Emozioni di gusto
Preparare una salsa è un po’ come fare l’amore
Tale metafora vale per tutti i tipi di preparazioni culinarie, s’intende. Tuttavia, salse, confetture e marmellate si prestano meglio a una stuzzicante traslazione in chiave erotica. Lo sposalizio tra fico e mela, a opera di Angiolino Berti è un vero elisir. E così anche una confettura diventa un piccolo infinito da percorrere, pura poesia per il palato
22 ottobre 2011 | Paola Cerana
ELISIR DâAMORE
Preparare una salsa è un poâ come fare lâamore.
Occorrono passione, fantasia, gentilezza e quel pizzico dâesperienza necessario a guidare lâistinto nella scelta degli ingredienti, delle dosi e dei tempi. In cucina, certamente, la materia prima ha un ruolo protagonista â come lâamante a letto, appunto â ma non esclusivo, perché ciò che crea lâalchemica magia sono anche le quantità , le proporzioni, i tempi e le pause, il cui equilibrio si tradurrà poi nel piacere allâassaggio.
Sapori e aromi devono incedere, dunque, in maniera armonica fin dalla preparazione, assecondando ritmi cadenzati quale oculato preludio dâaltri più accesi movimenti. La complicità che si stabilisce tra le mani e gli ingredienti è il segreto di un buon risultato, poiché ogni piccolo tocco, intimo o ardito ma mai arrogante, rivela la sensibilità di un bravo partner, così come quella di un bravo chef.
Questa stuzzicante metafora vale per tutti i tipi di preparazioni culinarie, sâintende. Tuttavia, penso che salse, confetture e marmellate si prestino particolarmente a una stuzzicante traslazione in chiave erotica, sia per quanto riguarda la messa in opera, sia la degustazione, possibilmente condivisa in giusta compagnia.
Non so se il signor Angiolino Berti â che già tempo fa avevo coinvolto in un mio articolo â sâispiri a un sentimento amoroso durante la confezione delle sue famose salse. So, però, che il risultato è certamente una sintesi esemplare di come si possa trasformare in sensuale bontà alcuni dei prodotti più semplici e naturali della Terra.
Anche lâamore è, infatti, cosa semplice e naturale. Caso mai sono gli innamorati che, spesso, lo rendono complicato, proprio come certi gourmet eccessivamente sofisticati esasperano un buon piatto.
Tra le tante preparazioni del signor Angiolino, ce nâè una che mi ha fatto particolarmente innamorare. Eâ una confettura a base di fichi e mela verde che già per la semplice scelta degli ingredienti evoca lâamore e lâerotismo. Innanzitutto è una confettura, non una marmellata, cioè ha una percentuale di polpa di frutta tale da risultare particolarmente densa, rotonda e vellutata al palato. Il sottofondo è morbido e pacatamente dolce, come il fico, ma qua e là nella polpa contrastano spicchi croccanti di mela che, con la sua sfumatura dâaspro, completa il composto dâimpreviste note saporite.
Tutti i sensi conosciuti entrano in gioco: la confettura è bella dâaspetto, saporita come un bacio, morbida come una carezza, profumata come la pelle e quel musicale âclicâ allâapertura del barattolo solletica persino lâudito, anticipando così il piacere del gusto. Lo sposalizio tra fico e mela è assolutamente originale, vi assicuro. Oltretutto, mescolare con tale maestria due frutti così significativi nella storia non solo alimentare ma anche simbolica dellâumanità , sembra rendere questa confettura ancor più seducente.
Pensiamo al fico. Forse non tutti sanno che questo meraviglioso frutto dalla straordinaria carica energetica, stringe unâalleanza molto intima con lâambiente in cui lâalbero cresce. Eâ unâesemplare testimonianza di quanto possono essere complici i rapporti tra il mondo vivente macroscopico e quello microscopico. I fichi, infatti, maturano due volte lâanno, quando si miete e quando si vendemmia, direbbero i contadini di una volta.
Oggi anche lâagricoltura ha i suoi trucchi ma tradizionalmente, per portare a maturazione questi gioiosi frutti occorreva assecondare la Natura, anziché raggirarla. Bisognava, innanzitutto, appendere sullâalbero del fico domestico i frutti non commestibili del caprifico, cioè la pianta di fico selvatico. Tramite questâimbastardimento, i minuscoli e prolifici moscerini presenti nei frutti del caprifico cominciavano a migrare verso i frutti del fico, quelli buoni, socchiudendone il cuore, assorbendone lâeccesso di umidità e soffiandoci dentro lâaria esterna.
