La voce dell'agronomo

E’ POLEMICA TRA CITTA’ DEL VINO E UNIONE ITALIANA VINI. INVITIAMO AD ABBASSARE I TONI E A RITROVARSI IN UN PROGETTO COMUNE

Sono ancora i trucioli a scatenare la baruffa. Entrambe le associazioni sostengono l’appello per la ricerca vitivinicola ma con concezioni e propositi evidentemente contrastanti. Un acceso contrasto non giova però al mondo vitivinicolo italiano che si presenta così diviso agli occhi del consumatore

02 giugno 2007 | Alberto Grimelli

La ricerca vitivinicola non può e non deve essere fermata.
Un concetto che, evidentemente, sostengono tanto L’Unione Italiana Vini tanto l’Associazione Città del vino, ma ovviamente con dei distinguo.
Se infatti l’Uiv sostiene che anche i trucioli fanno parte del progresso tecnico enologico, Città del Vino sostiene l’esatto contrario.

Si tratta di un contrasto che nasce e scaturisce evidentemente da una diversa concezione del mercato e delle sue esigenze.
L’Uiv guarda ai mercati internazionali e alla competizione con i nuovi Paesi produttori, che utilizzano tali tecniche per rendere i propri vini più apprezzati sui mercati, specie quelli meno maturi, come India, Cina e Messico, che mostrano interessanti trend di crescita dei consumi.
Città del Vino invece punta tutto sulla tipicità, sulle Doc e sulle Igt. Considera la competizione sui volumi ormai persa in partenza e punta alle nicchie, a consumatori che sappiano riconoscere il legame territorio-vino, conferendo a quest’ultimo un decisivo valore aggiunto.

A chi, come Teatro Naturale, è molto vicino al mondo dell’olio e alle sue diatribe quotidiane, queste polemiche suonano assai familiari.
Si tratta degli stessi ragionamenti e degli stessi contrasti esistenti tra gli imbottigliatori industriali e i piccoli produttori e frantoiani oliandoli.
Due concezioni così diverse che si può legittimamente parlare di filiere differenti, con logiche e approcci metodologici chiaramente distinguibili ma anche, molto probabilmente, con sbocchi di mercato assai dissimili.

La domanda che ci si deve allora porre è, possono esistere due filiere vino all’interno di un solo Paese?
Se la risposta è sì, e non può essere altrimenti, è evidente che è necessario trovare punti d’incontro riconoscendo le rispettive legittime posizioni, senza scagliarsi l’un contro l’altro armati e trovando dei compromessi su talune questioni, come quella dei trucioli, senza arroccarsi su posizioni prettamente ideologiche.

Filiere differenti, esigenze diverse, soluzioni concertate e condivise.
Che serva al mondo vitivinicolo un “risorgimento del vino italiano”?

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