L'arca olearia 21/04/2012

L'olio italiano non è taroccato. E' taroccata l'informazione

L'olio italiano non è taroccato. E' taroccata l'informazione

Una delegazione di esperti nostrani a Pechino tranquillizza il popolo cinese. Da noi si lavora bene, c'è un comparto virtuoso e controlli preventivi efficaci. Ciò che manca, è la capacità di comunicare correttamente e di educare nel contempo il consumatore. I retroscena di un finto scandalo che ha messo in ginocchio il Paese


Continueremo sempre a farci del male. Garantito. Lo scorso 12 aprile si è dovuto ricorrere a una mirata campagna educativa per restituire la dignità perduta al comparto oleario italiano. La storia è nota. All’inizio del grande equivoco l’articolo di paolo berizzi sul quotidiano “la Repubblica”. Pubblicato in dicembre, a distanza di mesi ancora crea seri problemi sui mercati internazionali. Per fortuna che in Italia l’articolo sia passato inosservato, senza strascichi. Forse siamo abituati al sensazionalismo e ci abbiamo fatto il callo.

In Cina, invece, il messaggio che è passato è che l’olio italiano sia in quanto tale una grossa fregatura. Non ci si fida più. Un vero paradosso, vero? Per questo l’Ambasciata d’Italia nella Repubblica Popolare Cinese ci ha tenuto a organizzare un incontro rivolto a giornalisti e buyer. Io c’ero, e vi assicuro che non è stato divertente. Doversi giustificare con i cinesi l’ho trovato piuttosto umiliante. Non è stato facile tranquillizzarli. Ripetevano tutti le stesse domande. Non comprendevano in particolare che il nostro insistere nell’esercitare continui controlli non sia il segno di un problema reale, ma di un atto di pura prevenzione e vigilanza.

Il consigliere dell’Ambasciata, Livio Spadavecchia, ha sostenuto che in Cina il tema della sicurezza alimentare è molto sentito. C’è grande sensibilità e apprensione al riguardo, sia da parte dei consumatori che in particolare delle associazioni che li rappresentano. L’articolo scatenante, quello di paolo berizzi, ha creato una sorta di corto circuito. E ad aver istigato la diffidenza verso le nostre aziende, è stata la concomitanza di uno scandalo che aveva preso corpo in novembre in Cina, proprio qualche settimana prima dell’inchiesta apparsa sul quotidiano “la Repubblica”. Si era verificato per l'esattezza un problema legato a riutilizzo degli oli esausti nei ristoranti, e da qui dunque l’associazione - un po' forzata, per la verità - tra l'olio esausto e l'olio italiano. Il danno è stato immediato e terribile nei suoi sviluppi.

Non è stato un periodo facile, perfino la gente comune, l’uomo della strada, ha iniziato a diffidare degli oli italiani. Un vero peccato, visto che le attenzioni verso l’ampia gamma degli oli di oliva si sta ogni volta sempre più estendendo. E' diventato ormai una moda l'olio da olive, basta osservare alcuni supermercati, ma è la Spagna, non l’Italia, a dominare potentemente la scena in Cina. Il nostro Paese è secondo, in termini di importanza e di volumi esportati. Solo che ora, a partire da questo scandalo autoprodotto, la situazione operativa non è tra le migliori. Alcune aziende, di varie dimensioni, erano presenti all'incontro organizzato dalla nostra Amasciata, e hanno al termine avuto anche incontri dettagliati, di natura commerciale. In conseguenza di quanto è accaduto non c'è da stare allegri. Avere qualche motivo di preoccupazione è più che comprensibile e inevitabile. Eppure, assicura il colonnello della Guardia di Finanza Massimo Grillo, di stanza a Pechino, in Ambascita, non si è registrato alcun problema reale. Paradossalmente, nei container che erano stati bloccati in dogana per controlli all'indomani dell'uscita dell'articolo, non si sono presentati problemi. E' stato solo un falso allarme.

