Bio e Natura 03/09/2015

Un'agricoltura secondo natura è possibile?

Un'agricoltura secondo natura è possibile?

Necessario un cambiamento di mentalità in agricoltura. Nessun medico si sognerebbe di trattare per sempre un uomo con antibiotici, disinfettanti, fungicidi per evitare una possibile malattia


Nuove concezioni,nuove tecniche agricole che attingano anche ad un “sapere” antico e a una attenta osservazione dei fenomeni naturali, dovranno condurre a un cambiamento di mentalità in agricoltura,premessa essenziale per evitare il pericolo di un degrado ambientale sempre più incombente sul nostro ecosistema.

Le facili scorciatoie offerte dalle aziende di organismi g.m., erbicidi e pesticidi, sempre più impattanti sulla salute umana e su tutti gli ecosistemi, non risolveranno mai gli annosi problemi degli agricoltori; il solo fatto che ogni stagione sia necessario ricorrere ai soliti prodotti chimici è la prova più lampante. Mi ha sempre sorpreso il “candore”con il quale le aziende produttrici di pesticidi ed erbicidi, “certifichino” l’assoluta sicurezza dei loro prodotti che si esprimono come veleni mortali per forme di vita animale e vegetale. L’agricoltore deve guardare ai perfetti equilibri che regolano la natura considerando che insetti,funghi,batteri o virus diventano nocivi solo quando trovano le condizioni favorevoli ad una moltiplicazione massiva. Considerando che la terra è a tutti gli effetti un organismo vivente,diventa prioritario non avvelenarla con sostanze tossiche e tecniche di lavorazione potenzialmente nocive. Nessun medico si sognerebbe di trattare per sempre un uomo con antibiotici,disinfettanti,fungicidi per evitare una possibile malattia perché il paziente morirebbe ancor prima di essere venuto in contatto con qualsiasi elemento patogeno . Lo stesso rischio lo corrono alcuni agricoltori che,per evitare “sorprese” e/o per non “complicarsi la vita”, effettuano una sorta di sterilizzazione del terreno con erbicidi sempre più tossici e con pesticidi sempre più pericolosi perché “spacciati”, dalle aziende produttrici, come poco inquinanti e di rapida eliminazione.

Tecniche agricole che predicano il diserbo selvaggio e lo sterminio di tutti gli insetti possono far bene solamente ai produttori di diserbanti e insetticidi e molto male alla terra e alla salute di tutti i suoi abitanti. Se si vogliono realmente risolvere i problemi dell’agricoltura è necessario un cambiamento di strategia e di mentalità . Gli agricoltori devono riappropriarsi della cultura contadina, coniugandola con le moderne tecniche di agricoltura naturale,accantonata e spesso osteggiata dallo strapotere commerciale delle aziende agrochimiche che hanno tutto l’interesse a far si che i fattori di danno si ripresentino costantemente ad ogni stagione,cosa che avviene puntualmente. In ogni caso proprio oggi, dove i pericoli di taluni insetticidi e diserbanti sono ormai evidenti,appare chiaro come sovente la natura avrebbe eliminato le “specie dannose” con i suoi mezzi anche senza l’aiuto dell’uomo. Siamo una specie recente da un punto di vista evolutivo,spesso animali e piante con cui conviviamo ci hanno preceduto,e se la sono cavata egregiamente senza di noi per molti anni.