Si verifica un passaggio di principi generatori ⦠entra il sole e i soffi fecondatori, grazie ai moscerini che schiudono gli orifizi, come ebbe modo di dire Plinio il Vecchio in qualche suo scritto. Pur non avendo strumenti dâosservazione e conoscenze scientifiche, Plinio non era lontano dal vero. Funziona proprio così: un imenottero appena visibile trasporta il polline dal caprifico al fico, che non possiede fiori maschili. Uscendo dallâostiolo, il forellino alla base del siconio, lâinfiorescenza che contiene i piccoli fiori femminili sâimbratta di polline proveniente dai fiori maschili.
Il moscerino, volando allâinterno dei siconi del fico domestico, è dunque il responsabile della fecondazione dei fiori, che daranno poi vita ai carnosi e dolci frutti. La simbiosi tra fico e insetto è uno straordinario esempio della variegata sessualità della Natura, che attraverso invisibili e meticolosi gesti partorisce âcreatureâ di straordinaria bellezza e bontà . Tuttavia, non è solo lâatto fecondativo del fico a evocare unâanalogia con la sessualità . Eâ anche lâaspetto, sia delle foglie, sia dei frutti. Il contorno delle foglie, infatti, ricalca la virilità maschile e forse per questo si vuole che Adamo ed Eva se ne servissero per coprire le proprie nudità . Inoltre, il fico è un frutto succulento dalla foggia sfacciatamente evocativa, tanto che in virtù del suo simbolismo, era il goloso protagonista nelle feste dionisiache, in cui si portavano in processione una brocca di vino, una vite, un capro, un paniere di fichi e un fallo scolpito nel tronco del fico stesso. Nel tempo, la domesticazione della pianta ha semplificato la vita riproduttiva del fico e ha migliorato i caratteri del frutto, mantenendo però le sue connotazioni sessualmente simboliche.
E che dire della mela? La mela fa parte della storia umana molto prima che Newton ne traesse ispirazione. Le sue origini sono alquanto incerte ma la leggenda vuole che essa sia il frutto proibito dellâEden. La fiabesca immagine deriva da un vago accenno che si fa nelle Scritture ad un generico frutto tondeggiante, in realtà non specificato, tradotto dallâebraico tappuah e poi dal greco melon. In verità , lâaffermazione della mela nella coltura e nella cultura universale è frutto di un lungo e profondo rapporto di conoscenza tra le potenzialità della Natura e le opportunità dellâUomo. La domesticazione del melo si completa, infatti, solo con la diffusione della tecnica dellâinnesto, in epoca greca e poi romana, tecnica che consente anche la moltiplicazione di differenti specie di frutti, ognuno con sue specifiche caratteristiche. Tuttavia, il mito resiste oltre la realtà e alcuni maligni sostengono che furono certi Padri della Chiesa, ovviamente celibi e misogini, a scegliere la mela come frutto del peccato, perché tagliandola a metà videro comparire i semi disposti a foggia di vulva, proprio quella parte di Eva responsabile della corruzione di Adamo. Leggende a parte, il simbolismo di questo fascinoso frutto sembra derivi proprio dagli alveoli racchiusi nel suo cuore, a forma di stella a cinque punte. Robert Ambelain, nellââOmbres des cathédralesâ, ha scritto infatti che il pomo è il simbolo della conoscenza perché, dividendolo perpendicolarmente, vi si trova un pentagramma, tradizionale simbolo del sapere. Fatto sta, che la mela resta il frutto della tentazione, persino nella fiaba di Biancaneve. E in particolare, lâallusione alla complicità sessuale ha ispirato filosofi, poeti e artisti dâogni tempo. Il giardino di Afrodite della poetessa greca Saffo è, guarda caso, un boschetto di giovani meli, dove sopra gli altari fumano incensi. E più recentemente, Pablo Neruda ha decantato una Donna completa, mela carnale, luna calda, bacio a bacio percorro il tuo piccolo infinito.
Insomma, fico e mela continuano a nutrire le nostre assetate fantasie, oltre ai nostri famelici corpi. Ed ecco che mescolati insieme e deliziosamente racchiusi in un barattolo di vetro, non possono che esser nati dallâamore e amore suggerire. Anche una confettura è un piccolo infinito da percorrere ⦠pura poesia per il palato. E, forse, se Adamo ed Eva avessero conosciuto questâelisir dâamore, lâavrebbero preferito al tanto tribolato pomo, evitando così dâinguaiare se stessi e lâintera Umanità !
Ringrazio il signor Angiolino Berti, dunque, per aver deliziato i miei sensi con tanta dolcezza e ispirato queste mie giocose righe, scritte tra un cucchiaino di frutta, un segreto desiderio e un sospirato piacere.
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