All’incontro che si è svolto a Pechino lo scorso 19 aprile, il professor Lanfranco Conte ha messo giustamente in luce l’importante ruolo che ha esercitato fino ad oggi l’Italia sul fronte dei controlli. Il 95% dei metodi di analisi – va ben ricordato – sono stati sviluppati dal nostro Paese, e in tanti sono venuti da noi, nel corso dei vari decenni, e da vari Paesi, per apprendere i criteri e gli approcci operativi, mutuando dai nostri modelli ormai più che collaudati; e tuttavia, nonostante ciò, nonostante tale nostro atteggiamento virtuoso, oggi finiamo per essere al centro dei riflettori con una immagine negativa e con zone d'ombre non del tutto dissipate, visto che si insiste sul fronte del sensazionalismo. L'immagiune è stata compromessa e ora è tempo di ridefinirla e di presentarci con una voce sola, senza cadere in contraddizioni. Non è un caso che tra i relatori cinesi intervenuti si sia posto l’accento sul dare valore alla qualità e, soprattutto, sul mantenere la parola data. E’ paradossale. C’è qualcosa che evidentemente non ha funzionato, ed è esattamente la nostra capacità di comunicare correttamente. L'articolo di paolo berizzi ha solo gettato ombre sinistre, con parole che in Cina hanno risuonato nefaste: voi in Italia avete la mafia, è stato detto. Già, la mafia dell'olio!

La realtà per fortuna è ben diversa da come era stata descritta dalle pagine del quotidiano "la Repubblica". Non è l’olio italiano a essere taroccato, ma semmai la comunicazione, incapace com’è di agire sui lettori in maniera virtuosa, fornendo loro un quadro meno eclatante e più veritiero, meno confuso e più costruttivo e propositivo.

 

di Luigi Caricato

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Commenti 15

giovanni breccolenti
giovanni breccolenti
27 aprile 2012 ore 21:25

Sig. Giannone,senza scomodare tante mega istituzioni che neanche voglio commentare,contatti una associazione di assaggiatori,io le posso dire olea di cui faccio parte,ma ce ne sono anche altre ottime,organizzatissime per queste iniziative.Insegnare i profumi dell'olio,l'importanza dell'amaro e del piccante,oggi è l'unica arma(insieme all'analisi del DNA) che ci rimane per contrastare la marea di robetta sottocosto che proviene da tutto il mondo.Il consiglio che le do'quando si agisce sui piccoli è di soffermarsi soprattutto sul riconiscimento dei profumi e dei difetti(solo con il naso),e di passare all'assaggio solo con abbinamenti col cibo (cose semplici, tipo bruschette,pomodori ecc.),perche' fare assaggiare olio che picca ed è amaro a chi non è abituato puo' essere leggermente traumatico.
Un grande saluto e buon olio a tutti.

Vincenzo Lo Scalzo
Vincenzo Lo Scalzo
27 aprile 2012 ore 12:58

Caro Dr Giannone, la sua aperta domanda di aiuto e sostegno per le competenze che ciascuno può avere mi porta ad esprimere qualche informazione, mi auguro, positiva.

ISTITUTI E INDUSTRIA MONDIALE DELL'ALIMENTAZIONE PER UN CONTRIBUTO ALLA FORMAZIONE ALIMENTARE PER LA SCUOLA PRIMARIA.

- Ritengo che FAO sia il centro di riferimento mondiale (tra l'altro la sede è a Roma), complesso, ma ricco d'esperienze, da valutare e adattare per l'adeguamento alle particolari condizioni del territorio: ogni territorio ha vincoli stretti o in evoluzione con tradizione e creatività in funzione di tanti e ben noti parametri allo studio in scienza della comunicazione e della formazione.
Tra le aziende che contribuiscono attivamente alla formazione dei giovani alunni, una distinzione merita NESTLE', di cui le passo il link per un caso recente di riferimento destinato alla scuola primaria .
La vasta esperienza guadagnata nella promozione della formazione dei ragazzini in tutto il pianeta ha portato la società ad esprimere in ogni suo atto di divulgazione della comunicazione sui benefici e sulla validità dei contenuti, una dichiarazione di garanzia molto umile e sincera che le riporto:

“I consigli e suggerimenti forniti attraverso questo servizio sono frutto dell’opinione professionale degli esperti responsabili dei vari settori. Essi non affrontano problemi di carattere medico, hanno natura necessariamente generale e contenuto solo indicativo, e non possono tenere conto di eventuali situazioni particolari del richiedente. I consigli e le risposte forniti non sostituiscono in alcun modo il parere del medico o di altro professionista sanitario, che occorre comunque consultare per ogni dubbio o necessità.”

