La voce dell'agronomo 03/03/2007

COSA NE SARA’ DELL’AGRICOLTURA EUROPEA NEL 2020? LA COMMISSIONE UE SI SBILANCIA

Il termine rurale, per Bruxelles, non è più sinonimo di agricoltura. Il fattore più importante nei prossimi anni sarà la mobilità sociale, con i giovani che lasceranno le campagne sostituiti da persone con alti livelli di reddito che abbandoneranno le città. Le aree rurali diventeranno residenziali?


È stato pubblicato recentemente dalla Direzione Generale "Agricoltura e Sviluppo rurale" della Commissione europea lo studio "Scenario 2020 - Studio sull'agricoltura e il mondo rurale",
Obiettivo dello studio è la definizione della struttura dell'agricoltura europea e dell'economia rurale nel 2020, esaminando scenari alternativi.
Il metodo utilizzato è la costruzione di tre scenari che analizzano le tendenze registrate nel periodo 1990-2005 e le proiettano verso il 2020.
Il primo scenario di riferimento (ipotesi base) assume la conclusione del negoziato Wto in base alla proposta europea e il rafforzamento del secondo pilastro della Pac attraverso la modulazione.
Il secondo scenario (ipotesi regionalizzazione) prevede la mancata conclusione del negoziato Wto, un non sostanziale mutamento delle politiche agricole e maggiore spesa per la Pac, soprattutto per lo sviluppo rurale.
Il terzo scenario (ipotesi liberalizzazione) assume lo smantellamento del primo pilastro della Pac, la riduzione dei fondi per lo sviluppo rurale, mercati completamente liberalizzati e conseguente cancellazione di parte della legislazione ambientale per aumentare la competitività dell'agricoltura europea.

Nessuno dei tre scenari è probabilmente quanto si realizzerà nei prossimi anni, ma è interessante notare, come alcune delle dinamiche, all’interno di ciascuno degli scenari, risulti simile.
Dall’analisi emerge infatti che il fattore più importante per il mondo rurale sarà quello demografico, caratterizzato da una tendenza generale alla mobilità sociale, che vede lo spopolamento delle aree rurali del Nord, Sud e Est Europa, in particolare giovani diretti nei centri finanziari e dei servizi dell'intera Europa, ma anche persone con alti livelli di reddito che abbandonano i centri urbani.
La produzione rimarrebbe quindi concentrata nelle regioni centrali dell'Europa, anche se i rendimenti cresceranno anche nelle regioni dell'Est e l'importanza dei prodotti agricoli dipenderà sempre di più dall'andamento dei mercati a livello mondiale.
La pressione dell'agricoltura sull'ambiente diminuirà grazie alla tecnologia e avrà un incremento l'agricoltura biologica.
Anche le imprese agricole diminuiranno di numero così come i lavoratori agricoli.
Infine, sebbene l'uso agricolo del terreno resti rilevante, la sua importanza economica continuerebbe a diminuire a livello regionale, con il valore aggiunto generato dall'agricoltura che si sposterà altrove nella catena di fornitura dei beni agricoli. Si assisterebbe così a una maggiore integrazione con il settore dell'agro-industria, la partecipazione del settore agricolo alla produzione di bio-carburanti, la progressiva urbanizzazione delle aree rurali a fini residenziali e l'incremento dell'uso ricreativo dell'ambiente naturale.

C’è davvero da domandarsi se si potrà ancora chiamarla agricoltura.

di Alberto Grimelli