L'arca olearia
Produrre alta qualità con olivi secolari è possibile ma conviene davvero?
Non vi sono ostacoli tecnici o tecnologici per ottenere un extra vergine di eccellenza anche dai monumenti viventi. Si tratta di applicare conoscenze già acquisite nel 1946. Occorre però far di conto per studiare la strategia da adottare in azienda, altrimenti mantenere un oliveto secolare è certamente antieconomico
01 dicembre 2012 | Alberto Grimelli
E' possibile ottenere oli di grande qualità anche da olivi secolari.
L'Italia olivicola ha storia e tradizione e possiamo trovare olivi secolari, se non millenari, in varie regioni italiane. Da questi viene estratto extra vergine eccellente, rispondente non solo a stringenti parametri chimici ma anche organolettici.
E' indubbio che la coltivazione e la cura di un oliveto secolare presenta maggiori criticità rispetto a un oliveto intensivo e giovane.
Gli olivi secolari possono presentare problemi fitosanitari peculiari, come carie sul tronco, ma anche agronomici, ad esempio nella gestione della chioma e dell'equilibrio aereo-radicale, nonché relativi alla raccolta. Spesso la ceppaia è parzialmente scoperta, con formazione di abbondanti polloni, e maggiori difficoltà nella lavorazione intorno all'albero.
In generale la gestione di un oliveto secolare è più complicata, in quanto il sesto non è ben definito, le piante sono difficilmente ben allineate, con conseguenti maggiori oneri per concimazioni, che andranno effettuate localizzate, e gestione del terreno.
Naturalmente tutte queste criticità, soprattutto comunque nei riguardi di potatura e raccolta, generano un innalzamento dei costi di produzione, a meno di non abbassarli drasticamente con operazioni che però risultano controproducenti nel medio-lungo periodo.
Gli olivi secolari, specie al sud, sono spesso rappresentati da varietà piuttosto vigorose con portamento assurgente. Si tratta di cultivar che, nel 1946, il Prof. Marinucci definiva di “razza rustica”. Già allora era in uso commettere i due errori che, anche oggi, ritroviamo più frequentemente nelle campagne, ovvero gli olivi dal “deprecato aspetto di candelabro” e quelli acefali. Nel primo caso si tratta di olivi che subiscono una potatura minima, senza interventi sui germogli vigorosi e assurgenti, col risultato di far alzare la pianta, rendendola progressivamente più spoglia nelle parti basse. Nel medio periodo, 5-6 anni, sarà necessario però operare con tagli di ritorno drastici con conseguente lunghe attese prima del ritorno in produzione. Nel secondo caso di “castigare” il portamento assurgente dell'albero con frequenti interventi di cimatura e, per temperare la vigoria, accentuare l'allungamento delle sottobranche laterali fino ad ottenere quelli che sono stati definiti dal Prof. Marinucci “serpentoni” e “colli d'oca”. In questo caso si ottiene certamente il contenimento dell'altezza ma si irrobustiscono tanto le sottobranche laterali da avere un disequilibrio tra legno e foglia, ovvero un eccesso di legno rispetto alla quantità di chioma fruttifera. Anche in questo caso saranno necessari tagli di ritorno che faranno perdere anni di produzione. La soluzione la dettava già il Prof. Marinucci nel 1946: “negli olivi di razza semirustica o rustica, la branchetta fruttifera, avendo posizione pressochè eretta, è costituita da un insieme di ramoscelli più o meno dritti. Basta togliere il germoglio centrale. Operando in tal modo il ramoscello non si può allungare, come sarebbe loro tendenza, e si evita che si formi il palo.”
Altro aspetto critico riguarda la raccolta, anche se strettamente correlato con la potatura. In alberi “a candelabro” risulta impossibile qualsiasi raccolta meccanica perchè l'altezza, oltre i 6 metri, risulta spesso fattore limitante nella propagazione di una vibrazione atta a far cadere le olive. Ovviamente risulta anche impraticabile la raccolta, oltre la citata misura, con bacchiatrici portate da trattori e/o escavatori. Infatti, sebbene esistano bracci che raggiungano altezze anche superiori, la manovrabilità della bacchiatrice all'interno di chiome così alte è difficile e complessa, richiedendo molta abilità da parte dell'operatore per evitare danni. Impensabile invece la raccolta tramite gli agevolatori. Negli olivi acefali non sussiste il problema dell'altezza ma i “colli d'oca” sono anch'essi fattori limitanti la propagazione della vibrazione. Il legno abbondante e robusto, inoltre, fa sì che spesso le asticelle delle bacchiatrici si rompano, obbligando a onerosi stop. Una soluzione spesso praticata risulta ancora la raccolta da terra delle olive, magari più volte alla settimana, attraverso scopatura.
