Bio e Natura

Il terroir è vivo. Sono i microbi nel suolo, non solo quelli in cantina, a fare la differenza

Molte volte, secondo quanto emerge dagli studi condotti negli anni dal Centro Colture e Sperimentazioni CCS di Aosta, è proprio la microbiologia a caratterizzare il terroir. La simbiosi pianta-micorriza è la più antica in natura; questi microrganismi micorrizici accompagnano le piante lungo tutto il loro ciclo biologico fin dalla loro prima comparsa sulla terra

17 gennaio 2014 | Emiliano Racca

Il terroir viene definito, sintetizzando, come l’insieme delle condizioni geoambientali e delle componenti socio-economiche e culturali che conferiscono ad un prodotto caratteristiche di tipicità ed unicità difficilmente riproducibili altrove.

Per quanto riguarda le condizioni ambientali e territoriali si considerano spesso soltanto i parametri fisico-chimici (la chimica e la fisica del suolo, il micro (o il meso)-clima, la topografia…) trascurando totalmente quelli biologici e microbiologici.
Ma molte volte - secondo quanto emerge dagli studi condotti negli anni dal Centro Colture e Sperimentazioni CCS di Aosta – è proprio la microbiologia a caratterizzare il terroir.

Veniamo a qualche esempio pratico: in Piemonte, nel comune di Barolo, dall’invecchiamento delle uve Nebbiolo si ottiene il famigerato vino Docg omonimo, ma se le stesse viti le pianto una manciata di chilometri a est ottengo il Barbaresco. Come mai? Eppure analizzando la Geologia, il clima, l’esposizione, la topografia, non si rilevano differenze fra queste due entità geografiche attigue.

Altro caso analogo - rimanendo sempre in terra sabauda – è il peperone di Carmagnola, un ortaggio conosciuto ed apprezzato anche fuori dai confini regionali. Questo peperone si caratterizza per il suo colorito vivace, la sua fragranza e i suoi profumi, le sue proprietà organolettiche di alta qualità e genuinità; anche qui, basta coltivarlo qualche chilometro più in là dal carmagnolese, ed il peperone cambia, non è più lui, nonostante le condizioni pedo-climatiche siano pressoché le stesse.

Tutto ciò accade perché un corredo genetico, quale può essere quello del vitigno Nebbiolo, ha un proprio DNA ma può avere diverse espressioni geniche di questo polimero.

In altre parole: il Dna è formato da diversi nucleotidi, che sono come delle pagine di un libro; il territorio non leggerà “il libro” per intero ma solo per alcune pagine: se leggerà allora una pagina, ad esempio pagina 10, ne nascerà il Barolo, se leggerà pagina 20 il Barbaresco.

Ma chi decide quale pagina il territorio andrà a leggere? Sono le cosiddette proteine di membrana, termine utilizzato per indicare quelle proteine strettamente associate alle membrane cellulari. Per quanto riguarda più specificatamente le piante sono soprattutto i microrganismi (funghi batteri…) della Rizosfera a ricoprire questa funzione di primaria importanza.

La Rizosfera è una striscia millimetrica situata fra la radice e il terreno; quivi si concentra una popolazione di 10 milioni di microrganismi/grammo … microrganismi che sono parte stessa della pianta poiché se ne nutrono; quasi il 20% delle sostanze prodotte dalla pianta difatti vengono utilizzate per alimentare questi ospiti della radice. Ma dall’altra parte anche la pianta trae giovamento da essi: si ha sostanzialmente ciò che in natura prende il nome di associazione simbiotica (simbiosi).

La simbiosi pianta-micorriza è la più antica in natura; questi microrganismi micorrizici accompagnano le piante lungo tutto il loro ciclo biologico fin dalla loro prima comparsa sulla terra (esistono resti fossili micorrizici di 450 milioni di anni!).

I tecnici e ricercatori del CCS avrebbero accertato variazioni notevoli nelle proprietà organolettiche e nel profilo aromatico confrontando al naso elettronico prodotti micorrizati (vino, basilico, mais, ortaggi vari…) con prodotti identici scarsamente micorrizati o per nulla. I risultati attesterebbero fra questi differenze nell’intensità degli aromi anche molto sensibili con punte del 200-300%, ed un bouquet di odori nei prodotti con micorrize molto più vario e complesso.

È da rimarcare infine che l’industrializzazione e l’inquinamento hanno grandemente ridotto le popolazioni di questi microrganismi, e ciò andrebbe a confermare le percezioni dei nostri vecchi, i quali molto spesso lamentano uno scadimento dei profumi, dei sapori e della qualità dei nostri prodotti agricoli.

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