La voce dell'agronomo

AGROPIRATERIA ED ETICHETTA D’ORIGINE. ARGOMENTI STRETTAMENTE CORRELATI SU CUI L’ITALIA PUO’ DARE IL BUON ESEMPIO

Lo sfruttamento illegale di marchi geografici italiani rende molto, miliardi di euro, in molti mercati internazionali. La tutela delle denominazioni è materia scottante, che il Wto affronta a singhiozzo, proprio mentre l’Italia sta dibattendo sull’origine obbligatoria in etichetta

07 aprile 2007 | Alberto Grimelli

Miliardi di euro persi per la contraffazione di marchi geografici italiani, miliardi di euro persi perché vengono utilizzati denominazioni di fantasia che però rievocano paesaggi o tradizioni del nostro Paese.
La lotta all’agropirateria è allora una priorità per l’Italia.
“Gia nel dicembre del 1999 – ha dichiarato il Ministro De Castro - iniziai questa battaglia con l’obiettivo di portare in sede Wto il Registro multinazionale obbligatorio, che regola l’estensione delle norme Ue a tutti i Paesi del Wto e che renderà le indicazioni geografiche valide anche fuori dall’Europa. In questa battaglia bisogna coinvolgere i Paesi del nord Africa perchè proprio in sede Wto molti di questi Paesi non hanno aderito alla richiesta di sostegno per la tutela delle indicazioni geografiche fuori dall’Europa.”
Già ma come convincere queste Nazioni a sostenere la battaglia italiana?
“L’Italia deve essere un esempio - ha voluto ribadire il Ministro - consolidando l’importanza della cultura dei controlli e tutela delle indicazioni geografiche.”
Il reale problema è tuttavia che alcune regioni, proprio in quei Paesi che il Ministro vorrebbe che sostenessero il progetto di una salvaguardia globale dei marchi geografici, basano parte della loro economia sulla contraffazione. Per convincere queste Nazioni occorre trovare ed indicare a loro nuove strategie di crescita e di business, che non possono e non devono essere necessariamente quelle italiane, basate cioè sulla qualità e tipicità. Occorre essere maggiormente aperti, evitare certi ragionamenti italiacentrici e invece pensare e programmare politiche di sviluppo che si adattino a realtà sottosviluppate, come quelle africane, creando, sì, a questo punto, un fronte comune per scoraggiare, se non debellare, gli illeciti business di tanti operatori truffaldini che operano spesso nei Paesi più ricchi.

Una simile riflessione può essere applicata anche all’etichettatura d’origine, battaglia tanto clamorosamente lanciata da Col diretti e Slow Food.
“Esprimo piena soddisfazione per l’approvazione alla Commissione agricoltura della Camera delle norme sull’etichettatura d’origine – ha dichiarato il Ministro delle Politiche agricole - E’ stato un voto unanime e bipartisan che risponde ad una richiesta forte dei consumatori e delle organizzazioni agricole. Si tratta di un atto fortemente significativo a difesa delle garanzie di trasparenza e della tutela della qualità dell’agroalimentare italiano. Il nostro impegno continuerà sui tavoli di Bruxelles, sempre a sostegno di norme che tutelano consumatori e produttori”.
Con molta onestà intellettuale il Ministro ha voluto ricordare che il voto del Parlamento italiano ha un connotato poco più che simbolico in quanto la vera battaglia dovrà essere condotta in sede di Commissione europea, in sede di Parlamento europeo. Qui si decideranno le sorti dell’etichettatura d’origine obbligatoria ed è certo che sarà una lotta dura, anche perché la linea di Bruxelles è già da tempo delineata. L’origine viene infatti considerata una menzione aggiuntiva e facoltativa, mentre un’indicazione obbligatoria contrasterebbe, secondo la Commissione, con la libera circolazione delle merci. Un argomento capzioso ma che fin ad ora ha trovato molti sostenitori.

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