La voce dell'agronomo 07/07/2007

CARA BARTOLINI, AMMETTILO, L’OLIO EXTRA VERGINE D’OLIVA NON E’ COSA PER TE

Dopo un periodo di silenzio, Anna Bartolini ha deciso di tornare a far danni in tema oliandolo. Purtroppo, non appena intravede un po’ d’olio, scivola. Anche nel suo ultimo articolo gli errori sono evidenti e pacchiani. Ecco il mio consiglio spassionato: datti al burro!


Dall’ultimo articolo sull’olio extra vergine d’oliva sono passati diversi mesi, ma il lupo perde il pelo ma non il vizio.
Infatti, Anna Bartolini, sulla sua rubrica “la borsa della spesa” del settimanale Oggi del 27 giugno 2007, ha ripreso il suo sequel di madornali cantonate sull’olio extra vergine d’oliva.

Iniziamo dal fondo.
La sentenza della Bartolini è spudoratamente superficiale e denota la scarsissima conoscenza del settore.
Cito: “D’altra parte, però, dobbiamo anche ricordare che fino un prezzo di circa 15 euro al litro, gli oli si somigliano quasi tutti.”
E’ infatti noto che un olio siciliano, con flavour netti di pomodoro e peperone, è assai simile a un olio ligure, dal fruttato leggero con aroma di mandorla.
Si tratta di disinformazione allo stato puro, comminata davanti all’opinione pubblica italiana e con l’aggravante di penalizzare inutilmente un settore che sta faticosamente cercando di uscire dalle secche, instillando nel consumatore almeno un po’ di cultura oliandola.
Per tale grave reato la pena non può che essere l’ergastolo, con una dieta a base di burro e olio di palma.

Naturalmente, in un solo articolo, Anna Bartolini non può inserire un solo errore, è infatti una specialista degli spropositi e delle assurdità multiple.
Come quando asserisce, cito: “il campanello d’allarme suona se non troviamo specificato il Paese d’origine in etichetta. Sarebbe obbligatorio per legge, ma alcuni produttori fanno finta di nulla. Per questo se non troviamo l’indicazione è meglio lasciar quell’olio sullo scaffale.”
L’indicazione obbligatoria dell’origine in etichetta, cara Anna, non è affatto obbligatoria, anzi, proprio perché ci azzardammo a provarci, nel 2004, ricevemmo da Bruxelles un poderoso altolà, sotto forma di minaccia di un’apertura di procedura d’infrazione. Oggi De Castro sta riprovando, con una bozza di decreto al vaglio della Commissione Ue, di restaurare il principio dell’obbligatorietà dell’origine in etichetta, vedremo con quali risultati, ma solo, forse, tra qualche mese.

Non contenta la Bartolini continua: “tuttavia il Paese di origine va obbligatoriamente specificato. Ed ecco che spesso scopriamo che gli oli extra vergini sono miscele di diversa provenienza, per esempio, prodotto con olive del Marocco, Grecia e Tunisia. Un elemento questo che inevitabilmente dovrebbe far abbassare il prezzo al litro.”
Partendo dalla premessa che sono molto poche le aziende che dichiarano la provenienza dell’olio e pochissime le bottiglie su cui si ritrova tale indicazione, cara Anna, deve costare meno di 3-4 euro al litro l’olio? Perché questo è il prezzo medio dei primi prezzi, delle offerte speciali, dei private label, che contengono oli extra vergini stranieri da poco prezzo, e spesso anche di scarsa qualità.

Finiamo con una perla di saggezza.
“Cominciamo dalla ricerca del “made in Italy”. Ebbene questa dichiarazione (incredibile!) non è obbligatoria in Italia se non per i 37 oli d’oliva extravergine Dop (origine protetta) e per l’unico Igp (indicazione geografica protetta) attribuita a un olio toscano.”
Vero è che non sei una giurista, ma vorrei che mi spiegassi quando mai hai trovato la dicitura “made in Italy” a fianco del marchio Dop. Mai probabilmente, proprio perché se un olio è Dop, o Igp, è implicito che sia anche di provenienza nazionale.
La dizione “made in Italy” non è obbligatoria per chi imbottiglia un olio Dop o Igp ma può essere utilizzata da chiunque previo rispetto della normativa (iscrizione a un registro imbottigliatori, assegnazione di un codice identificativo aziendale, tenuta registri…).

Non voglio dilungarmi oltre sulle altre imprecisioni, secondarie, contenute nell’articolo.
Mi limito a un consiglio ad Anna Bartolini: datti al burro!

di Alberto Grimelli