A tutt’oggi l’agricoltura tradizionale è una attività esercitata in contrasto con gli animali e i vegetali che,in considerazione del tipo di tecnica agricola adottata, procurano danno alle coltivazioni. L’esigenza di produrre una quantità crescente di cibo ha spinto ad esercitare tecniche agricole e azioni di difesa che sono sfociate,con il passare degli anni,in un possibile dissesto ecologico. In questa logica lo studio della Fitopatologia,della Entomologia agraria e della Agronomia,deve essere rivisto e rapportato ad una nuova concezione di difesa delle colture. Il diverso approccio al problema della protezione e cura delle piante si evidenzia già nella definizione di specie utile o dannosa, la divisione degli insetti in dannosi e utili è infatti una invenzione dell’uomo. I cosiddetti insetti dannosi non sarebbero mai in grado di esercitare danni significativi in un ecosistema agricolo in equilibrio, gli insetti definiti utili non avrebbero poi nessuna possibilità di vita se non entrassero in contatto con i fitofagi. Per ottenere un ecosistema agricolo in equilibrio,l’agricoltore dovrà abbandonare l’inutile idea di “eliminazione totale del danno”. Quando infatti negli anni ’60 il consumo dei pesticidi iniziò a salire in modo vertiginoso,si potevano appena intravvedere le conseguenze negative di tale pratica. Il “sogno” di riuscire a scoprire un prodotto che liberasse gli agricoltori,una volta per tutte,dagli acari o dagli afidi suscitava grandi entusiasmi generati da una trascurata conoscenza degli equilibri naturali. Ben presto le illusioni svanirono quando si constatò che i campi “liberati”,con l’impiego di qualche pesticida, non erano affatto liberi e venivano invece infestati sempre più in fretta dallo stesso parassita o da altri “colleghi”. Quanto più il rapporto tra le cosiddette specie dannose e utili verrà alterato tanto più tempo sarà necessario per ristabilire un “ecosistema agricolo” degno di questo nome. Perciò il paradigma di una sana agricoltura non deve essere più quello dello “sterminio totale” ma deve diventare quello del “controllo graduale”. Fondamentale,a tale scopo,sarà la conoscenza del ciclo vitale degli insetti e degli agenti di malattia anche in rapporto all’andamento climatico della stagione,al tipo di coltivazione effettuata,alle caratteristiche pedologiche del terreno e allo stato di salute dello stesso. Solo la profonda conoscenza della fisiopatologia vegetale e dell’Entomologia agraria,unita a una cristallina coscienza scientifica ed ecologica, potrà realmente dare risposte concrete e intelligenti,per esempio, al problema della Puglia. L’ordine di eradicare e violentare gli ulivi pugliesi è figlio di un disordine tecnico, scientifico,culturale,etico e politico. Burocrati che non si sono mai soffermati a considerare l’ecologia di un uliveto hanno deciso, impropriamente, che l’unica strategia per combattere una malattia sia quella della distruzione non solo di piante secolari ma anche di una tradizione agricola antichissima. Troppo semplice tagliare e bruciare. Provvedimento rozzo che proviene da chi probabilmente usa olio di palma al posto dell’olio di oliva e non sa distinguere burro da margarina. Chi ha ordinato il taglio degli ulivi ha dimostrato di non avere neppure le nozioni di base di ecologia applicata ai sistemi agricoli infatti,anche in ambienti naturali non soggetti all’influenza dell’uomo, si verificano periodicamente, e comunque sempre a distanza di anni, incrementi importanti di insetti fitofagi (fluttuazione biologica)ma a nessuno è venuto mai in mente di eradicare le foreste .(La lotta biologica J.M.Franz- A.Krieg Edagricole) Di solito,in un ambiente naturale, le fluttuazioni biologiche di fitofagi vengono fermate a opera di un complesso di influenze limitanti (fattori biotici e abiotici) prima che la pianta attaccata venga danneggiata su larga scala. La natura in questo caso mette in atto una serie di provvedimenti che riescono a limitare i danni che diventerebbero ben più gravi in zone coltivate con fitofagi non fermati dal perfetto sistema immunitario della natura. Se si organizzassero le colture secondo criteri naturali ,si potrebbero eludere o comunque contenere le esplosioni di specie dannose per l’uomo e per le sue attività agricole senza ricorrere a sostanze chimiche.

L’organizzazione delle coltivazioni secondo criteri naturali è la prima strategia per evitare di usare pesticidi e/o anticrittogamici. In sostanza si tratta di rendere più sfavorevoli le condizioni di vita agli organismi dannosi che vogliamo combattere, sfruttando anche l’azione di mutuo soccorso tra piante tenendo conto delle esigenze ecologiche delle specie dannose. Come esempio,la comparsa massiva di Psilla rosae o di ditteri fitofagi si può ridurre a numeri non influenti sul benessere delle piante interessate insediando la coltura,dove possibile,in campi esposti al vento,situazione ambientale sgradita alla Psilla. Bisogna conciliare le necessità della coltura, scelta del luogo,concimazione(poca), epoca della raccolta, con quelle della difesa preventiva nei confronti degli organismi dannosi. L’utilizzo di piante resistenti alle specie dannose è certo uno dei provvedimenti più importanti. Dopo l’introduzione della filossera,nella seconda metà del secolo scorso,la viticoltura in Europa si salvò grazie all’innesto della vite europea su piede americano insensibile all’insetto.

Come già accennato,super incrementi di organismi dannosi diventano probabili quando le condizioni ambientali risultano favorevoli. La monocoltura su vaste superfici favorisce un aumento di densità dei fitofagi per l’assenza di uno dei maggiori fattori limitanti:la carenza di nutrimento. Personalmente resto del parere che l’approccio naturale alle avversità in agricoltura deve essere multifattoriale. Come priorità bisogna avere la perfetta conoscenza dei cicli biologici degli insetti fitofagi e dei relativi antagonisti, in rapporto alla tipologia di coltivazione all’andamento climatico e alla eventuale presenza in campo di insetti utili autoctoni.

Nei paesi dove l’agricoltura è fortemente industrializzata,la forzatura con pesticidi,concimi chimici e diserbanti assicura rese maggiori rispetto all’agricoltura naturale anche se le differenze si annullano rapidamente. Questo perché tali forzature finiscono per esaurire l’humus dei terreni causando il crollo delle rese,così come è già accaduto in alcuni paesi a causa dell’erosione e della desertificazione.

