La voce dell'agronomo
FIERE, MOSTRE & CO. TANTE, SI'. FORSE TROPPE?
Prolificano di anno in anno. Si moltiplicano spuntando come funghi. In alcuni casi hanno velleità di rilevanza nazionale e internazionale. Le spese di partecipazione non sono mai irrisorie. La preparazione è lunga e laboriosa. Ma quanto sono proficue? E i ritorni?
20 marzo 2004 | Alberto Grimelli
Perchè partecipare a una mostra, una fiera, un'esposizione? Sicuramente è pubblicità , immagine ma non solo. Non si chiede solo la divulgazione di un marchio e di un nome ma anche contatti ed incontri.
In fondo queste manifestazioni rappresentano proprio il punto ideale di ritrovo tra domanda e offerta. In pochi giorni o, più spesso, poche ore possibili acquirenti possono valutare caratteristiche e prezzi di centinaia di prodotti. Possono dialogare direttamente con la controparte, contrattare, ordinare. Questo significa avviare e magari concludere in breve tempo ciò che ne avrebbe richiesto normalmente molto di più.
Il tempo è denaro, ed è anche tiranno in questo nostro vorticoso mondo consumistico.
Le fiere non sono tuttavia solo un'occasione di business per produttori, distributori, commercianti e, in taluni casi, anche consumatori. Anche gli organizzatori, i gestori hanno la loro parte di guadagno. Non escluderei nemmeno tutto l'indotto generato nelle zone limitrofe; ristoranti, hotel, bar e gli esercizi commerciali in genere ne traggono sicuramente lauti benefici. Questo giro di denaro attire naturalmente l'attenzione anche delle Istituzioni.
C'è interesse da parte di tutti ad avere qualche mostra sul proprio territorio.
Ed ecco spiegato il moltiplicarsi di questi eventi, che non potrebbero neanche definirsi tali vista la frequenza con cui si succedono.
Il pericolo di questo incontrollato aumento di fiere, mostre & co risiede proprio nel mancato raggiungimento dell'obiettivo primario: l'incontro di domanda e offerta. Nè il produttore nè il potenziale acquirente possono infatti accollarsi l'onere finanziario e fisico della partecipazione a tutte le rassegne sul territorio nazionale e all'estero.
L'estrema frammentazione aumenta esponenzialmente le difficoltà di scelta. Non è solo questione di costi, tornare dal viaggio e dalla permanenza in padiglioni affollati con la sensazione di aver perso tempo è sempre più frequente.
Certamente l'abilità e la professionalità degli organizzatori e delle Istituzioni ha un ruolo fondamentale nel successo di una manifestazione. La capacità di venire incontro alle esigenze degli espositori e del pubblico, la risonanza sui media e infrastrutture in grado di reggere l'urto di grandi masse sono certamente requisiti fondamentali. Se la mancanza di contatto tra domanda e offerta è la ragione principale del fallimento di una fiera, non vanno sottovalutate le altre condizioni, in parte già espresse, che ne determinano viceversa il grande successo.
La nascita del Salone del vino di Torino e del MiWine di Milano sono la risposta all'insoddisfazione verso infrastrutture carenti e difetti organizzativi che hanno caratterizzato le ultime edizioni del Vinitaly di Verona.
Veronafiere si è assicurato l'appoggio del Ministro Alemanno che ha dichiarato che "il Vinitaly rappresenta la punta di diamante del comparto vitivinicolo nazionale". Non bisogna comunque dimanticare che chi decreta realmente il successo di una rassegna di questo tipo sono gli espositori e il pubblico.
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