L'arca olearia
Determinanti frangitura e stoccaggio per l'estrazione e la conservazione dell'oleocantale nell'olio d'oliva
Incrociando le ricerche provenienti da vari istituti di ricerca si possono fare scoperte sorprendenti. L'oleocantale, decantato per le sue virtù antinfiammatorie e per proteggere dal morbo di Alzheimer, ha una lunga vita, anche in bottiglia, ma a determinate condizioni
01 giugno 2013 | Alberto Grimelli
L'oleocantale è un composto le cui virtù sono state molto decantate negli ultimi mesi a seguito di una ricerca americana che lo paragonava, per efficacia antinfiammatoria e non solo, all'ibuprofene.
Anche se strutturalmente differenti, entrambe le molecole inibiscono i medesimi enzimi cicloossigenase (COX) nel processo della biosintesi delle prostaglandine.
I risultati raggiunti hanno testimoniato la possibilità che il consumo a lungo termine dell’oleocantale potrebbe aiutare a proteggere da alcune malattie grazie alla sua attività inibitoria di alcuni enzimi simile a quella dell’ibuprofene che è associato ad una riduzione del rischio di sviluppare alcuni tipi di cancro e dell’aggregazione delle piastrine nel sangue.
Se si assumono quotidianamente 50 g di olio extravergine di oliva che contengono fino a 200 µg per ml di oleocantale, quantitativo assorbito per il 50%-90%, allora questo corrisponderebbe ad un’assunzione di fino a 9 mg al giorno. Tale dose è relativamente bassa, corrispondendo a circa il 10% del dosaggio di ibuprofene raccomandato per gli adulti per la cessazione del dolore.
E' noto che l'oleocantale è direttamente correlato con la sensazione di piccante, ma meglio sarebbe dire bruciore, che si ha in gola.
La sensazione di piccante è, di solito, meno sgradita al consumatore rispetto a quella di amaro, ragion per cui è possibile, anche in ragione delle sue proprietà salutistiche, cercare di massimizzare il contenuto di oleocantale nell'olio di oliva.
Quando si parla dell'oleocantale ci si riferisce a un derivato del ligustroside, più precisamente la forma dialdeica di deacetossina – listroside aglicone (p-HPEA-EDA).
E' noto, Teatro Naturale se ne è già occupato, che tempo, temperatura e livello di ossigeno in fase di gramolazione possono influire sensibilmente sui livelli di polifenoli.
Meno noto che anche la frangitura, ovvero il sistema adottato e naturalmente lo stato di maturazione delle olive, possano influenzare i livelli dei derivati dell’oleuropeina e della demetilioleuropeina, oltre ai derivati del ligustroside quali il p-HPEA-EDA (oleocantale).
Secondo gli atti del progetto Riom del Cra (azione 2: innovazione della programmazione della raccolta e nell'estrazione per il miglioramento della qualità dell'olio), coordinato dal Prof. Servili, la responsabilità viene addossata all'attività enzimatica. Più precisamente i dati mostrerebbero come il ridotto trasferimento nelle paste di olive della perossidasi, presente nella mandorla, durante la fase di frangitura si traduca in una riduzione dell’ossidazione dei composti fenolici con maggior evidenza per i derivati dell’oleuropeina e del ligustroside che possono essere considerati substrati di elezione sia per la polifenolossidasi che per la perossidasi.

La particolare distribuzione delle attività enzimatiche endogene della drupa ad esempio, lascia intravedere quindi la possibilità di attivare gli enzimi endogeni del frutto in forma differenziata cercando di intervenire selettivamente, in fase di frangitura, sulle varie parti costitutive del frutto. In questo contesto il processo di denocciolatura riveste un ruolo importante per quanto riguarda
l’attivazione selettiva degli enzimi endogeni del frutto. Va però osservato come altre tipologie di frangitura, alternative al classico sistema a martelli, limitando il loro impatto di degradazione sui tegumenti della mandorla, possono in ogni caso rappresentare degli elementi di innovazione tecnologica. Infatti questi sistemi si basano sulla frangitura differenziale delle parti solide. In altre parole, consentono un’adeguata degradazione dei tegumenti relativi al mesocarpo senza comportare però un’eccessiva degradazione di quelli della mandorla.
Naturalmente, però, l'oleocantale ottenuto dall'estrazione va conservato e per capire quanto importante è l'estrazione ci viene in aiuto un'altra ricerca che ha appunto misurato la differenza di concentrazione di alcuni fenoli, tra cui l'oleocantale, in differenti condizioni di stoccaggio domestico.
Nel primo caso (T1) l'olio d'oliva è stato conservato al buio e protetto dall'ingresso di ossigeno (riempimento della spazio di testa con azoto), mentre nel secondo caso era conservato in una comune bottiglia chiara e con un tappo non a tenuta di gas (T2). In generale possiamo quindi affermare che la condizione uno era relativa al miglior stoccaggio possibile mentre la seconda era uno stoccaggio ordinario. Gli oli sono quindi stati analizzati dopo dieci mesi di conservazione. Il livello di oleocantale di partenza dell'olio utilizzato per la sperimentazione era di 90 mg/kg.
Una differenza significativa nella concentrazione oleocanthal stata osservata tra i diversi trattamenti.Nel caso della conservazione alla luce e all'aria il tenore di oleocantale si è ridotto del 37%, da 90 ± 13 mg / kg a 56 ± 9 mg / kg. Nel caso di stoccaggio protetto la diminuzione è stata del 15%, da 90 ± 13 mg / kg a 76 ± 9 mg / kg).
Anche l'attività biologica dell'oleocantale nelle differenti tesi ha rispecchiato i differenti livelli di concentrazione.
Bibliografia
Sara Cicerale, Xavier A. Conlan, Neil W. Barnett, Russell S.J. Keast, Storage of extra virgin olive oil and its effect on the biological activity and concentration of oleocanthal, Food Research International, Volume 50, Issue 2, March 2013, Pages 597-602
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