Il passaggio ad una agricoltura più naturale può avere effetti diversi a seconda del luogo e delle pratiche agricole utilizzate. Nel Sud del Brasile,le aziende agricole passate ai concimi naturali e alle leguminose come fissatrici di azoto,hanno raddoppiato le rese di mais e frumento. In Messico i coltivatori di caffè riconvertiti al biologico hanno incrementato la resa del 50%.

Secondo una stima dell’OMS,sono 20.000 in tutto il mondo le morti accidentali dovute a esposizione o avvelenamento acuto da pesticidi. In Italia, secondo Apat,si utilizzano circa 150 mila tonellate di pesticidi all’anno. I pesticidi e i diserbanti costituiscono un problema non solo per la sicurezza degli operatori

di Remo Carlo Egardi

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Commenti 3

Giorgio Greco
Giorgio Greco
13 settembre 2015 ore 08:39

La situazione nel Salento è davvero critica; questa terribile pestilenza avanza senza tregua e sta trasformando il territorio in una distesa desolante.
Già due anni e mezzo fa si sarebbe dovuto intervenire per circoscrivere l’epidemia intorno a Gallipoli, ma ciò non è stato fatto.
Circa sei mesi fa, con il batterio che ha continuato, nel frattempo, a diffondersi a macchia di leopardo fino a minacciare le province di Brindisi e Taranto, è arrivato il commissario straordinario Dott. Giuseppe Silletti che, fin dal primo giorno del suo insediamento, non ha fatto altro che invitare, supplicare tutti quanti a praticare la Buona Agricoltura: "praticare più arature oggi significa meno insetticidi domani".
La situazione che ha trovato il Comandante Regionale del Corpo forestale della Puglia è davvero molto grave e difficile, non solo sul fronte Xylella, ma anche nello stato di tanti oliveti, in abbandono da anni. Sono lontanissimi i tempi in cui gli ulivi abbellivano la nostra terra con il loro portamento ben curato; erano verdi gli alberi, un verde intenso di foglie larghe e spesse. Oggi, tanti di questi alberi, di cui molti secolari, hanno perso l’anima e assomigliano a fantasmi in distese incolte. Lottano, ma sono esausti, subiscono ogni sorta di incuria e maltrattamento. Il terreno che li ospita, nella maggior parte dei casi, non viene arato e l’erba, spesso, non viene decespugliata, bensì trattata con i diserbanti. In molti casi la fanno da padrona succhioni ormai alti e robusti come cipressi che estraggono la linfa vitale a mo’ di vampiri. E come possono, i Giganti del Tempo, seppure forti e resistenti, incassare tanti colpi e rimanere ancora sul ring? In queste condizioni l’amaro destino dell’ulivo nel Salento sembra già segnato, debole, consumato com’è, esposto agli attacchi di batteri e parassiti, causa di malattie varie.
In attesa che la Ricerca Scientifica trovi una soluzione, i Cittadini e le Istituzioni non possono rimanere inermi, indifferenti, ma occorre, in qualche modo, contenere il contagio, rallentare l’avanzata del morbo. Io penso che si dovrebbero attuare, quanto meno, le più elementari tra le BPA. L’abbandono degli oliveti in questo lembo di terra dura, in genere, da moltissimi anni, da molto prima dell’arrivo della Xylella e le cause sono varie. Oggi sono urgentissime alcune semplici azioni che non possono essere rimandate a domani:
liberare l’ulivo da succhioni, polloni, secco e rami inutili;
bruciare sul posto lo scarto;
decespugliare l’erba fresca;
raccogliere la cenere prodotta e spargerla sotto l’albero.
Lo sfoltimento serve a rinforzare ed arieggiare la chioma, mentre la cenere e l’erba fresca sbriciolata forniscono nutrimento. La cenere contiene potassio, fosforo, calcio, magnesio, ferro, rame, boro, zinco, fluoro, manganese; l’erba fresca contiene ciò che manca alla cenere: azoto. La pulizia, in genere, è necessaria a frenare il diffondersi del batterio attraverso l’insetto vettore.

Remo Carlo Egardi
Remo Carlo Egardi
10 settembre 2015 ore 21:11

Mi pare che l'articolo non si presti a fraintendimenti se non per chi li vuole trovare a tutti i costi.

GIOVANNI PASSERI
GIOVANNI PASSERI
05 settembre 2015 ore 11:14

E' necessario chiarire:
Che significa "Agricoltura secondo natura"?
- Se agricoltura secondo natura significa senza l'intervento dell'uomo è un assurdo;
- Se invece la natura comprende anche l'uomo, come logica vuole, allora l'agricoltura secondo natura deve includere l'intervento antropico nel suo complesso, sul quale non è facile disquisire, in quanto entriamo nel campo dell'etica comportamentale, con tutte le sue innumerevoli sfaccettature