riproduzione e lo sviluppo di B. oleae. In generale, le basse produzioni di olive causate da forti attacchi di mosca rappresentano una situazione molto frequente. Basti pensare all’annata olivicola ancora in corso caratterizzata dalla massiccia presenza di mosca che ha creato notevoli problemi in diversi areali olivicoli italiani. In tali situazioni è bene raccogliere tutte le olive e, quando possibile, anticipare la raccolta in modo da sfuggire agli attacchi autunnali di mosca olearia (vedi anche “La partita contro la mosca delle olive non è solo questione di fitofarmaci”, TN, 7 settembre 2013”).
È evidente che, nonostante le brevi considerazioni sopra esposte, i problemi organizzativi ed economici legati alla raccolta rimangono. Si tratta allora di affrontarla con gli strumenti tecnici che oggi sono messi a disposizione dell’olivicoltore e che consentono di velocizzare i tempi e ridurre i costi (ad es. gli agevolatori per la raccolta), e di non fermarsi ad una valutazione della singola annata olivicola ma di considerare anche i possibili effetti sulla produttività dell’oliveto negli anni successivi.
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