L'arca olearia
Aiuto, stanno scomparendo i veri extra vergini dal fruttato leggero!
Gli oli muscolari non fanno bene al comparto oleario. E’ in atto, purtroppo, una sorta di rivoluzione che non gioverà alla vera anima espressiva degli oli tipici di alcune aree storiche del nostro Paese. L’atto di denuncia viene dal presidente del Consorzio di Tutela Dop Garda, ma riguarda anche altre zone di produzione, come per esempio la Dop Riviera Ligure
09 giugno 2012 | Andrea Bertazzi, Luigi Caricato
Questa volta si parla di oli in maniera diversa, affrontando questioni che non sono affatto marginali. Pensate per esempio ai vari concorsi oleari. Avete notato che nella categoria dei fruttati leggeri sono pesantemente penalizzati gli oli dal fruttato leggero, i classici extra vergini del nord, piacevolmente delicati, fini, eleganti, con profumi che catturano ma che non sono così ruffiani da farsi troppo notare?
Tutto ciò è frutto di un errore di prospettiva. E’ una mancanza di professionalità, per certi versi.
Si tende a privilegiare gli oli più fruttati, con note amare e piccanti più marcate, seppure rientranti nella categoria dei frutati leggeri. Segno evidente che un problema reale esiste, quando notiamo che molti produttori per non stare fuori dal giro preferiscono adeguarsi ai condizionamenti dlele mode e optare per oli che di fatto non rappresentano il territorio.
Pensate al garda, alla Riviera Ligure, ma anche agli oli della Dop Laghi Lombardi, come pure ad altri oli delicati, dai profumi tenui, seppure puliti e freschi.
E’ un grave errore, a testimonianza di come si vogliano condizionare i gusti dei consumatori, anche se in tutta onestà nutro grandi dubbi sul fatto di condizionare il consumatore, il quale, sappiamo bene, tende a privilegiare gli oli “dolci”, poco fruttati.
Non sarebbe il caso di affrontare tale questione con maggiore attenzione?
Non sarebbe il caso di invertire la rotta e sensibilizzare i nasi degli assaggiatori spingedoli a scoprire la bontà degli oli delicati senza dover preferire – solo per un condizionamento ionvolontario – gli oli dal fruttatto leggero tendenti al medio?
Riflettiamoci, nel frattempo, ecco quanto scrive in merito il presidente dell’olio Dop Garda, Andrea Bertazzi. Lo stesso vale per gli altri oli citati. Si tratta di un vero e proprio appello. Cercate di coglierlo in tutta la sua evidente urgenza.
Salviamo l’identità originaria degli oli gardesani
di Andrea Bertazzi
La questione non è da sottovalutare. Parto dunque da una serie di interrogativi.
Cosa è l’olio del Garda oggi?
Cos’ha di così particolare da renderlo unico rispetto ad altri oli?
E ancora: alla luce del presente, quale strada si intende percorrere per andare incontro al futuro?
E infine: abbiamo davvero le idee chiare intorno all’identità e tipicità del nostro olio?
Siete pronti a rispondere? La questione è tutt’altro che secondaria.
In quest’ultimo periodo parlando con alcuni produttori ed esperti assaggiatori ho l’impressione che vi sia la tendenza e la volontà di produrre un olio del Garda dalle caratteristiche olfative e gustative molto intense, conseguenza di un’anticipazione della raccolta delle olive, forse un po’ eccessiva rispetto alla media e alle consuetudini gardesane.
Certo, sappiamo benissimo che l’andamento climatico è variato, e così i tempi di raccolta delle olive, oggi in anticipo rispetto al passato. Nel contempo si sta prestando maggiore attenzione alle varietà di olive precoci. L’intenzione è produrre oli più longevi, dalla carica aromatica e gustativa più netta. Cosa dire? Tutto ciò è di sicuro un bene!
Attenzione, però. L’impressione è che per volersi differenziare da altri oli del Garda, si voglia anticipare di molto la raccolta allo scopo di produrre oli dai sentori più marcati, forse anche troppo! E’ giusto? Il fatto è che questa tendenza porta i nostri oli ad assomigliare sempre più a quelli di altre zone d’Italia, snaturando così un po’ di tipicità caratteristica dell’olio del Garda, finora unico nel suo genere per equilibrio, delicatezza e versatilità nel largo impiego in cucina, dall’antipasto al dolce.
