La voce dell'agronomo 10/02/2007

L’AGRICOLTURA GUARDA SEMPRE CON MAGGIORE PREOCCUPAZIONE AL CIELO

Alle incognite sulle crisi di mercato ora si aggiungono quelle sull’andamento climatico. Iniziano le preoccupazioni per l’incombente siccità estiva. Lo scenario futuribile fa intravedere calamità naturali frequenti e la scomparsa del patrimonio agroalimentare italiano


E’ un futuro di incognite e di incertezze quello che aspetta l’agricoltura italiana.
Attività, da sempre, a cielo aperto, è sottoposta alle bizze meteorologiche.
L’andamento climatico degli ultimi anni, tuttavia, sta diventando instabile e imprevedibile con gravi conseguenze economiche sul settore primario.
Anche i prossimi mesi, per non parlare degli anni a venire, saranno tempi tempestosi, ricchi di difficoltà.

La grande sete metterà sotto assedio l' Italia.
Da ottobre fino a oggi il deficit di acqua è stato del 60%. L'estate sarà molto calda con picchi roventi a partire da fine luglio.
Febbraio risulta abbastanza nella norma anche se la tendenza va verso l'assenza di precipitazioni e quelle che ci saranno non potranno certo ripianare il deficit. Marzo sarà poco piovoso. A maggio e giungo l'evaporazione è forte quindi anche con una primavera con precipitazioni rilevanti il problema siccità resta.

Tempeste come Kirill, i cui costi si quantificano fino a 2 miliardi di euro, non saranno più un fattore isolato in Europa.
Aumenteranno la frequenza e l'intensità degli eventi estremi di precipitazioni, così come i rischi di siccità nel sud Europa: i primi potrebbero provocare un aumento delle alluvioni, mentre i secondi avranno serie conseguenze su agricoltura, risorse idriche e frequenza degli incendi forestali nel sud Europa.

Nel giro di un secolo scarso, il Brunello di Montalcino, il Chianti Classico e il Nobile di Montepulciano potrebbero diventare dei vini estinti, dato che le condizioni climatiche che oggi caratterizzano quelle zone di produzione non sussisteranno più, a quella latitudine, ma si sposteranno decisamente più a nord: potrebbe essere questo lo scenario “apocalittico” che viene fuori dallo studio “Effetto della variabilità meteoclimatica sulla qualità dei vini”, realizzato nel 2006 dall’Università di Firenze.
Il progressivo aumento dell’effetto serra, accelerato da processi di antropizzazione sempre più aggressivi, provocherà gravi anomalie climatiche, facendo crescere, entro il 2100, la temperatura della terra da 1,8 a 4 gradi centigradi, sulla fine del secolo precedente.
Lo affermano unanimemente dal World Economic Forum all’Ipcc (Intergovernamental Panel on Climate Change), dall’Onu alla Consultative Group on International Agricultural Research (Cgiar), solo per fare alcuni esempi.
Una tendenza verso un aumento delle temperature che, nell’ultimo secolo, ha interessato, naturalmente, anche il nostro Paese, con un aumento termico dell’ordine di 1,2 gradi centigradi.

Dobbiamo davvero iniziare a pensare a un nuovo modello di agricoltura?
E’ ancora possibile un’inversione di tendenza?
Come il settore primario verrà coinvolto per affrontare tali emergenze ambientali?
Quali conseguenze d’ordine sociale e macroeconomico investiranno il nostro pianeta a seguito degli sconvolgimenti climatici?
Domande a cui probabilmente nessuno è in grado di dare una risposta certa, ma che hanno e avranno un impatto politico considerevole, mutando forse anche gli equilibri diplomatici e militari.

di Alberto Grimelli