La voce dell'agronomo 19/04/2008

L’agricoltura che non c’è. Mai apparsa nel dibattito politico italiano

Dopo una campagna elettorale dove il settore primario ha fatto da cenerentola, occorre ripartire da obiettivi generali per arrivare alle questioni di bilancio


La vera novità, che ho notato durante la campagna elettorale, è il ritorno ai programmi che, nei limiti del possibile, non si sono sottomessi alle esigenze di bilancio.
Si è tornato a parlare di obiettivi generali, di politiche di ampio respiro, di priorità che, compatibilmente con le entrate fiscali, verranno realizzati.
Rispetto a qualche mese fa, quando la tendenza era di vedere quanti soldi erano in cassa per poi disegnare una politica economica e sociale è un bel passo in avanti.

La politica, insomma, forse ha compreso che non ci si può accontentare di parlare di futuro prossimo (di qui a qualche mese) ma che occorre dare un’immagine di quel che verrà a lungo termine (almeno 5 anni, l’arco di una legislatura).

Sia Berlusconi sia Veltroni, seppur timidamente, l’hanno fatto.

La vera delusione è stata la totale assenza dell’agricoltura da ogni dibattito.
Qualche accenno è stato fatto solo per ribadirne la centralità nel contesto economico e sociale del nostro Paese, affermazione talmente vaga e generica da lasciare indifferenti.
Anche i programmi agricoli dei partiti erano alquanto fumosi e indistinguibili, a testimonianza del fatto che, in fondo, del settore primario non interessa granchè a nessuno dei due opposti schieramenti.

Tra qualche settimana avremo tuttavia un nuovo Ministro dell’agricoltura che, gioco forza, dovrà occuparsene.

Ho solo un consiglio per il futuro Ministro: utilizzi lo stesso approccio che è stato utilizzato in campagna elettorale per altri settori, inizi dagli obiettivi generali per poi scendere nel particolare e porti, possibilmente, tale nuova concenzione, anche in Europa.

La Pac si è trasformata nel tempo da Politica Agricola Comunitaria a pura gestione di un budget, e così non va.

O per l’agricoltura europea pensiamo non sia più necessaria una politica di coordinamento e consolidamento, e ne dubito viste le dinamiche mondiali, oppure occorre ripartire da principi e idee, se non altro per giustificare il bilancio miliardario della Pac agli occhi dei cittadini europei.

di Alberto Grimelli