Complice di tale tendenza è la linea dettata dai concorsi oleari, in cui spesso a essere premiati sono gli oli dall’intensità medio-alta. E così, anche nel caso dei fruttati leggeri, vince il fruttato leggero più intenso, a scapito dunque degli oli più delicati. A questo punto mi chiedo come possa rispondere il mercato e cosa sceglierà il consumatore quando deve abbinare l’olio a tutti i cibi? Quale olio piacerà di più? Siamo proprio sicuri che l’olio da concorso sia quello preferito dal mercato e che che piace di più?
Le domande mi sorgono spontanee: sapore intenso e forte è anche sinonimo di olio migliore? Spostiamo la questione sul piano pratico: l’abbinamento pesce di lago con olio del Garda, la più azzeccata per la delicatezza degli oli, può funzionare se l’olio non è più delicato? E allora la domanda che pongo è se un olio da concorso possa realmente piacere a un consumatore rispetto a un classico olio gardesano dal fruttato leggero e delicato. Che ne dite?
Faccio un esempio che prende spunto dal vino.
Sappiamo tutti come non sia possibile bere sempre vini corposi e strutturati, anche se molto buoni. Tali vini non è possibile abbinarli a tutti i cibi, anche perché la gran parte delle persone li preferisce più equilibrati, da pasteggiare tutti i giorni. Non è dunque vero che i vini migliori siano sempre i più corposi e validi in abbinamento a tutti i cibi.
So già che leggendo queste mie riflessioni sarò soggetto a critiche da parte di alcuni tra voi, ma è anche nostro compito riflettere e confrontarsi su simili argomenti. Non intendo entrare nel merito delle scelte aziendali. Ciascuno di voi conosce bene il proprio lavoro, e la tipologia di clientela, ma ciononostante credo sia fondamentale mantenere una linea comune che identifichi l’olio del Garda senza ambire troppo al concetto del “mio olio migliore degli altri”, uscendo di conseguenza troppo da quella linea che caratterizza e differenzia gli oli gardesani dagli altri. Deve esserci sempre un limite e un equilibrio, io credo, per non cadere nell’esagerazione e nella perdita della tipicità. E’ compito nostro come Consorzio, ma anche di tutti i produttori, difendere l’unicità dell’olio del Garda, migliorandone sempre la qualità, ma senza perderne l’identità originaria. E ricordiamoci infine che certe tendenze e mode possono senz’altro funzionare, per un certo periodo, ma poi inevitabilmente si torna sempre al profilo sensoriale originario. Che ne dite?

Potrebbero interessarti
L'arca olearia
Il rame da solo non basta contro la mosca dell’olivo

Non serve un’alta dose di rame per contrastare la mosca dell’olivo. Un dosaggio molto più basso, abbinato a trattamenti con particelle di silicato, può ridurre significativamente le infestazioni di Bactrocera oleae
03 luglio 2025 | 14:00
L'arca olearia
L’influenza sulla fenologia dell’olivo della varietà, della località e dell’interazione genotipo-ambiente

La data di maturazione delle olive non è uniforme all'interno della chioma dell'albero: i rami esposti a nord e a ovest maturavano più tardi rispetto a quelli esposti a sud e a est. Il risveglio dalla dormienza è stato precoce nei rami esposti a sud e a est
02 luglio 2025 | 16:00
L'arca olearia
La maturazione delle olive post raccolta: conservarle a 4 °C se non si riesce a frangerle entro le 24 ore

La conservazione al freddo delle olive può ridurne efficacemente il tasso di respirazione, ritardare la maturazione post-raccolta e inibire le reazioni di ossidazione e la crescita microbica
02 luglio 2025 | 14:00
L'arca olearia
Il selenio per l’olivo è utile contro gli stress ambientali

Il selenio non ha provocato alterazioni nella produzione delle olive e nella qualità dell'olio d'oliva, ma ha dimostrato un'azione antiossidante e pro-ossidante dose-dipendente nell’olivo
01 luglio 2025 | 16:00
L'arca olearia
Ecoschema 3 per l'olivo: diminuiscono le domande di adesione

L’Ecoschema 3 prevede un contributo per ogni ettaro di Superficie Agricola Utilizzata coltivata a olivo, pari a 220,00 euro/ha. Ma troppa burocrazia e impegni agronomici stringenti fanno diminuire le domande del 17%
30 giugno 2025 | 16:00
L'arca olearia
La struttura della chioma dell’olivo e l’influenza sulla produttività

Architettura della chioma e caratteristiche di fruttificazione dell’olivo sono fondamentali per ottenere una buona produttività. Il problema dell’invecchiamento fisiologico precoce della chioma a causa dell'eccessivo ombreggiamento
30 giugno 2025 | 12:00
Commenta la notizia
Per commentare gli articoli è necessario essere registrati
Accedi o Registratigiovanni breccolenti
