La voce dell'agronomo 24/11/2007

CARO, CARO, CARO GASOLIO. ANCHE GLI AGRICOLTORI A FAR I CONTI DOPO CHE IL PETROLIO HA RAGGIUNTO QUOTA 100

I vecchi venticinque – trenta dollari al barile sono ormai solo un vecchio ricordo. Ci sono i nostalgici e i malinconici, quelli che “si stava meglio quando si stava peggio”, in ogni caso occorre prendere atto dell’impennata dei costi di produzione, e non del solo costo del carburante


Non importa che quota 100 sia stata effettivamente raggiunta.
L’impatto psicologico è devastante ma non meno sconvolgente, stavolta per i portafogli, è il risultato dell’impennata delle quotazioni del petrolio.
Un fenomeno non più contingente ma strutturale, ne sono ormai convinti tutti gli analisti.

E’ ora, quindi, di fare i conti.

Il prezzo record raggiunto dal gasolio rischia di determinare un aggravio di costi stimabile in 100 milioni di euro su base annua nelle campagne dove il gasolio ha sostituito quasi completamente la benzina nell'alimentazione dei trattori e dei mezzi meccanici.

Oltre all'aumento dei costi per il movimento delle macchine, in agricoltura il caro petrolio colpisce sopratutto le attività agricole che utilizzano il carburante per il riscaldamento delle serre (fiori, ortaggi e funghi), di locali come le stalle, ma anche per l'essiccazione dei foraggi destinati all'alimentazione degli animali.

I concimi, i mangimi, molti prodotti fitosanitari hanno necessità, nel processo produttivo, di petrolio. Ci si aspetti, quindi, anche una “ritoccatina” dei listini di questi mezzi tecnici con l’anno nuovo.

Salgono anche i costi di trasporto e quindi di tantissime altre merci.

Come possono i prezzi delle derrate alimentari mantenersi stabili? Cresceranno, anzi stanno crescendo, inevitabilmente, anche questi, non sempre per colpa degli agricoltori.

Se i prezzi di tutte le derrate alimentari e di tutti gli altri prodotti, anche no food, salgono come mai non stiamo ancora assistendo a un’esplosione dell’inflazione?
Forse perché la diminuzione dei consumi agisce da “calmiere”?
Ma se si riducono gli acquisti non si rischia il blocco dell’economia? Ovvero la recessione?

Esportiamo, gente, esportiamo…

di Alberto Grimelli