L'arca olearia
L’extra vergine? Macchè 1960, risale al 1991 la sua vera nascita
A sostenerlo è Francesco Bruzzo, per anni ai vertici dell’associazionismo olivicolo. Tutto ha inizio con con l’introduzione dell’analisi sensoriale secondo il metodo del Panel Test. E Bruzzo così non demorde, e lancia la sua sfida: perché non puntare a un’unica descrizione merceologica?(7. continua)
27 novembre 2010 | Francesco Bruzzo
Il metodo studiato e approvato dal Coi, il Consiglio oleicolo internazionale, in seguito adottato con il Regolamento comunitario 2568/1991, sancisce a mio giudizio la vera nascita dellâolio extra vergine di oliva.
Lâesame organolettico degli oli vergini secondo il metodo del Panel Test - con lâintroduzione dellâanalisi sensoriale di gruppo avvalorata da un metodo matematico - apriva finalmente le porte verso il mondo del più prezioso tra i condimenti naturali del nostro Paese.
Il metodo sgombrava il campo da empirismi e prassi folkloristiche, e dettava un complesso di regole e procedimenti oggettivi finalmente comprensibili al mondo dei consumatori.
Già a partire dagli inizi degli anni Ottanta, molti di noi si cimentarono in questa innovativa ricerca, nelle prove, nelle discussioni a volte anche accese, spesso frutto involontario di retaggi campanilistici nazionali, ma soprattutto dallâostinata difesa di chi voleva riservare a pochi intimi lo scettro del giudizio.
Furono momenti tosti, e ricordo ancora il mio corso di Capo Panel nel giugno 1992, a Firenze: impossibile dimenticarlo.
Conducevano Michel Choukroun e Mario Solinas! Uomini che hanno fatto la storia dellâextra vergine di qualità .
Nellâesame finale ci fu una falcidia imbarazzante di grandi nomi: tecnologi delle aziende olearie che andavano per la maggiore. Evidentemente i âveriâ extra vergini cominciavano a creare qualche problema di identificazione in un mondo fatto di gusti preconfezionati delle miscele.
Di lì a breve il mondo dellâextra vergine, sospinto anche da un poderoso rinnovamento delle tecnologie di estrazione dei frantoi ha preso sempre più campo e, nellâimmaginario collettivo, è diventato lâolio buono, lâolio della salute, mentre lâolio dâoliva propriamente detto ha cominciato ad essere additato come olio di rettifica, lâaranciata e non la spremuta dâarancia. Non più come il più leggero e digeribile, o infine il migliore per friggere come qualcuno insisteva nel farci credere.
Ciò che dico è tanto vero che posso testimoniarlo con unâaltra avventura nella quale mi sono finalmente reso conto che lâolivicoltura italiana aveva capito lâimportanza dellâextra vergine.
Correva lâanno 2000, a quellâepoca a rotazione mi toccò, in qualità di rappresentante dei produttori (Unaprol) la presidenza della Commissione Europea per la promozione dellâolio dâoliva. Era unâorganismo di filiera la cui attività , finanziata dal Coi, veniva finalizzata allo sviluppo della conoscenza dellâolio di oliva in Europa e nel mondo - unâaltra bella idea che ha funzionato bene e che ora purtroppo non câè più, lasciandoci così tutti più poveri.
Ebbene negli ultimi mesi, proponendo la VII campagna promozionale , mi resi conto che qualcosa era cambiato nella filosofia della comunicazione. Parlare di olio dâoliva era ormai perdente, trattandosi di una espressione obsoleta. Inutile spiegare alla gente che era invece lâunico modo per parlare del settore olio nella suo globalità .
A Verona, in occasione della Fiera, lanciammo la campagna promozionale e fummo contestati. Non certo per lâiniziativa in se stessa, lodevole e utilissima, ma perché la promozione non poteva più essere proposta facendo leva sullâolio di oliva, ma esclusivamente sullâextra vergine.
Capii che il mondo della produzione aveva voltato pagina, che le grandi masse di olive marce, magari scopate direttamente da terra e portate al frantoio per essere trasformate e poi deacidificate, non facevano più parte della mentalità dei nuovi produttori del settore: erano definitivamente state rimosse, anzi venivano addirittura pesantemente accusate di bloccare lo sviluppo qualitativo del settore.
Lâextra vergine assunse così il ruolo di olio di oliva di qualità ! Il resto è storia. Io personalmente mi sono dedicato alla Dop della mia Liguria, muovendo unâaltra battaglia epocale, vinta anchâessa grazie al Regolamento 2568/91. Altri cari amici si sono impegnati a tutto campo sulla qualificazione dellâextra vergine in senso lato. Ho letto di conseguenza, in un recentissimo rapporto, che ormai la percentuale al consumo dellâolio extra vergine di oliva supera lâ80% del dellâolio di oliva in generale.
Chissà se, fra qualche anno, con la stessa filosofia per la quale nel 1960 si è imposto lâextra vergine - basandosi sullâassunto che la quasi totalità dellâolio dâoliva doveva essere rettificato - un bambino senza alcuna malizia non ci convinca a resettare tutto e ripartire dallâolio dâoliva come unica descrizione merceologica del comparto, destinando i sottoprodotti a consumi non alimentari. Io mi esprimerei a favore fin dâora.
LO SPECIALE DI TEATRO NATURALE SUI CINQUANT'ANNI
Luigi Caricato >1960-2010. Buon compleanno extra vergine. Tributo al re dei grassi link esterno
Gennaro Forcella > Lâintroduzione dellâextra vergine. Una svolta verso la trasparenza del mercato link esterno
Francesco Visioli > Olio extra vergine di oliva o pura lana vergine? link esterno
Claudio Ranzani > Cosa ci può essere di meglio dellâolio extra vergine di oliva? link esterno
Mario Pacelli > 50 anni di extra vergine. Quel pasticciaccio (brutto?) della legge 1407 link esterno
Fausto Luchetti > Olio delle vergini o per le vergini? Un nuovo vestito per l'olio da olive link esterno
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