12 giugno 2012 ore 10:45Sig. Pierantoni, io direi che bisogna ricercare la giusta combinazione tra contenuti di sost aromatiche e sostanze polifenoliche.Se è importante la fase edonistica lo è altrettanto la la fase salutistica che dipende soprattutto da quest'ultime sostanze.Se è vero che raccogliere troppo presto squilibria l'olio troppo verso la fase polifenolica anche raccogliere quando l'invaiatura superficiale è completa porta a un impoverimento di tutte e due le fasi.Benchè ogni varietà ha un suo optimum (intendendo per optimum alta carica polifenolica e aromatica)per quel che riguarda l'epoca di raccolta,nella maggiorparte dei casi si puo' dire che questo avviene prima che l'invaiatura superficiale superi il 50% in alcuni casi anche sotto il 20% soprattutto per le varietà(frantoio coroncina coratina ecc.)che invaiano molto tardi.Comunque vorrei ricordare che la carica aromatica è strettamente legata anche alle importantissime fasi della frangitura,della gramolatura e delle temperature in cui si opera e non ultimo dai tipi di decanter.
Vincenzo Lo Scalzo
12 giugno 2012 ore 10:07Anch'io mi scuso, e ringrazio per la testimonianza e la fedele sperimentazione di un processo ben lungi dall'essere definito, cioè l'intero meccanismo chimico-organico che si accompagna alla maturazione di ciascuna specie di cultivar e del suo rapporto con la qualità gastronomica all'unico test disponibile, l'assaggio d'esperto.
Proprio sulla complessità e difficoltà di trarne con le classifiche informazioni obiettive e ripetibili intendevo richiamare l'attenzione e additare l'interesse alla sua proposta d'intervento nella configurazione della scala dei valori.
Concordo pertanto sulle sue osservazioni e sui suggerimenti di correzione alla presentazione dei risultati di un test che - seppure sia posto spesso in discussione - resta comunque un riferimento di giudizio di un panel di esperti, il cui valore entra nell'educazione e formazione al gusto del consumatore, ma che non può pretendere di acquisire la verità scientifica dell'osservazione.
E' un indice importante di parere di un gruppo esperto e correttamente selezionato per esprimere il parere di una classificazione di bontà gastronomica resa su un campione appropriatamente selezionato secondo io criteri della metodologia definita al meglio delle conoscenze. Per concetto di criterio di qualità in continua fase evolutiva, la sua revisione dovrebbe essere concordemente accettabile, registrata e messa a confronto pubblico sul mercato.
Troveremo, nell'accompagnamento di una informazione di parte come per i vini, tanti esempi di oli "meno omologati e maggior piacere nel gustarli" e impareremo anche a verificarne le variazione della lenta variazione nel percorso della conservazione o la sorpresa di una stabile presenza dei poù piacevoli aromi di gradimento.
Roberto Pierantoni
12 giugno 2012 ore 08:38Mi scuso se intervengo ancora sull'argomento, ma forse la brevità della mia precedente nota non ha esaurientemente descritto ciò che volevo esprimere. Il Sig. Lo Scalzo ha ragione quando parla di vini, ma debbo chiarire che parlando di oli extravergini la questione è un po più complessa. Il contenuto di polifenoli non è per se stesso un fattore che modifica le caratteristiche organolettiche dell'olio, lo è quando la ricerca del massimo contenuto degli stessi fa si che le olibve vengano raccolte ad un grado di maturazione non ancora completo, fatto che modifica le caratteristiche organolettiche accentuando i sentori di piccante e di amaro, oltretutto non permettendo il completo sviluppo delle caratteristiche aromatiche delle varie cultivar. Ciò che affermo deriva da una ormai ventennale esperienza di assaggiatore e di sperimentazione scientifica nel campo degli oli di oliva. Anni fa sperimentammo appunto la variazione della composizione chimica degli oli provenienti dalle stesse cultivar ma raccolte in tempi diversi ed effettuammo contemporaneamente l'analisi sensoriale degli stessi. Il risultato di tale lavoro fu che gli oli cambiano sostanzialmente composizione chimica in base al periodo di raccolta delle olive da cui provengono ( e la cosa era a mio avviso scontata) ma ciò che più apparve nell'immediatezza fu la marcata differenza delle caratteristiche organolettiche, tali in qualche caso da spiazzare completamente gli assaggiatori sulla varietà delle olive da cui proveniva l'olio, pur essendo le stesse raccolte nello stesso luogo ma in tempi diversi. In definitiva ciò che voglio rimarcare è che andrebbero ricercate più le caratteristiche arometiche peculiari per ciascuna cultivar più del contenuto di antiossidanti, stante che l'olio non è certo atto all'invecchiamento perche le sue caratteristiche peggiorano con il passare del tempo, contrariamente ad alcuni vini che invece esaltano le proprie caratteristiche organolettiche. Avremmo così oli meno omologati e maggior piacere nel gustarli.