- Il tema/quesito da lei lanciato è molto importante per un territorio di produzione del grande patrimonio di conoscenze della nostra penisola e della ampia diffusione di una cultura autoformata ma supportata da ottimi studi ed esperimenti su scala locale e regionale.
Fare affidamento di base su queste conoscenze - accompagnate da una seria scelta di tecniche attrattive di comunicazione con i piccoli - significa molto per la riuscita del progetto, se lo scopo è di contribuire alla formazione ed educazione alimentare e per entrare nel delicato rapporto che ciascun individuo, fin da quell'età, sviluppa specificamente con il "GUSTO" per formarsene una paletta personale di preferenza. Questo invita alla prudenza e al rispetto delle singole individualità in formazione che sono aggredite quotidianamente da messaggi aperti e subliminali.

- Recentemente, due anni fa, ho coordinato una tavola rotonda su questo tema in occasione della giornata internazionale dell'alimentazione chiamando la testimonianza della complessa organizzazione di Milano Ristorazione (recentemente rivisitata e riorganizzata dalle autorità che ne gestiscono l'esercizio e la funzione educativa dopo il cambio dei poteri con l'elezione del nuovo sindaco di Milano che ne detiene il potere di coordinamento). Milano Ristorazione ha sviluppano in una decina d'anni di attività una dinamica esperienza delle tendenze dei ragazzi e di quelle delle famiglie dei ragazzi, il cui rapporto è piuttosto complesso e di cui invito a tenerne conto quale "fattore critico" di successo. Ho scritto un articolo pubblicato nel web. Se le interessa è disponibile.

- Sempre recentemente FAO per conto di tutti, ONU, G20, ecc, sta svolgendo una mega missione di un piano d'intervento per il sostegno di Cibo e Sicurezza nel'Alimentazione del pianeta. I condimenti ed in particolare diete e olio d'oliva sono chiaramente oggetto di pareri e suggerimenti, tanto quanto oltre all'educazione formativa per adulti anche quella per l'educazione primaria dove esistano le strutture e per il soccorso alle ampie macchie di sottonutrizione per i paesi critici.

- Il tema è stato oggetto anche di gruppi di lavoro all'ultimo convegno della Fondazione Barilla con il concorso dell'Università Bocconi.
Un programma particolare per le scuole italiane è in fase di lancio proprio a partire dalla scuola primaria, su scala nazionale, di cui è stata data notizia - come al solita rimasta a bassissimo livello di divulgazione - anche da me, e che posso ricuperare.

Pertanto ritengo che Luigi Caricato certamente sarebbe in gradi di mobilitare esperti e collaborazione tramite Teatro Naturale, ma suggerirei che la sua Regione, o la Provincia, potrebbe patroicinare una tesi/tesina di laurea o uno studio preliminare per rendere l'idea libera da condizionamenti esterni d'ogni genere, facilmente prezzolati e indicati su misura per interessi di parte.
Per esperienza personale, i ragazzine e le ragazzine capiscono subito se le lezioni sono spontanee o se si tratta di banchetto da festa di campanile.

- Nel caso fossero palesi interessi di parte, ben comprese anche le decine di associazioni de particolare settore, l'ausilio richiesto lo rmnanderei alla "partte interessata", con la premessa di mantenere il suggerimento preliminare in vetrina a questo commento...

Buon lavoro e auguri di successo.


