L'arca olearia
Una montagna di olive senza semi. La partenocarpia può incrementare la produttività dell'olivo?
In quest'annata di forti stress ambientali è stato più usuale trovarsi di fronte a olivi pieni di frutti non fecondati, dalle piccolissime dimensioni e con un accrescimento ridotto
08 settembre 2012 | Alberto Grimelli
Anche l'olivo può avere frutti partenocarpici, ovvero olive non fecondate, senza semi, ma che, almeno nelle prime fasi, si sviluppano come frutti normali.
La differenza tra frutti partenocarpici e frutti fecondati si nota soprattutto in fase avanzata di sviluppo, a causa delle significative differenze dimensionali. Già nella fase di post allegagione però il fenomeno è accertabile, attraverso semplici indagini. Innanzitutto una percentuale di frutti sviluppati per infiorescenza molto elevata, fino al 100%, è un buon indicatore ma la verifica diretta sulla presenza del seme potrà darci la conferma.
I frutti partenocarpici si sviluppano quando la pianta è in forti condizioni di stress, con una produzione elevata di auxina (ormone vegetale), che può indurre lo sviluppo dell'ovario anche senza fecondazione, dando così luogo al frutto partenocarpico.
Da sottolineare che, a parità di peso, la polpa del frutto partenocarpico contiene la stessa quantità di olio di un frutto fecondato.
La partenocarpia è un processo naturale che, in ragione delle specie e delle varietà, è più o meno sviluppato ed è anche stato sfruttato in agricoltura per produrre frutta e verdura senza semi.
Due le strade seguite: con metodiche chimiche, spruzzando il fiore con fito-ormoni che stimolano lo sviluppo del frutto e che sono normalmente prodotti dall’ovulo fecondato, oppure selezionando geneticamente varietà partenocarpiche.
Varietà partenocarpiche sono state isolate in numerose specie. Purtroppo la partenocarpia tradizionale è frequentemente associata ad altri geni, e quindi ad altri caratteri che influenzano negativamente la produzione.
Il miglioramento genetico ha consentito, però, lo sviluppo di varietà partenocarpiche attraverso l'inserimento di un gene chimerico, perchè ottenuto da un gene batterico e da uno della Bocca di Leone, in diverse specie orticole tra cui melanzana, pomodoro, melone, fragola, lampone, radicchio. Vi sono varietà partenocarpiche anche in frutticoltura nell'uva, nei fichi, nei kaki, negli agrumi.
E' possibile un simile percorso anche per l'olivo?
“Tecnicamente è possibile – ci spiega il Prof. Eddo Rugini dell'Università della Tuscia – ma il problema è che nell'olivo non è il mesocarpo (ndr la polpa) a produrre gli ormoni necessari al suo sviluppo ma il seme. L'unica possibilità è quindi trovare o specie affini partenocarpiche da incrociare con olivo, ma non me ne risultano, oppure procedere all'inserimento di un gene chimerico perchè sia il mesocarpo a produrre gli ormoni necessari al suo sviluppo. Una strada che ho tentato qualche anno fa ma un problema tecnico ha impedito la prosecuzione della sperimentazione. Sarebbe interessante se qualche altro ricercatore volesse intraprendere questa strada, ben conscio dei problemi a cui andrebbe incontro e che sono tutti da valutare. L'olivo, solo a titolo di esempio, ha un numero molto elevato di fiori. Se tutti sviluppassero frutti partenocarpici si potrebbero generare degli scompensi.”
Foto di Luciano Scarselli, presidente Ascoe.
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