Vincenzo Lo Scalzo
11 giugno 2012 ore 14:46Mi arrogo di pensare che il contenuto di "polifenoli" - nei limiti della sua presenza nelle olive - non possa essere direttamente correlabile scientificamente per ora con le caratteristiche aromatiche degli oli, come è con difficoltà correlabile con le caratteristiche dei "policiani" nel vino in cui - dalla interpretazione della funzione apparente correlata alla maturazione/affinazione delle caratteristiche di gusto "in cantina" a piena maturità e pertanto alla qualità in funzione d'invecchiamento positivo dei gran crus italiani (sono un allievo e autore dei testi delle lezioni del prof Fusco, Uni MI, Chimica eterociclica, anni '50 e gustatore di vini "antichi") - la correlabilità scientifica è quella della lenta decomposizione fino a scomparsa dei policiani durante l'invecchiamento come stabilizzanti di conservazione dell'armonia del sapore. La complessa degradabilità dei polifenoli con l'invecchiamento, poichè di per sè hanno una missione di stabilizzanti chimici sia al calore che alla luce dei prodotti che li contengono, proteggendo così lo stesso prodotto dagli effetti di una demolizione dei principi costituenti più importanti.
Il colore ne denuncia spesso la progressiva diminuzione di concentrazione, come altrettanto lo sviluppo di volatili o di derivati ossidati oltre che - negli oli - di transesterificazioni o transeterificazioni in parte ritracciabili.
Nell'olio, la durata effimera da pochi giorni a poche settimane di schietta fragranza degli aromi, piccante compreso, forse in funzione della conservazione soprattutto alla luce e alla temperatura, mi fa pensare più che alla dipendenza dalla presenza di pesi alti molecolari, sia la presenza di composti a più elevata volatilità e instabilità che ritengo possa essere più tipica di cultivar che delle condizioni ambientali di maturazione in pianta.
Se la chimica naturale è ricca di complessità non tutte ancora inquadrate in modelli ripetibili anche sinteticamente, la chimica dei sapori e dei suoi odori-sentori-sensibili lo è ancor di più e risponde a piaceri che sono individuali, pertanto non sempre descrivibili con ricchezza di definizione oggettiva conseguita dopo secoli nei vini.
L'ipotesi di Pierantoni sulle segnalazioni di sentori "difetto" o "positivi" è pertanto ammissibile, e le tendenze di valori del "gusto" e della "qualità gastronomica" di prodotto alimentare sono soggette a effetti di sensibilità genetica personale, derivante dal percorso di formazione e dalle condizioni ambientali di territorio e gruppo etnico...
In sintesi la semplificazione ed il miglioramento dei suggerimenti di conservazione in "qualità" della tipicità di ogni olio merita la esemplificazione positiva nella descrizione.
Non serve il "dileggio" dell'olio giunto a stabilità di maturazione e appannamento delle caratteristiche di freschezza, per stabilire la verità di un olio di oliva, meglio se extravergine, di un territorio.
Roberto Pierantoni
11 giugno 2012 ore 08:56Purtroppo negli ultimi dieci anni la tendenza alla raccolta precoce e verso oli ad alto contenuto di polifenoli ha stravolto completamente le caratteristiche aromatiche degli oli. Si dovrebbe invece valorizzare le caratteristiche aromatiche peculiari di ciascuna cultivar, in modo che il consumatore sia in grado di apprezzarne le caratteristiche. Andrebbero modificate anche le schede di assaggio affinche caratteristiche di amaro e piccante non proprie delle varie cultivar siano segnalate come difetto e non come caratteristiche positive come avviene oggi.
