La voce dell'agronomo

LO STATO DI SALUTE DELL’AGRICOLTURA E’ PRECARIO, OLTRE ALLE SUPERFICI DIMINUISCONO, COME PREVISTO, ANCHE I RACCOLTI

Nonostante qualche dato ottimista, come la crescita dell’export in alcuni settori, il mondo rurale si dimostra un malato grave, in forte difficoltà. Aumenta, forse, il valore delle nostre produzioni ma la diminuzione delle quantità raccolte è un segnale d’allarme difficilmente sottovalutabile

16 giugno 2007 | Alberto Grimelli

Qualche mese fa, con dichiarazioni che fecero scalpore, i Dottori Agronomi e Dottori Forestali denunciarono l’abbandono delle campagne, dati non confutabili.
Sulla base dei dati Istat si nota infatti che il degrado e lo stato di abbandono dei campi è diffuso in tutta Italia, anche se assume connotati più accentuati nel Sud e nelle Isole, dove sono andati perduti 1,61 milioni di ettari di superficie agraria utilizzabile (-23% dal 1990 al 2003).

“E’ drammatico soprattutto notare – aveva affermato il Presidente Mercurio – come non vi sia una sola regione italiana in controtendenza. Dobbiamo allora prendere atto del fallimento non soltanto delle politiche agricole comunitarie e nazionali, ma anche di quelle regionali. Fare impresa agricola non conviene più, si parla di multifunzionalità come salvezza del mondo agricolo, soprattutto per mascherare il fatto che i redditi derivanti direttamente dalla produzione agraria sono miseri e decisamente insoddisfacenti.”

Oggi è la Banca d’Italia a evidenziare il diffuso malessere nelle nostre campagne.
Le quantità raccolte, nel corso del 2006, secondo i dati provvisori forniti dall’Istat, sono diminuite in tutte le principali coltivazioni regionali.
Lo evidenzia la relazione di Bankitalia sull’andamento dell’economia regionale, nel paragrafo relativo all’agricoltura.
La raccolta di olive, che rappresenta la principale produzione agricola, dopo il forte calo registrato nel 2005 (26,5 per cento) è ulteriormente diminuita del 4,0 per cento; tra gli agrumi, diminuiti del 2 per cento. La resa media è diminuita in quasi tutte le coltivazioni: all’incremento della produzione per ettaro degli agrumi (2,0 per cento), e in particolare delle arance (4,7 per cento), è corrisposto il calo degli ortaggi e delle olive (- 3,9 per cento).

La diminuzione, non drammaticamente evidente, ma inarrestabile, della produzione agricola è un pessimo segnale per il nostro Paese, si tratta di numeri su cui occorre riflettere, per agire in tempi brevi.
A tal proposito ritengo opportuno ricordare le parole del Presidente Mercurio, che concludevano un comunicato dai toni perentori; arginare la fuga dalle campagne.

“Gli agricoltori non possono essere solo un baluardo di difesa del territorio – concludeva Mercurio – né semplici manutentori, inteso nel senso più ampio del termine. Tale attività sociale, che viene remunerata attraverso la politica agricola comunitaria, non può e non deve diventare primaria sulla produzione, semplicemente perché non offre, né potrà offrire, un livello di reddito accettabile e dignitoso. Occorrono dunque, per arginare la fuga dalle campagne, con le relative ripercussioni sociali e ambientali, provvedimenti che rilancino la vera natura dell’agricoltura, quella fruttifera, votata cioè più produzione di generi di consumo, unitamente ma non soltanto di servizi alla collettività.”

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