La voce dell'agronomo

Chiusa una buia parentesi della storia ordinistica, occorre una riflessione

Arrivata la sentenza definitiva da parte della Corte di Cassazione, è il momento da parte di tutti i Dottori Agronomi e Dottori Forestali di porsi qualche interrogativo

24 maggio 2008 | Alberto Grimelli

E’ del 9 aprile scorso la condanna in via definitiva, da parte della Corte di Cassazione, della ex Presidente del Conaf, Dina Porazzini.
Le vicende sono note a tutti, la Dottoressa Porazzini falsificò un verbale di Consiglio, da alcuni la questione fu derubricata come una leggerezza, per altri fu un fatto grave.
La magistratura italiana ha stabilito che si è trattato di reato penale.
Non è assolutamente mia intenzione criminalizzare la ex Presidente, credo che però questo fatto di cronaca, di elevata importanza per la categoria, meriti una riflessione approfondita da parte di tutti e nell’interesse di tutti.

Purtroppo è noto che, alle volte, la gestione ordinistica, anche a livello provinciale e regionale, non è, o è stata, tanto lineare e scrupolosa.
Consiglieri, e tanto più Presidenti, VicePresidenti e Segretari, svolgono il compito di dirigenti ordinistici con puro spirito volontaristico, spesso tentando di conciliare tale impegnativa attività a quella di un lavoro e di una famiglia. Se è vero che per questa ragione andrebbe loro un plauso e un ringraziamento, bisogna ammettere però che questi colleghi hanno liberamente scelto di candidarsi e quindi di gravarsi dei relativi impegni. La firma sulla lettera di candidatura cancella insomma ogni alibi.

Dico questo perché, a partire dai rapporti tra Ordini provinciali, Federazioni e Conaf, fino a questioni meno visibili, la gestione ordinistica è caratterizzata da eccessivo lassismo e noncuranza, invocando, quando si manifestano problemi, la benevolenza e la collaborazione dei colleghi e dell’intera categoria.
Le regole di vita ordinistica vengono osservate, in qualche caso, con poco scrupolo, con facile “elasticità”, fino, quasi senza accorgersene, a sorvolare su leggi e regolamenti.

Nulla di peggio, per l’immagine della categoria, di gravi problemi di correttezza e trasparenza nella gestione ordinistica, ovvero nelle sedi di autogoverno della professione. Un autogoverno è tale se esiste rispetto delle regole da parte di tutti, è tale se l’aggregazione è strutturata e ordinata, altrimenti è anarchica comunione d’intenti per reciproco interesse,
Si possono studiare raffinate campagne di comunicazione per dare visibilità e riconoscibilità ai Dottori Agronomi e Dottori Forestali ma è sufficiente uno scivolone per far cadere tutto il castello, come ci insegna, in un altro settore, il recente caso Brunello.

Una reputazione di irreprensibilità e professionalità, conquistando la fiducia della collettività, si costruisce prima di tutto essendo precisi e seri nella gestione dei nostri organi di autogoverno.
Nascondere la sporcizia sotto al tappeto, lavare i panni sporchi in famiglia non può e non deve divenire un modus vivendi, specie nella società contemporanea che richiede anzi trasparenza e coerenza.
Se non vogliamo essere dipinti come una casta, dobbiamo insomma imparare a vivere in una casa di vetro.
Gli Ordini provinciali, le Federazioni, il Conaf devono essere case di vetro.

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