Vincenzo Lo Scalzo
09 giugno 2012 ore 10:03Sarò forse il primo ad esprimere il proprio modello di gusto: trattandosi di un olio - del Garda - che conosco dall'infanzia e mi ha a lungo accompagnato nella formazione e compiacimento della sensibilità sensoriale personale, condivido amichevolmente le perplessità di Luigi e dell'amico Bertazzi.
Devo riconoscere che l'apprezzamento di incredibili sentori di piccantino e di altre recenti proprietà naturali e ricercate dai coltivatori stupisce per l'arco di sfumature e di incontri sensoriali, ma l'accoppiamento ideale resta quello gentile ed armonico del Garda prima della gelata, raramente riscontrabile dopo la nefanda stagione dei decenni scorsi.
L'ho riscoperta nell'imperiese, armonicamente conservata nella natural taggiasca, che frequento altrettanto da vicino e a cui mi riscopro all'acquisto in Riviera Azzurra delle sue presentazioni commerciali più tradizionali e fortunatamente accessibili.
Sì, la cucina di pesce da acque dolci e da acque azzurre salate ne soffrirebbe, se il pesce avesse poche ore d'allevamento e solo stagioni di crescita libera...
La verità dei sapori è intrinseca: dallo tsen del riso a quello per un pesce crudo. E' l'essenza della gastronomia orientale, la prossimità al sapore assoluto, platonico, ideale della sua sostanza...
Comunque sia, è ancora l'extravergine uno dei condimenti più fedeli a se stesso... Segue l'agresto grasso d'oca o di anatra, per delicatezza ed armonia con la natura gentile... ed il piacere dei sensi! Ciascuno ha diritto a gratificare ed amare il proprio gusto, o no?
giovanni breccolenti
09 giugno 2012 ore 09:47Il punto è di stabilire che cos' è il fruttato leggero.Per il regolamento 640/08 il fruttato leggero ai fini dell’etichettatura è un olio con un punteggio della mediana inferiore a tre nella scala di valutazione che va da 0 a 10.Cioè se io nella mia valutazione do’ un punteggio di tre è gia’ medio.
Ora mi vorrei soffermare su due parole fondamentali che ha detto Caricato: olio pulito e fresco.Io sono anni che esperimento nei frantoi con tante varietà,che faccio prove di epoche di raccolta,di temperature e di tempi di gramolazione, che assaggio e catalogo tutti gli oli di piu’ varietà possibili nelle differenti epoche.La cosa certa è che quando si riesce ad ottenere un olio pulito e fresco,cioè un olio ottenuto da olive sane non stramature, ottimizzando tutte le fasi del suo ottenimento, raramente io avro’ un fruttato inferiore a tre,anzi inferiore a quattro a prescindere dalla varietà.Quindi alla fine in un concorso ci ritroveremo con una gran massa di oli nel medio e nel leggero succede che andranno a finire oli meno convincenti e meno freschi.Basterebbe allora considerare un "olio leggero" uno con un fruttato uguale o inferiore a 4,medio fino a 6 e intenso sopra 6.
La questione di oli poco amari e piccanti cioè con pochi polifenoli.Posso tranquillamente affermare che da olive sane raccolte anche con un’invaiatura totale superficiale (ne’ secche ne gelate),ovviamente sempre rispettando tempi di lavorazioni e tutte le fasi di raccolta e immagazzinamento,si ottengono oli con un bel grado di amaro e piccante e con fruttati sicuramente superiori a 3.Quindi se a qualcuno piace nel pesce un olio anonimo e poco fruttato,basta ritirare fuori un olio datato(che comunque era fresco e pulito in partenza), in cui si sono spente le tre caratteristiche principali(fruttato amaro e piccante) dell’olio e il gioco è fatto.Io comunque nel pesce preferisco un olio pulito fresco giustamente amaro e piccante,magari con un fruttato non intenso
Vincenzo Lo Scalzo
12 giugno 2012 ore 13:52Grazie, riesco a mettere importanti puntini sulle ii delle mie distratte conoscenze sulle scoperte degli studi delle specifiche correlazioni, tra proprietà organolettiche, salutari e gastronomiche, e ne faccio tesoro!