Ovviamente, attraverso la raccolta da terra, non si ottiene olio di alta qualità ma un buon vergine, più spesso un “lampantino”, che spuntano prezzi inferiori rispetto a un extra vergine standard.
Con una potatura adeguata, è possibile, anche su piante secolari, operare con vibratori sulle branche o con macchine bacchiatrici con ottimi risultati, ovvero con rese di raccolta al 70-75%, ottenendo un olio extra vergine di oliva di alta qualità.
Ma quale delle due strade conviene maggiormente? Facciamo qualche conto immaginando un oliveto secolare con 100 piante in un ettaro e una produzione media a pianta di 75 kg di olive. Resa media del 15%. I costi di gestione del terreno, fitosanitari e d'altra natura sono forfettariamente calcolati in 1000 euro all'anno per il modello tradizionale e in 1250 euro per il modello evoluto, una maggiorazione soprattutto dovuta a un incremento degli oneri di frangitura.
Modello tradizionale
Potatura con motosega ogni 5 anni (150 ore ogni cinque anni) al costo di 2500 euro ad ettaro. Costo di raccolta mediante scopatura manuale due volte alla settimana per tre settimane, due persone impiegate per complessive 200 ore lavorate: 2000 euro.
Si avrà così un turno produttivo di tre anni reali ogni cinque anni, ovvero i due anni successivi alla potatura non ci sarà produzione. Tre anni di produzione a una media di 75 kg/pianta corrispondono a 225 kg/olive a pianta in cinque anni. Sull'ettaro considerato si avrà una produzione d'olio pari a 3375 kg.
A un prezzo medio di acquisto di quest'olio di 2 euro/kg si avrà così un fatturato di 6750 euro.
I costi di produzione complessivi nei cinque anni invece ammontano a: 2500 euro di potatura, 6000 euro di raccolta (2000 euro/anno per 3 anni), 5000 euro (1000 euro/anno di altri costi), per un totale di 13500 euro.
Mantenere un oliveto secolare in queste condizioni genera insomma una perdita 6750 euro, pari a più di 1000 euro/anno.
Modello evoluto
Potatura con motosega e rifinitura con turno biennale per un totale di 200 ore ogni cinque anni = 4000 euro. Raccolta meccanica con bacchiatore (efficienza al 70%) per un tempo medio di raccolta di 15 minuti a pianta = 1500 euro. Scopatura delle olive a terra una volta all'anno = 500 euro.
Si avrà, in questo caso, una produzione abbastanza costante tutti gli anni pari a 75 Kg/pianta per un totale nei 5 anni di 375 Kg/pianta. Nell'ettaro considerato si avrà una produzione d'olio di 5625 kg.
A un prezzo medio d'acquisto del 70% della produzione di extra vergine (3937 Kg) a 2,5 euro/kg e di 2 euro/kg per i restanti 1688 kg si avrà un fatturato di 13218 euro.
I costi di produzione complessivi ammonteranno a: 4000 euro di potatura, 10000 euro di raccolta (2000 euro per cinque anni), 6250 euro (1250 euro/anno di altri costi) per un totale di 20250 euro.
Mantenere un oliveto secolare in queste condizioni genera insomma una perdita 7032 euro, assolutamente confrontabile con il dato precedente.
Qual'è dunque la differenza tra i due modelli? All'apparenza solo che il modello evoluto genera maggiore lavoro e oneri per l'olivicoltore ma è altrettanto vero che non offre prospettive. Difficile infatti pensare che la quotazione per un olio vergine o un lampantino possa incrementare, visto che la destinazione commerciale non valorizza certamente tale tipologia di produzione.
Nel caso del modello evoluto, invece, possiamo ipotizzare uno scenario di valorizzazione dell'extra vergine d'eccellenza da olivi secolari, con un premio di prezzo che lo porti a 4,5 euro/kg. Si avrebbe così un fatturato di 21092 euro.
L'ovvia conclusione di questa breve e sintetica analisi, che non vuole essere uno studio dei costi di produzione di un oliveto secolare ma solo offrire uno sguardo di scenario, è che, agli attuali prezzi di mercato, mantenere un oliveto secolare è antieconomico ma che, spuntando un premio di prezzo accettabile, che porti l'olio a scaffale a 8 euro/litro, anche gli oliveti secolari potrebbero trovare una loro ragion d'essere, continuando ad esercitare il loro incredibile fascino e raccontando la loro storia.
Stefano Polacchi
01 dicembre 2012 ore 17:05Bella analisi. Un approccio che dovrebbe servire per tutto il settlre oliivicolo. Il problema alta qualitá e il corrispondente prezzo dell'olio. Unito anche a una differenziazione del reddito con olive da mensa di vario tipo e con il riuso degli scarti in operazioni legate al wellfare e all'estetica. Come dire: gli oliveti millenari ancora insegnano qualcosa... E indicano una strada!