Raffaele  Giannone
Raffaele Giannone
27 aprile 2012 ore 09:55

Cari amici di TN, Caricato, olivicoltori e affini (!),
stavo ripassando alcuni argomenti correlati alle peculiarità alimentari e salutistiche dell'olio d'oliva e vagando per l'universo web non potevo non ritornare in questo sito, stavolta non per pontificare o stuzzicare qualcuno, come pure inviterebbe l'ultimo forum sui "tarocchi", ma per chiedere, se possibile, un vostro ausilio.
Burocrazia permettendo, dovrebbe vedere la luce dalle mie parti uno dei primi Centri di Educazione Ambientale, approvato e finanziato dalla Regione Molise, nato e gestito, anche con il mio minimo contributo, sul territorio interno molisano .
Conscio che in altre Regioni queste sono esperienze consolidate ormai da anni, ciò non di meno ho inteso ritagliare una buona fetta dell'offerta formativa in progetto a favore della divulgazione e valorizzazione della dieta mediterranea nelle scuole (infanzia e primaria) e, in particolare, dell'olio extravergine d'oliva.
Su altri argomenti ambientali abbiamo il partenariato di realtà come Legambiente o il WWF già ampiamente collaudate e fornite in fatto di formazione, promozione e valorizzazione.
Sull'educazione alimentare invece stentiamo a inquadrare argomenti a volte troppo spesso collegati alle istituzioni regionali sanitarie, agricole e commerciali, finora poco aduse alla formazione nell'età scolare o pre-scolare.
Sperando di non apparire petulante, pertanto mi chiedo e VI chiedo se avete notizia di forme, modalità e strumentazioni innovative riguardo alla diffusione e promozione dell'olio d'oliva nelle scuole, magari correlandole ad un corso basilare sugli aspetti agronomici e organolettici rivolto a bambini compresi fra i 3 e i 10 anni.
Non so se qualcuno avrà tempo e pazienza per rispondere, anche parzialmente, a questa mia richiesta, ma vi ringrazio comunque per avermi dedicato attenzione.
La redazione è autorizzata sin d'ora a dare la mia e-mail ai volenterosi più informati di me.
Al dottor Caricato lascio un'inusuale e ardita proposta: avverare il sogno di averla alla giornata inaugurale o ad uno dei convegni/manifestazioni in programma!
Raffaele Giannone, olivicoltore in terra di Molise

Vincenzo Lo Scalzo
Vincenzo Lo Scalzo
25 aprile 2012 ore 12:26

Correzione (aggiunta) al refuso:

alimentare: Se al Parlamento ce ne fosse uno che capisse cosa significhi "alimentazione" o "sicurezza" sarei felice.

Vincenzo Lo Scalzo
Vincenzo Lo Scalzo
25 aprile 2012 ore 12:09

Finalmente un altro urlo di vergogna sulla realtà: si brancola ancora nel buio e si continua a fare la partita del campanile di sobborgo!
A Poschiavo, Grigioni, due anni fa, alla assemblea di Amamont, associazione italo svizzera di cultura e coltura della agricoltura in montagna, partecipavano il presidente del distretto, quello del Cantone, un rappresentante del Governo.
In occasione delle analoghe riunioni annuali in Italia, a volte il massimo della rappresentazione delle autorità è delegata all'assessore del campanile più vicino.
La piaga è antica: il fondatore di Slow Food, che copre con tenacia il ruolo che si era a suo tempo proposto Orio Vergani con l'Accademia Italiana della Cucina, mi disse a proposito delle farneticanti proposte in Italia di protoganismo delle linee guida HACCP per la sicurezza alimentare: . Siamo forse ancora allo stesso punto a furia d'inventare numeri e renderli confusi... e facciamo pure scioperi e manifestazioni di protesta anche per il valore degli alchilesteri!

Grazie Dr Occhinegro!

