L'arca olearia

L’IRRIGAZIONE È INDISPENSABILE NEGLI OLIVETI INTENSIVI, MA PER OTTENERE IL MASSIMO BENEFICIO BISOGNA SAPERE QUANDO IRRIGARE. MA ANCHE QUANTA ACQUA DISTRIBUIRE

Stanno emergendo sempre più nuove tendenze per l’irrigazione in olivicoltura. L’attenzione si va spostando dagli innegabili effetti sull’aumento della produzione ai benefici per la qualità dell’olio. Conoscere le esigenze delle piante significa anche poter risparmiare consistenti volumi d’adacquamento

11 giugno 2005 | Riccardo Gucci

Nonostante la nota resistenza dell’olivo alla carenza di umidità nel suolo, l’irrigazione è diventata una pratica consueta in tempi recenti. Negli oliveti intensivi l’irrigazione è indispensabile a causa del ridotto volume di suolo esplorabile dagli apparati radicali. Inizialmente l’interesse degli olivicoltori per l’irrigazione nasceva dall’aumento della produzione, mentre oggi l’enfasi si sta spostando sui benefici per la qualità dell’olio.
Le fasi fenologiche critiche, in cui l’olivo non dovrebbe subire stress idrici, sono la fioritura, l’allegagione, le prime 5-6 settimane di sviluppo del frutto dopo la fecondazione e il periodo di intenso accumulo di olio nella drupa. In altri momenti, ad esempio il periodo a cavallo dell’indurimento del nocciolo, è possibile, e spesso consigliabile, sottoporre l’albero ad un deficit idrico controllato per risparmiare acqua o ottenere un miglioramento qualitativo dell’olio. Il grado di stress idrico che lasciamo sviluppare nell’albero non deve essere casuale ma, controllato per intensità e durata. Il risparmio di acqua che è possibile conseguire è compreso tra il 30 e il 50% rispetto ad un’irrigazione pianificata per assicurare il reintegro della quantità di acqua evapotraspirata. Le condizioni climatiche e le caratteristiche del terreno giocano un ruolo fondamentale nella progressione dello stress, per cui bisogna essere in grado di interpretare lo stato idrico dell’albero attraverso il monitoraggio di variabili climatiche, dell’umidità del suolo o di variabili misurate direttamente sulla pianta.
Ai fini del risparmio idrico e della quantità della produzione si è visto che spesso i risultati sono simili sia riducendo il volume di acqua somministrato solo in determinati stadi fenologici (nei rimanenti periodi si irriga in modo da restituire l’evapotraspirazione effettiva calcolata) che reintegrando solo una quota dell’evapotraspirazione effettiva per tutta la stagione irrigua. Dal punto di vista quantitativo i maggiori benefici produttivi per unità di acqua erogata si ottengono con modesti volumi idrici, per cui i maggiori ritorni economici dell’uso dell’acqua nell’oliveto si hanno passando dalla condizione in asciutto a gestione con modesti apporti come nel caso dell’irrigazione di soccorso. Aumentando la quantità di acqua erogata si ottengono degli incrementi produttivi via via più piccoli, per cui il ricavo marginale dell’irrigazione diventa decrescente. Il volume ottimale di acqua va determinato tenendo conto di variabili quali la varietà, la tipologia di impianto, le proprietà fisiche del suolo e l’andamento climatico stagionale.
Per quanto riguarda al qualità della produzione, vi è un generale accordo che l’acqua non influisce sulla composizione in acidi grassi, sull’acidità libera e sul numero di perossidi dell’olio. In climi molto caldi e ardi l’irrigazione sembra avere un effetto climatizzante che si può tradurre in un lieve aumento del contenuto in acido oleico dell’olio rispetto ad alberi non irrigati.
L’irrigazione tende a diminuire il contenuto in composti fenolici dell’olio. Tale effetto di diluizione non segue un andamento lineare ma presenta una zona di indifferenza o quasi, ove il contenuto non varia al variare del volume somministrato, ed un valore soglia oltre il quale si hanno differenze. I composti fenolici sono in gran parte responsabili delle proprietà antiossidanti dell’olio nonché del gusto amaro e piccante.
Meno noto è l’effetto che diversi regimi irrigui hanno sulla concentrazione di composti volatili ad impatto sensoriale. Prove recenti sulla cultivar. Leccino hanno evidenziato che l’irrigazione aumenta la presenza di alcune aldeidi e alcoli saturi e insaturi a 5 o 6 atomi di carbonio prodotti per effetto dell’attività della lipossigenasi durante l’estrazione dell’olio. Tali composti hanno impatto sensoriale e, in particolare, sono responsabili della sensazione di fruttato sia erbaceo che maturo. E’ interessante che tali concentrazioni erano indotte anche da regimi di irrigazione in deficit controllato che consentivano di differenziare nettamente il prodotto rispetto all’olio prodotto da olivi coltivati in asciutto.
Il lavoro di ricerca è soltanto agli inizi e questi risultati vanno verificati per altre cultivar e in diversi ambienti. Sicuramente è però possibile concludere che la disponibilità idrica nel suolo può modificare notevolmente alcune variabili qualitative dell’olio di notevole importanza sia a fini salutistici che sensoriali, per cui la gestione dell’irrigazione diventa uno degli strumenti più importanti nell’oliveto per perseguire obiettivi di elevata qualità e di diversificazione del prodotto.

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