La voce dell'agronomo

UNA SOTTOMESSA EUROPA AI PROSSIMI NEGOZIATI WTO

Presto ripartiranno le trattative in seno all’Organizzazione per il commercio internazionale. Che aria tira? Nulla di buono, per l’agricoltura del Vecchio Continente. L’Ue è pronta a concedere molto, ma in cambio di cosa? Davvero la questione della tipicità e della sua tutela è un problema di natura non commerciale?

22 maggio 2004 | Alberto Grimelli

Pare che i nostri governanti siano disposti, un’altra volta ancora, a lasciare in balia della tempesta il settore agricolo, senza alcuna barriera, senza alcun paracadute.
Non sono buone notizie quelle emerse alla conclusione dell’incontro informale del consiglio dei ministri agricoli dell’Europa allargata a venticinque.
Se la presidenza irlandese, al termine dei lavori, ha giustamente sottolineato l’importanza di “lavorare con i paesi in via di sviluppo per assicurare loro un trattamento particolare e differenziato e che particolare attenzione deve essere posta alle necessità dei paesi meno sviluppati e più vulnerabili.”, ciò che sbalordisce è l’atteggiamento rinunciatario di fronte al mantenimento dell’attuale struttura di aiuti interni che, dopo aver ricevuto il primo scossone con la riforma Pac, si appresta a venire smantellata o comunque ulteriormente ridimensionata.
Stando alle dichiarazioni e a quanto emerge dai documenti divulgati, l’Unione europea appare disponibile a impegnarsi a una netta riduzione dei sussidi, almeno rispetto ad alcuni comparti, e questo senza alcuna contropartita commerciale. Si tratterebbe naturalmente di una resa senza condizioni, di un abbandono ingiustificato ed inqualificabile dell’agricoltura ed indirettamente dell’agroalimentare, a fronte di una concorrenza spietata di altre nazioni, vedi Stati Uniti d’America, che adottano forme di sostegno e di protezionismo ben più accentuate rispetto a quelle europee.
Ugualmente deludente l’atteggiamento rispetto alla cruciale questione delle indicazioni geografiche. La tipicità rappresenta un valore imprescindibile della nostra agricoltura, è sufficiente pensare al settore vitivinicolo e alle reazioni suscitate dallo scippo di alcune menzioni, e andrebbe fortemente tutelata da parte delle Istituzioni, siano esse nazionali o comunitarie. Tanto più nel caso in cui l’agricoltore non possa neanche avvantaggiarsi di aiuti finanziari ma debba affrontare il libero mercato. Invece ci si limita ad affermare: "deve essere trovata una soluzione adeguata per tener conto delle questioni non commerciali, compresa quella delle indicazioni geografiche". Una formula meno generica ed inconcludente non poteva essere trovata. Cosa significa soluzione adeguata? Realmente la tutela di nomi geografici rievocativi di tradizioni, di storia e cultura sono problemi non commerciali? A me non pare se consideriamo che, nei già citati Usa, un prodotto su due con marchio o riferimenti all’Italia è falso, comportamento scorretto e disonesto che procura però lauti guadagni.
Unica nota positiva la volontà che i negoziati del Wto procedano “in modo parallelo ed uguale” sui tra pilastri del capitolo agricolo: accesso ai mercati, sostegno interno ed esportazioni.

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