massimo occhinegro
massimo occhinegro
25 aprile 2012 ore 08:24

Appoggio pienamente quanto scritto e riscritto Luigi Caricato. Da economista dico, come e' possibile che si prendano decisioni importanti quando sui numeri della produzione si e' sempre mentito? Non ha fatto mai piacere a nessuno, in primis evidentemente alle grandi associazioni di produttori che dovrebbero ben conoscere questi dati, diffondere i reali numeri della produzione olearia italiana. Quanto olio di pressione in totale, ed in questo ambito quanto olio extra vergine di oliva ( adesso con gli alchilesteri proposti a 30 li vorrei proprio conoscere) quanto olio vergine, quanto olio lampante e quanto olio di sansa ? Ci si concentra sulla italianità o meno di certi oli ma mai si discute su quanto olio ligure o del Garda o toscano o molisano sia disponibile effettivamente. L'impressione , ma possiamo purtroppo solo parlare appunto di sensazione, e' che ci si possa anche imbattere in tanti Chianti. Solo conoscendo la verità produttiva le persone più dotate possono fare delle strategie ben precise. Forse se ancora nel 2012 non conosciamo questi numeri, lo ribadisco , e' perché non conviene. Si dovrebbe prendere atto che l'affermazione del Made in Italy nel mondo e' l'affermazione della capacita' delle imprese italiane di realizzare i famosi blend. Quando leggo i tanti proclami di Coldiretti ed Unaprol sui dati di EXPORT dell'Italia, mi viene da sorridere, sono i numeri delle imprese che contesta e non già di quelle che rappresenta che coprono si e no solo il 2%, a voler essere di manica larga. Che a difendere l'Italia a Pechino non ci fosse non dico Catania, ma neanche un sottosegretario del governo italiano e' davvero scandaloso ed infatti in Cina se lo sono chiesti. Toc toc , c'è qualcuno nel governo o nel mondo politico che comprenda lo stato di crisi dell'olivicoltura non affidandosi ai soliti noti sopra citati? E' come se in altri ambiti economici a governare ci fossero solo CGIL, CISL e UIL , dove saremmo?

Raffaele  Giannone
Raffaele Giannone
23 aprile 2012 ore 10:02

Cari amici di TN, olivicoltori e affini (!),
sono stato indeciso fino all'ultimo se aderire al prezioso "silenzio" invocato da Caricato nel suo editoriale e trascorrere alcune ore di questo tiepido aprile fra i miei olivi al vento, oppure intervenire sulla questione spinosa dei "tarocchi".
Da incorreggibile polemista, mi compiaccio delle iniziali sempre "casualmente" minuscole apposte al giornalista di Repubblica che ha avuto la disavventura di inoltrarsi, forse non senza secondi fini, in quello che è il variegato e intricato mercato dell'olio extravergine d'oliva.

In questo pregevole sito sono scorse paginate intere, si sono espresse le migliori menti e competenze a riguardo e non escludoto che ci legga persino qualche paziente mercante cinese!!
Per quanto possa contare, vorrei esprimere anche la mia opinione che, questa volta, è salomonica: bravo Caricato a tenere alto il buon nome dell'olivicoltura e del buon olio italiani (sottolineo italiani), bravo anche il sig. Di Gesù, della cui onestà intellettuale(non foss'altro che per il cognome così impegnativo!)non posso dubitare.

Vero che siamo cronicamente afflitti da autolesionismo dilagante, da esterofilia deprimente, disfattismo, volontà autodistruttiva e così via... ma in fondo l'Italia si è ritrovata unificata ( e in che modo..) da "soli" 150 anni, mentre venti di barbarismo sognante..o terronismo..spirano sempre più forti, sia pur fra lingotti e diamanti!

Vero, come ci ricorda sempre il buon Caricato, che occorre sempre ritrovare la forza di difendere l'onorabilità del buon olio italiano, sollecitando le istituzioni, favorendo le iniziative virtuose, diffondendo la "cultura" dell'olio vero.

Vera infine la dissonante, ma non sempre infodata o non poer questo inculturata opinione espressa da Di Gesù: non è forse proprio contro le frodi e i "furbetti del frantoino" che ci battiamo tutti? TN in primis?
Sale e saette sulla mala informazione errata ed errabonda di qualche scribacchino, si, ma ricordiamo tutti epoca del metanolo..vero?
Non vorrei ascrivermi fra quelli che ora sottacciono o contribuiscono a nascondere le incongruenze del nostro mondo.
La migliore azione che possiamo rendere al nostro buon olio è la VERITA'.

Vorrei introdurre per esempio l'argomento cruciale delle quantità estratte in Italia, della loro classificazione qualitativa, dell'autoconsumo nazionale e ...delle quantità..infine..esportate come "italiane"..ma la cosa ci porterebbe lontano.
Da cattivo cristiano so che la Verità non è di questo mondo o quantomeno è molto difficile seguirla e servirla, ma non sono senza speranza.

In questo propendo per la posizione di Caricato, non piangiamoci addosso o, peggio, non autoflaggelliamoci, ma lavoriamo per la trasparenza, la conoscenza e per il bene.

