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LE ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE VOGLIONO METTERE BECCO SU TUTTO, ANCHE SUI PSR

"I piani di sviluppo rurale degli Stati dell’Ue devono destinare risorse adeguate alla tutela della biodiversità". Ad affermarlo è stata la Fischer Boel, rispondendo ad una lettera di Lipu e BirdLife International

31 marzo 2007 | Alberto Grimelli

Tutto è cominciato con una lettera di Lipu e BirdLife International che manifestavano preoccupazione per una possibile insufficiente allocazione di risorse da parte dei piani nazionali nei confronti della tutela della biodiversità, intesa come ricchezza di specie selvatiche, e per lo sviluppo e la gestione dei siti di Rete Natura 2000, la rete europea che comprende le Zone di Protezione Speciale (ZPS) e i Siti di Importanza Comunitaria (SIC).
Le risposte fornite della Fischer Boel, evidentemente più sensibili alle sorti dei volatili che a quelle degli agricoltori che presto, come ha dichiaro un paio di mesi fa, dovranno cercarsi un’altra occupazione sono state definite dalla Lipu e da BirdLife “chiare e rassicuranti”.
In primo luogo, premesso che la Commissione Europea verificherà se “i Piani di Sviluppo Rurale siano coerenti con quanto prescritto dall’Unione europea sull’esigenza di tutelare la biodiversità e Rete Natura 2000”, il commissario Fischer Boel ha assicurato che vi saranno controlli “per verificare che gli Stati membri prevedano fondi adeguati per fronteggiare le emergenze ambientali presenti sul proprio territorio”, coerentemente con quanto contenuto nelle Linee guida strategiche europee e, per l’Italia, nel Piano strategico nazionale sullo sviluppo rurale.
Quanto agli “schemi agro-ambientali”, utilizzati per finanziare l’agricoltura biologica, la creazione di siepi o il ripristino di ambienti naturali, e che hanno riflessi decisivi sull’habitat e la sopravvivenza delle specie animali tipiche degli ambienti agricoli, la Commissione “valuterà – scrive Fischer Boel - le misure proposte dagli Stati membri e chiederà che vangano quantificati con precisione i benefici che esse comporteranno per l’ambiente. Questo per evitare l’eccessivo ricorso a misure “generiche”, per le quali non si conoscono a sufficienza i vantaggi che comportano per l’ambiente. Gli schemi agroambientali quindi dovranno essere ben progettati, indirizzati a risolvere precisi problemi ambientali, misurabili, finanziati in modo appropriato e adeguatamente promossi presso il mondo agricolo.
Il Commissario Ue, nella missiva, affronta anche l’asse competitività dei Piani di sviluppo rurale, che dovrebbe essere destinato soprattutto, se non unicamente, al rilancio del settore, magari attraverso un potenziamento della capacità produttiva aziendale. L’aspirazione degli agricoltori, alle prese con budget e redditi bassi, era invece il timore degli ambientalisti era che queste misure finissero per intensificare la produzione (serre, prosciugamento di terreni, irrigazione delle steppe, per fare alcuni esempi) e dunque danneggiare l’ambiente. In realtà “gli Stati membri – scrive il Commissario, rassicurando Lipu e BirdLife – devono assicurare la coerenza tra le misure previste nei tre assi che compongono i piani di sviluppo rurale, attivando misure che non siano contradditorie”.
Infine, la Commissione Europea sottolinea l’obbligo per le Regioni di effettuare una Valutazione Ambientale Strategica sull’intero Piano di sviluppo rurale: il bilancio complessivo del piano deve essere positivo per l’ambiente, e in caso di effetti negativi si deve prevedere la modifica dello stesso o, quando possibile, l’effettuazione di misure di compensazione.
E poi hanno ancora il coraggio di chiamarle misure a sostegno dell’agricoltura. Che almeno abbiano la decenza di cambiare definizione: piani di sviluppo ambientale, a questo punto, sarebbe una formulazione decisamente più corretta.

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