In fondo l'immagine migliore dell'olivo, è questa, silenzio a parte !

Raffaele Giannone, olivicoltore in terra di Molise

Mario Forti
Mario Forti
22 aprile 2012 ore 13:16

Va bene così, complimenti signor Caricato.

giovanni breccolenti
giovanni breccolenti
22 aprile 2012 ore 10:19

L'articolo di Berizzi si concentra per il 90% sul fatto che,secondo la sua pseudo indagine la maggiorparte dell'olio venduto come Italiano proviene dall'estero,Tunisia e Spagna in primis.Ad oggi,a parte qualche controllo cartaceo non esiste analisi ufficiale per capire se tali frodi avvengano.Non solo, non c'è un panel della repressione frodi o chicchesia che si azzarderebbe a dire che un olio NON è Italiano solo con l'assaggio.Quindi nessuno puo' dire se le frodi ci sono o no,è ridicolo fare gli accusatori ma non si puo' neanche dire con sicurezza,se non per partigianeria che la cosa non esiste.
La soluzione esiste ed è già messa in pratica da parecchi compratori seri che fanno analizzare il DNA dell'olio da comprare per vedere da che olive proviene e magari se c'è olio estraneo.Purtroppo ancora il metodo non è ufficiale e nessuno spinge perchè lo diventi (non ci si vuole mettere un soldo,chissà perchè,è la crisi,dice.)Il costo dell'analisi è minimo,provare a vedere se è efficace è un gioco da ragazzi (io l'ho fatto, non sbaglia di una virgola).
Insomma difendiamo l'olio Italiano con i fatti:cerchiamo di farlo sempre piu' buono,insegnamo ai Cinesi tutti i nostri profumi e sapori che sono tanti,ma piu' che altro diciamogli che esiste un metoduccio per fugare ogni dubbio sulla provenienza,i Berizzi e gli eventuali furbetti poi si annullano da soli.

Romano Satolli
Romano Satolli
21 aprile 2012 ore 18:00

Questo dimostra che Luigi ha il coraggio di parlare, di denunciare i falsi scoop di pseudo giornalisti e di giornali abituati alla denigrazione, pur di vendere copie. L'editoriale di oggi, dovrebbe portare molti, nel silenzio, a giudicare sui disfattisti di casa nostra, i quali dimostrano non solo incoscienza, ma anche malafede.

Vincenzo Lo Scalzo
Vincenzo Lo Scalzo
21 aprile 2012 ore 12:38

Luigi, l'autocastrazione non è mai stata virtù italiana, piuttosto è stata virtù italiana la creatività e l'amore per la natura, quindi per la verità della personalizzazione di anima e corpo, di sogno e cibo, di piacere per la vita e rispetto per la riflessione sull'al di là della stessa. Purtroppo è dilagante il risalto per la menzogna, per la denigrazione, per la critica alla professionalità degli altri che si vorrebbe trasferire anche ai rapporti tra gruppi, a quelli tra nazioni, addirittura a quelli tra continenti. Trade e business hanno regole etiche di comportamento scritte e non scritte. E' indubbio che regoli trade e business l'interesse, l'economia, il prezzo la convenienza. La volontà autodistruttiva che caratterizza l'informazione proveniente dalle testate nazionali è solo autocastrazione al servizio di altri interessi. La denigrazione di prodotti e protagonisti non solo è altrettanto diffusa e frequente ed è dolosa. Ormai i limiti sono valicati da ogni microfono, anche da quelli che dovrebbero restare segreti delle preture e dei tribunali. Non sono solo dannosi, ma deliberatamente maligni.
Venendo al caso specifico non mi sorprende la tua testimonianza sulle reazioni cinesi ai contenuti della comunicazione nazionale sull'affidabilità dell'immagine del Made in Italy dell'olio.
Si tratta di coscienza nazionale, quella di cui va orgogliosa la comunicazione negli Stati Uniti, in Canada, in Australia, in Giappone, in Francia, in Scandinavia, in Brasile, forse a ben ragione in Sud Africa e in buona parte del mondo.
L'atteggiamento dell' Italia che si fa rispettare si fa strada nel comportamento degli italiani che singolarmente sono tra i più apprezzati protagonisti, individualmente nello scenario mondiale. O microfoni e la cronaca però non compare che a babbo morto nella cronaca e mass media nazionale, solo e con invidia dopo... “L’Italia dell’olio non deve, non può avere paura”. Ho letto il blog. L'Italia deve ritrovare l'orgoglio della sincerità e sostituirlo al premio alla "gabbola", che microfoni e istituti di favore concedono.
E' possibile. Ho mandato confidenzialmente per averne dei commenti o riflessioni il tuo editoriale odierno a Pechino, sai, mi piace dialogare in diretta e non o per sentito dire o per terze persone. To farò sapere.
I lettori di TN si rendano conto che l'olio d'oliva per il pianeta rappresenta patrimonio universale e che, come per la soya per fare un esempio, rappresenta una risorsa naturale capita, amata, migliorata, eccessivamente generosa per tutto il mondo. Non solo per il Mediterraneo quando ne viene riconosciuto universalmente valore e piacere di vita umana: prezzi e distribuzione di oltre 3 milioni di tonnellate non vengono decisi da singoli protagonisti, ma dai gruppi coordinati nel pianeta capaci di convincere con il vero e il buono oltre che con il prezzo e la bontà di prodotto il gusto ed i bisogni alimentari del mondo.
Noi, privilegiati dalla forza e dalla sensibilità alla qualità gastronomica e gustativa, abbiamo quasi la difficoltà della scelta della dipendenza dalle carateristiche di territorio e di cultivar: ripeto, siamo priilegiati e orgogliosi di capirne la poesia.


Giovanni Di Gesù
Giovanni Di Gesù
21 aprile 2012 ore 09:40

Come fanno a fidarsi se in questi ultimi cinquantanni non hanno fatto altro che taroccare?

Comunque scherzi a parte il problema è reale. Qualcuno a chiesto ai cinesi quanto hanno pagato l'olio Italiano? perchè in sede di contrattazione commerciale non favoriscono la qualità ma il prezzo più basso. Sapete bene che questo è pane per le grosse aziende.A parte le caratteristiche chimiche, che sicuramente sono conformi al regolamento, basta controllare i documenti commerciali da cui si evince che l'olio è costato ai cinesi meno di 3,00€.
E' evidente che non si tratta di olio italiano (e nella maggior parte dei casi neanche di qualità) in quanto anche in base ai recenti articoli usciti su questa rivista sappiamo bene quanto è il costo di produzione al contadino e di confezionamento qui in Italia.
O quantomeno sì di olio italiano ma derivante da oli esausti. Sinceramente non sono meravigliato.
Essendo del settore, a livello industriale, posso assicurare che in seguito a qualsiasi contatto commerciale interessato ad acquistare olio italiano (in qualsiasi parte del mondo, da sempre il mercato americano, ultimamente, in quest'ultimo periodo, il mercato cinese), l'azienda si mette in moto per rintracciare oli Spagnoli, Tunisini, Italiani di scarsa qualità, addirittura lampantini (questo è il termine utilizzato) che, naturalmente sui documenti commerciali risultano Extra Vergini (solo per dimostrare l'ingresso di olio con provenienza nazionale) ecc., per raggiungere un bland di basso costo ed organoletticamente il più possibile senza difetti di provenienza caratteristici. Poi un giro di carte interne ed il gioco è fatto.
Addirittura mi è capitato di assistere ad aziende olearie che per dimostrare la loro capacità di produzione e, quindi, possedimento agricolo con Ulivi in produzione, portano i visitatori cinesi (in elicottero) a mostrargli la vastità di piantaggioni di ulivi pronti a produrre per loro (naturalmente sappiamo benissimo la suddivisione degli appezzamenti degli uliveti in Italia come è frastagliata ed oltretutto privata, ragion per cui è tutta una bufala).
Finchè il PRODOTTO ITALIANO verrà commercializzato dalle medio/grandi aziende in cui, con tutta la buona volontà di commercializzare un buon prodotto, è nella loro indole sofisticare per raggiungere prezzi di concorrenza a danno del vero MADE IN ITALY che non riesce a stare sul mercato a meno di 5,00€ (mi sono tenuto ai minimi).

Giochemi